(The good thief di Neil Jordan, 2002)
Pur non essendo un esegeta del cinema di Neil Jordan, aperto quindi al cambiamento d'opinione e conscio che una buona manciata di titoli non facciano una filmografia intera, resta l'impressione che ai film del regista irlandese manchi sempre quel qualcosa per risultare memorabili. Prendiamo ad esempio proprio Triplo gioco: in questo film in fondo non c'è nulla che non vada, lo si guarda volentieri, non ha particolari momenti di stanca, presenta una regia anche ricercata (forse fin troppo) affatto tirata via, tutto scorre bene però... dovremmo essere nel campo del noir, Triplo gioco è in realtà una sorta di leggero heist movie scopertissimo fin dal titolo; il côté criminale del sud della Francia (siamo tra Nizza e Montecarlo), il rapporto ladro/poliziotto, i vizi della malavita, la fanciulla da salvare, sono tutti elementi che rimandano come già detto al genere noir, genere che da manuale si vorrebbe passionale, maledetto e sanguigno, non che non si possano offrire varianti al tema, anche eleganti come in questo caso, però rimane sempre quel dubbio lì, ti chiedi cosa manchi a questo film, poi magari ti viene in mente pure Olivier Marchal e allora addio, non c'è più niente da fare, buonanotte e arrivederci. Tra l'altro Triplo gioco è anche remake di Bob il giocatore, film del 1956 diretto da Jean-Pierre Melville, non proprio l'ultimo arrivato nel campo del noir...Bob Montagnet (Nick Nolte) è un americano trapiantato a Nizza, ladro, giocatore d'azzardo, tossicodipendente, buono di cuore (il titolo originale è Il buon ladrone con tanto di riferimento biblico). In preda ai fumi di alcool e droga, durante una serata di gioco, Bob si spende per "salvare" la giovane Anne (Nutsa Kukhianidze) da un destino di prostituzione al servizio di Remi (Marc Lavoine). Poco dopo, durante un'irruzione dei flics il buon Bob toglie dai guai anche il detective Roger (Tchéky Karyo) con il quale ha un rapporto di reciproco rispetto, lo stesso detective preferirebbe non vedere Montagnet dall'altra parte delle sbarre. È un periodo dove per Bob sembra che la fortuna guardi costantemente dall'altra parte e, per un giocatore pieno di vizi come lui, questo è un bel problema. Così quando l'amico Raoul (Gèrard Damon) gli propone un grosso colpo al casinò Riviera di Montecarlo a Bob non resterà che accettare e mettere su una squadra che lavorerà su un duplice obiettivo, tra i componenti il giovane maghrebino Paulo (Saïd Taghmaoui) che perderà un po' la testa per la bella Anne, e il contatto Vladimir (Emir Kusturica), l'uomo che ha installato il sistema di sorveglianza del casinò.
Nulla da dire sotto il profilo della realizzazione tecnica, come già accennato la regia di Jordan non è per nulla noiosa, si appoggia alla fotografia originale di Chris Menges che riesce a creare diversi momenti stranianti, gioca con gli stacchi repentini garantiti dalla tecnica del freeze frame (forse se ne abusa anche un po'), valorizza la musica di Goldenthal e questa le immagini, al centro della scena un'ottimo Nick Nolte. Eppure il film non ci tocca, non lascia il segno, personaggi di contorno poco o nulla approfonditi a eccezione di un lieve tratteggio per la giovane Anne, sotto i riflettori c'è Bob con una storia che, a parte per i primi minuti di film, perde presto la sua aura maudit per entrare nel gioco intuibile dell'heist, né troppo glamour né particolarmente ficcante. Non siamo di fronte a un Ocean's eleven (e questo può essere anche un bene per un noir) ma nemmeno al cospetto di uno di quei grandi esiti di genere che il cinema francese ha saputo regalarci nel corso degli anni (il film è una coproduzione tra più paesi). Come si diceva in principio l'impressione è che manchi qualcosa, la giusta profondità, la veridicità d'ambiente nonostante il milieu multiculturale assemblato per il film, comparsata di Ralph Fiennes, abbastanza innocua anche questa, e più o meno è tutto. Visione consigliata per chi ama il genere, in fondo è giusto giudicare sempre con i propri occhi, a parere di chi scrive Triplo gioco è un film che non trova motivi per imprimersi nella memoria dello spettatore.
Quello di Melville mi manca ma ti credo sulla parola, voglio dire, Melville... nel complesso questo lascia pochino.
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