domenica 5 marzo 2017

UNA NOTTE

(di Toni D'Angelo, 2007)

Opera d'esordio di Toni D'Angelo, figlio del più celebre Nino, qui anche attore. Una prima prova interessante, girata con pochi denari, che mette al centro del racconto l'uomo (o la donna) in rapporto al trascorrere del tempo, al passare degli anni, raccontando di aspirazioni mancate, amori interrotti, esistenze trattenute, nostalgie, malinconie, piccoli e grandi fallimenti, delusioni. Anche qualche sprazzo di felicità, scintille di gioia che arrivano però come da una voce fuoricampo, da Raffaele (Nino D'Angelo), tassista di notte estraneo ai protagonisti della vicenda, quasi un Virgilio che conduce e accompagna i cinque amici nel viaggio di una notte, una notte durante la quale, e al termine della quale soprattutto, i cinque amici tireranno qualche somma e faranno il bilancio di esistenze non sempre felici.

Un gruppo di vecchi amici che non si vedono da anni si ritrova a Napoli in occasione della morte di uno di loro. Alla veglia si incontrano Riccardo (Riccardo Zinna) che dirige l'azienda di famiglia a Milano, il timido Alfonso (Alfonso Postiglione) perso nel suo lavoro, Salvatore (Salvatore Sansone) e Annamaria (Stefania Troise) che in passato ebbero una storia d'amore e che ora vivono entrambi a Roma per esigenze familiari. Tornano in una Napoli notturna, lontana dai soliti stereotipi sulla città, viva ma sicuramente più vivibile di come appare nel caos delle ore del giorno, ma più che un ritorno alle proprie radici, per il gruppo di amici questo sarà un ritorno al passato, ai legami di un tempo, ai sogni perduti. Accompagnati dal tassista Raffaele i quattro si mettono in cerca di Luigi (Luigi Iacuzio), ultimo membro del vecchio gruppo assente alla veglia, lo troveranno in un locale di periferia dove intrattiene il pubblico cantando.


Io son cresciuto tra questi palazzi, qui nessuno ti regala niente, devi imparare da solo e da solo devi capire quale è giusto tra tutti gli sbagli che fai. Qui si raccontano sogni, ma si raccontano perché non costa niente raccontarli, e i sogni diventano poi numeri da giocare. Pure mia madre, mia madre giocava i numeri, e quando non uscivano diceva sempre la solita frase scontata: "sfortunata al gioco, fortunata in amore". In effetti lei era sia sfortunata al gioco che in amore, a papà non l'ho conosciuto, l'aveva messa incinta a tredici anni e quando ha saputo che stava per arrivare un figlio non si è fatto più vedere. Ma la mia è una storia d'altri tempi dottò, almeno a me mi rimane mia madre. Ora si fanno i figli e si buttano nei bidoni dell'immondizia. Dottò in verità, io comunque mi sento un uomo fortunato.

In mezzo a tanta amarezza, annaspando tra i rimpianti, gli unici scampoli di positività, banale, scontata e stereotipata quanto si vuole, coerente e in linea con il personaggio, arrivano proprio da Raffaele, uomo semplice, povero, in contrapposizione al gruppo di amici borghesi che insieme a famiglie e carriere si portano dietro un carico di infelicità assortite. Di tanto in tanto si ride ma il racconto è amaro e universale, se non per qualche piccolo accenno dialettale è slegato dalla città di Napoli, quello di Toni D'Angelo è un racconto semplice e vero, buono a qualsiasi latitudine. Belli i volti messi in campo, adatti alla narrazione, credibili, forse non attori di primo piano o grandi eccellenze, ma tutti ben calati nella propria parte. Bene assortiti i caratteri, dallo scontroso Riccardo, sempre pronto a criticare i suoi ex concittadini, al più libero e libertino Luigi, dall'impacciato Alfonso, timido e trattenuto, al più solido e legato Salvatore, fino alla nostalgica e romantica Annamaria.

Un film piccolo, una storia semplice, temi veri, reali, vicini. A conti fatti un bell'esordio che non rivoluziona certamente il Cinema italiano ma che, vedi mai, potrebbe per molti spettatori rivelarsi più genuino e interessante di altri prodotti più spinti dai guru del marketing.

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