Pasquale Ruju (come me) ama le ambientazioni noir.
Dopo la miniserie Demian di qualche tempo fa ambientata tra i loschi figuri del milieu marsigliese, Ruju è pronto a narrarci le avventure di Cassidy, trasportandoci negli States dei favolosi Seventies.
Nell'autoradio suonavano le note di Way down cantata dal Re. I fari della Dodge Aspen illuminavano la Route 66 solo per pochi metri. Il resto era celato dall'oscurità. Il parabrezza crepato dal foro di proiettile rendeva difficoltosa la visibilità. La sua calibro .45 con la testa d’indiano a personalizzarne il calcio era poggiata sul sedile del passeggero. L’auto sbandò e uscì dalla carreggiata, i pneumatici sollevarono la polvere del deserto. La spia rossa della benzina lampeggiava. Il motore, a secco, rantolò e si spense. La portiera si aprì con uno scatto secco. Una mano guantata strinse la pistola. Una figura scura scese dall'auto. Le scarpe lucide illuminate dai fari dell’auto ancora accesi si macchiarono di gocce di sangue.
Questo potrebbe essere l’incipit in prosa del primo numero di Cassidy.
Giudicare una miniserie dal primo numero non è possibile; never judge a book by his cover come dicevano anche gli Aerosmith.
Siamo davanti al classico numero di presentazione. Introduzione del personaggio calato nel suo ambiente, un flashback che ci rivela qualcosa sul passato e sulle motivazioni di Cassidy, finale con una piccola rivelazione che inserisce carne al fuoco per gli sviluppi futuri.
Ben definite invece le atmosfere. Se vi piacciono le storie dove i protagonisti non si distinguono certo per candore e innocenza, i film di rapina, l’immaginario seventies legato alle tinte del noir e magari un tocco di voodoo (?), Cassidy potrà risultare una lettura agile e piacevole.
La mente torna in maniera naturale a film come Getaway con Steve McQueen.
Tradimento, vendetta sono alcuni degli ingredienti della ricetta. Al momento questa sembra saporita, vedremo cosa accadrà con l’andare avanti della cottura.
Una curiosità: il disegnatore Maurizio di Vincenzo omaggia, con la figura del dottore, un personaggio noto della serialità TV della nostra infanzia. E’ una mia idea campata per aria o è proprio così?
Ciao. Non sono daccordo sul "non giudicare una miniserie dal primo numero", anzi sono proprio della scuola di pensiero opposta :) Questa della "sospensione di giudizio" va bene se parliamo di prodotti, ad esempio, gratuiti (a qualsiasi titolo). Ma così come i soldi che pago per un qualsiasi primo numero di una qualsiasi miniserie sono immediatamente "giudicabili", altrettanto ho diritto di fare io come lettore, fruitore, pagante. Anche perché se una miniserie non mi... "prende" già dal primo numero, sai com'è: c'è crisi, l'offerta è vasta, il potere di scelta è mio... e semplicemente NON acquisterò il secondo numero.
RispondiEliminaQuanto al paragone col "non giudicare un libro dalla copertina" direi che il paragone non calza: quando acquisto un libro, sia detto pure per assurdo, posso andarmi a leggere il finale, prima ancora di pagarlo! Ben diverso da una miniserie, no? (Inoltre un innegabile elemento di fascino, in un libro, è costituito PROPRIO dalla copertina)
Almeno, così la penso io :-)
Un caro saluto
Orlando Furioso
E' proprio quello che scrivevo nel primo post: visioni diverse per passioni comuni.
RispondiEliminaA me capita raramente di abbandonare al primo numero una miniserie. Certo è che se questa proprio non mi piace la accantono senza rimorsi (mi è successo con Cornelio ad esempio). A quelle che quanto meno mi intrigano, anche se non mi convincono appieno, do una seconda possibilità. Alcune poi le taglio altre le porto a termine a seconda di come vengono sviluppate.
Per quel che riguarda le copertine dei libri sono d'accordo sul fatto che siano elementi di indubbio fascino ma evito di farmi influenzare troppo da loro... dietro una bella copertina potrebbe esserci un'altrettanto bella cacata in agguato...
un ciao all'Orlando Furioso