(di J. M. DeMatteis e Glenn Barr, 1994/95)
Per i fan dei comics americani con qualche primavera sulle spalle il nome di John Marc DeMatteis (meglio noto come J. M. DeMatteis) non suonerà di certo nuovo. Le sue opere più note e ricordate con più affetto sia dai fan che dalla critica, rimangono indubbiamente la sua gestione di Spider-Man per la Marvel (in particolare con L'ultima caccia di Kraven) e quella della Justice League in chiave scanzonata realizzata in compagnia di Keith Giffen e Kevin Maguire per la quale si portò a casa anche un Eisner Award, l'Oscar del fumetto.
Ma i suoi lavori e i personaggi di cui si occupò furono moltissimi. Sono forse in pochi però a ricordare questa sorta di romanzo a fumetti autobiografico edito sul finire del 1994 realizzato in collaborazione con il disegnatore Glenn Barr.
Mosso forse dall'esigenza di allontanarsi da costumi sgargianti e tutine in spandex, o più probabilmente dall'urgenza di mettere su carta un periodo importante della sua vita, DeMatteis ci racconta i suoi giorni da cane, quelli che andarono a comporre l'ultimo anno delle sue scuole superiori. Ed è la voce narrante dell'autore che ci accompagna tra le numerose pagine di questo bel volumone edito da Magic Press, con dialoghi asciugati all'osso e una narrazione che assomiglia a un lungo flusso di coscienza dal carattere felicemente colloquiale.
Siamo come è ovvio a Brooklyn, nel 1970. L'alter ego di DeMatteis si chiama Vincent Carl Santini, nato da Dominik Santini di origini italiane e dall'ebrea Ester Santini. Un padre strano, a volte paranoico e una madre isterica, pronta a far di ogni cosa una tragedia. In questo scenario i ricordi del protagonista che, come afferma egli stesso, non hanno pretesa di essere veritieri o precisi ma semplicemente possibili, per dirla con le stesse parole di un Vic ormai adulto ci verranno raccontate alcune bugie sulla sua vita che chissà, con un po' di fortuna, potrebbero rivelarsi vere.
Le esperienze di vita di DeMatteis possono con facilità riflettersi su quelle di molti lettori che hanno vissuto quegli anni o solamente esperienze similari, che in fondo non sono così rare da incontrare lungo il proprio percorso (a parte forse quella dell'arresto). Lo straniamento dell'adolescenza, l'amore smisurato per il proprio cane, i rapporti difficili con i genitori, l'amico inseparabile, le riflessioni e le illuminazioni, la scoperta della lettura come terapia di vita e beh, si, anche l'arresto per possesso e consumo di sostanze stupefacenti.
La narrazione oscilla tra il serio e il faceto con numerosi passaggi decisamente divertenti, diversi sorrisi si aprono grazie all'interpretazione indovinata della storia da parte del disegnatore Glenn Barr capace di dar vita alle situazioni descritte tramite scenette davvero esilaranti.
Si avvale di un registro ricchissimo la matita di Barr, dal bianco e nero secco alle eleganti sfumature di grigio, dal disegno definito al veloce bozzetto, dal tratto caricato e grottesco a quello più realistico e ogni cambio di stile sottolinea in maniera esemplare lo stato d'animo espresso in quel momento da DeMatteis.
Il viaggio, come quello di molte vite, non porta a mete sconvolgenti ma a qualche presa di coscienza e a diversi momenti, buoni e meno buoni, come quelli che a tutti noi è capitato prima o poi di dover affrontare. In fondo a New York, per trovare buone storie, non è detto che si debba per forza rivolgere lo sguardo verso l'alto.
Da buon ignorante non conoscevo John Marc DeMatteis.
RispondiEliminaGrazie della segnalazione :)
Magari tu sei decisamente più giovane di me, ai tempi era un autore di un certo peso :)
EliminaAdoro Jean-Marc DeMatteis, veramente: lo adoro!
RispondiEliminaOgni personaggio - non suo - di cui ha scritto, l'ha riempito di drammaticità, "spessore" o, come nel caso della sua meravigliosa gestione della Justice League, di ironia (ironia tutt'altro che sciocca e anzi piena di profondità e umanità).
Quando ho preso questo splendido volume, qualche anno fa, stimolato da una bella recensione di Filippo "Altroquando" Messina, ho scoperto un "altro" DeMatteis, forse ancora più profondo e umano, al punto che la lettura di Brooklyn Dreams mi ha commosso...
Un volume da consigliare e straconsigliare, insieme naturalmente al resto della sua produzione :)
Saluti.
Ciao Orlando, è sempre un piacere averti ospite da queste parti. Come non essere d'accordo con quel che scrivi? E allora noi consigliamo e straconsigliamo... :)
EliminaLetto anch'io nei due volumetti Paradox / Magic Press. Ai tempi era ancora Jean-Marc. Ha scelto poi di camgiare nome legalmente in John Marc per sfuggire ai fans di Guy Gardner ( messo KO da Bats con un colpo che aveva trasformato quella sagomaccia misogina della Lanterna Verde con una scodella di capelli in un dolcissimo amico delle ragazze ) ed a quelli di Kraven The Hunter ( altra icona macho degna dei Village People che esce di scena come prima di lui x esempio Hemingway ).
RispondiEliminaVia i baffoni e rasato a zero, oggi John-Marc DeMa vive nel garage di Mike Zeck dove continua a scrivere di vampiri, gargoyles e folletti verdi picchiati nella zucca. Esce solo al crepuscolo, ma arriva solo fino al drugstore all'angolo dove sfoglia distrattamente albi DC pre reboot 2011 e si chiede come sia possibile che abbiano perdonato chi ha scritto di Max Lord che pianta una palla nella testa di Ted Kord. Dan Slott gli ha spiegato che anche lui ha passato i guai suoi quando ha deciso di infilare l'anima di doc Ock nel corpo del Ragno e che la cosa non gli ha impedito di continuare a fare la stessa vita di sempre nononstante l'assaggiatore personale ed il tizio che lo precede ovunque con il giubbotto di kevlar ed una glock, ma il DeMa continua a pensare che non sia il caso di riguadagnare il centro della scena. A volte pensa che non avrebbe dovuto smettere di fare il critico musicale. Davvero un peccato.
Un vero peccato :)
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