sabato 22 giugno 2024

I DELINQUENTI

(Los delincuentes di Rodrigo Moreno, 2023)

Meglio farsi tre anni di galera per poi vivere in tranquillità il resto della propria esistenza oppure è preferibile passare venticinque anni dietro lo sportello di una banca in veste di umile impiegato? Con questo dilemma a far da scheletro al plot imbastito da Rodrigo Moreno, I delinquenti riflette sulla schiavitù del lavoro, sull'ingiustizia del dover dedicare la maggior parte del nostro tempo utile a questa occupazione; senza calcare troppo e unicamente la mano su questo aspetto Moreno, argentino in un'Argentina squassata da una crisi economica sempre più evidente e dolorosa per diverse fasce della popolazione, muove un'accusa a quel sistema del capitale che ormai imperversa dittatorialmente a (quasi) qualsiasi latitudine e longitudine e porta (quando va bene) sprazzi di benessere ma anche tantissime ingiustizie, infelicità e sacrificio a tantissimi uomini e donne costretti a vivere vite che nel profondo dei loro animi sanno di non voler vivere davvero. Può sembrare questa l'inevitabile quotidianità della gran parte degli uomini moderni, a tutti gli effetti lo è, ma con mano leggera e con i giusti tempi (più di tre ore di narrazione) Moreno affronta quello che a tutti gli effetti è un dramma collettivo di dimensioni planetarie. Questo il motore, di contorno e ad arricchire le vicende dei due protagonisti principali c'è però parecchio altro...

In una banca di Buenos Aires tra i suoi impiegati storici ci sono i dimessi e ligi al dovere Morán (Daniel Elías) e Román (Esteban Bigliardi), il primo è anche incaricato, insieme al direttore della filiale Del Toro (Germán de Silva), di depositare ogni tot di tempo il contante nel caveau della banca. Stufo del suo lavoro di routine e privo della benché minima soddisfazione, Morán studia un modo di alleggerire la banca di una somma pari al doppio di quello che guadagnerebbe in un'intera vita lavorativa fino al giorno del suo pensionamento. Dopo aver messo a segno il colpo Morán confessa tutto al collega Román coinvolgendolo (e in piccola parte ricattandolo) nell'impresa chiedendogli di conservare il maltolto in un luogo sicuro per un periodo di circa tre anni. Questo è il periodo di tempo che Morán ha previsto di passare in galera a causa di quel colpo che non ha richiesto la minima traccia di violenza, infatti l'uomo è deciso a costituirsi per chiudere il cerchio del suo piano, scontare poi la sua pena e uscire di galera da uomo libero e con la possibilità di riagguantare un malloppo che consentirà a lui e al collega Román (ovviamente il tutto verrà diviso in due parti) di vivere dignitosamente senza strafare ma con la possibilità di non doversi più sottoporre all'incessante schiavitù del lavoro e riappropriarsi invece del proprio tempo, della propria vita, della propria libertà.

Adónde está la libertad? si interrogano i Pappo's Blues riproposti da Moreno a più riprese come colonna sonora portante all'interno del film. Adónde está la libertad? È chiaro come per il regista argentino questa non stia nella reiterata afflizione del lavoro impiegatizio moderno. Nell'aprire una riflessione su questa tematica, affrontata senza violenza e senza mai voler puntare troppo sull'aspetto sociale della problematica, Moreno costruisce un film che apre all'aspetto più positivo della questione, quella riappropriazione di una dimensione personale più semplice e felice che esploriamo in misura maggiore non grazie al personaggio di Morán, l'artefice del colpo, ma per mano delle vicende di Román che si trova implicato quasi suo malgrado nell'intera vicenda ma che riuscirà a tenere il gioco e portare avanti l'opera del suo collega fino (quasi) alla fine del film. C'è una certa dualità che ricorre nelle scelte di Moreno a partire dai nomi molto simili di alcuni protagonisti: Morán e Román (anagrammabili tra loro), stessa cosa per il nome delle due sorelle che Román incontrerà nel momento in cui dovrà trovare un posto per nascondere i soldi, Norma (Margarita Molfino) e Morna (Cecilia Rainero, anagrammabili anche loro), c'è un personaggio che si chiama Ramón e l'attore Germán de Silva interpreta due ruoli, il direttore della banca e un detenuto, Garrincha, che tiranneggerà Morán una volta in galera, una dualità quest'ultima che dà lo stesso volto alle due figure alle quali Morán è costretto a sottostare, un superiore e un delinquente, due differenti "sfruttatori", parallelo che apre a possibili elucubrazioni. Ciò che più conta è però quel ritorno a una vita più semplice e vera soprattutto per Román che scombina tutte le carte della propria esistenza per trovare infine un nuovo amore, dal timore instaurato dalla situazione iniziale si passerà a un rinfrancante ritorno alla natura e alla semplicità, ma poco prima del finale Moreno sarà ancora una volta molto bravo (magari un filo prevedibile) nello scombinare ancora una volta le carte nella vita dei suoi personaggi. Narrazione pacata, ritmi studiati e ben dilatati, tre ore e più che passano in un attimo e che sicuramente vale la pena di dedicare a questo film, torniamo anche noi a ritmi più lenti, godiamoci il film, prendiamoci almeno questa piccola libertà.

4 commenti:

  1. Risposte
    1. Un pelino di più forse... 😂 Dai, ce ne sono di film da tre ore, si può fare... 😂

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  2. L'ho guardato, non tutto d'un fiato ma a sorsi. Mi è piaciuto. Ora mi bevo un bicchiere d'acqua, poi un altro, poi un altro ancora.

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    1. Bene, sono contento, con un po' di pratica poi si va di un unico sorso...

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