(di Claudio Nizzi e Giovanni Ticci, 1994)
E' lo stesso Sergio Bonelli ad ammettere nei confronti di questo settimo Texone un piccolo tradimento (per la seconda volta) a quella che nelle sue stesse intenzioni doveva essere la linea editoriale da seguire per questa collana: proporre interpretazioni del ranger a opera di artisti solitamente estranei al mondo di Tex. Dopo la prova di Aurelio Galeppini tocca ora a Giovanni Ticci, noto e amato nome texiano, cimentarsi con questa mole imponente di tavole da disegnare e con l'aspettativa dei fan del Texas Ranger. Sembra sia stato lo stesso Ticci a chiedere di salire a bordo e a mostrare con amore interesse per il progetto, avrebbe mai potuto l'editore negare questo piacere a un disegnatore che tanto ha dato all'immaginario dell'ovest legato ai due inseparabili pards? La risposta, che ovviamente è no, si è concretizzata con il Texone edito nel 1994 dal titolo Il pueblo perduto.
Su richiesta dello stesso Bonelli l'infaticabile Nizzi costruisce una sceneggiatura grazie alla quale Ticci possa sfoggiare la sua predisposizione per gli spazi aperti. In realtà forse è più corretto dire che Ticci possegga una predisposizione per il paesaggio in generale, il disegnatore senese riesce a rendere di grande impatto le ampie vedute nelle quali l'occhio si perde all'orizzonte così come a far risultare claustrofobici per protagonisti e lettori passaggi tra strettissimi canyon e discese in oscuri cunicoli scavati nella roccia. Vasti deserti, formazioni rocciose, brulla vegetazione, oasi provvidenziali, mese imponenti o puebli perduti sono tratteggiati con maestria e realismo dalla matita di questo grande artista. L'uso dei neri da parte di Ticci è in grado, al calar del sole, di far scendere davvero la notte tra le pagine del Texone creando un'atmosfera tale che giunto a questo punto della narrazione non ho potuto far a meno di andare a dormire. Il tratto essenziale, soprattutto nel tratteggio dei volti, crea un Tex riconoscibilissimo e divenuto ormai un classico, la stessa caratteristica permette a Ticci di disegnare splendidi volti di indiani scavati dal sole e malefici ghigni sul grugno dei farabutti. Insomma, il Texone di Ticci è una rappresentazione di lusso del lavoro di quello che è ormai uno dei grandi pilastri dell'epopea texiana.
La sceneggiatura di Nizzi fila via che è una meraviglia, semplice e diretta. In altre occasioni lo scrittore è riuscito a regalarmi qualche emozione in più, qualche passaggio più costruito ma qui c'è puro e semplice western. Una mappa che indica la via per un fantomatico tesoro, un pueblo perduto da raggiungere, anziani pellerossa a far da custodi, gli spiriti e una maledizione, una banda di tagliagole pronta a mettere le mani sul prezioso bottino e un paio di uomini tutti d'un pezzo a mettergli i bastoni tra le ruote. Per gli appassionati del genere tutto questo è più che sufficiente tanto più se ci si può perdere tra le tavole formato deluxe tratteggiate da un noto maestro.
E' una trama davvero interessante. Non immaginavo un tex così!
RispondiEliminaPensa cosa verrà fuori quando ne faranno scrivere uno a Garth Ennis o a Grant Morrison :) Sarebbe fichissimo!
EliminaImmagino il finale: gran falò e (forse) morte del pueblo misterioso, o comunque chiusura dell'accesso a quel mondo sotterraneo (mi ha ricordato una cosa di Manara)
RispondiEliminaMoz-
Senza esagerare negli spoiler ti dico solo che sul finale compare della dinamite :)
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