(di Alessandro De Roma, 2008)
Scenario pre-apocalittico tra le strade di Torino (che è anche la mia città). Futuro prossimo prossimo, forse addirittura presente. Giovanni Ceresa, insegnante di scuola superiore, abita in centro, dalle parti della Cavallerizza Reale. A Torino, come probabilmente in tutta Italia, sta succedendo qualcosa di strano. Alcuni anziani, come il signor Baratti per esempio, scompaiono. La cosa grave è che subito dopo nessuno sembra più ricordarsi di loro, come se queste persone non fossero mai esistite, non avessero mai avuto una vita, dei figli da crescere, un cane da portare a spasso, un lavoro. Cancellati dalla memoria.
Ed è proprio questo il punto. La memoria. A Giovanni sembra che questa malattia della perdita della memoria stia diventando sempre più grave e diffusa, tanto che egli stesso inizia a tenere un diario per non perdere i ricordi degli avvenimenti che scandiscono le sue giornate. La piaga è grave, sebbene meno affetto di altri, anche lui non ne è immune.
Quello che al lettore può sembrare un problema da principio circoscritto al condominio del protagonista ci restituisce progressivamente una Torino minacciosa, affetta da sempre più casi di demenza, infestata di notte dai pericolosi barbi, una città dove diventa sempre più difficile trovare cibo o oggetti di quotidiana utilità. Gli studenti disertano la scuola, i colleghi vanno fuori di testa. A Giovanni non resta che assistere il padre malato e chiacchierare con l'amico Winnie o con la signora Costanza, figure stranamente più lucide della media. E la domenica andare a trovare la sorella al cimitero monumentale di via Catania. Una sorella che però è viva e vegeta.
Mi è piaciuto davvero molto il libro di Alessandro De Roma, sardo di nascita ma immagino torinese d'adozione, almeno considerando la buona confidenza con la toponomastica della città. L'autore riesce a creare una tensione sempre crescente nel lettore descrivendo una realtà che leggendo tra le righe ha molto di quella attuale e dei suoi possibili sviluppi futuri. Questa attinenza è ben palesata (in maniera terrificante se ci pensiamo, ma che probabilmente non ci stupirebbe più di tanto se dovesse realizzarsi sul serio) negli ultimi capitoli del libro dove il punto di vista si sposta dal diario del protagonista a una prospettiva diversa e più istituzionale.
Sono tanti gli spunti su cui riflettere, uno su tutti quello della memoria (o Memoria se vogliamo) ma anche sul valore della vita e delle vite, soprattutto se messe una vicina all'altra. La mia vale in assoluto più della tua? Ma c'è parecchio altro ancora in un libro che ha il pregio di servirsi di capitoli molto brevi e diretti, quasi a cadenzare un avanzamento inarrestabile verso lo sfacelo.
La fine dei giorni è una lettura consigliata a tutti i torinesi, in ogni caso un bel libro per tutti, con qualche scarto consigliata anche agli amanti delle distopie.
Affatto male per temi trattati, segno intanto a futura memoria :D
RispondiEliminaMi ha incuriosito parecchio la tua riflessione, soprattutto per la questione "valore della vita", in questi tempi cupissimi...
È un bel libro da leggere, accattivante e che presenta parecchi spunti (amari) su cui riflettere. Io lo consiglio.
Elimina