(Nineteen Eighty-Four di Michael Radford, 1984)
La via scelta da Michael Radford per portare sullo schermo il famosissimo 1984 di George Orwell è quella dell'adesione totale ai fatti del libro; Orwell 1984 si rivela infatti una trasposizione del tutto fedele del romanzo dello scrittore britannico. Ma il rispetto per l'opera originaria non si ferma qui; il film esce infatti proprio nell'anno 1984, alcune scene sono state girate esattamente nei giorni in cui erano ambientate nel libro, un'accuratezza maniacale che si evince anche nelle scelte di stile di carattere estetico che si sono fatte per portare questa fantastica distopia al cinema.
L'impianto visivo si affranca dall'utilizzo di grandi effetti speciali, anche l'aspetto scenografico dei luoghi rifugge l'immaginario futuribile, mettendo in scena un più realistico e narrativamente accurato ambiente post-bellico. Si centra bene la sensazione di degrado e squallore di una civiltà basata su un lavoro disumanizzante e sull'assenza pressoché totale di democrazia e libero arbitrio, con un popolo devoto al partito di potere: l'Ingsoc.
Il potere costituito utilizza in maniera massiva i mezzi più abietti per preservare lo status quo, revisionando continuamente i fatti storici, cancellandoli e riscrivendoli nei giornali, negli archivi, nei notiziari, arrivando a costituire anno dopo anno nuovi vocabolari nei quali le parole diventano sempre di meno e concetti fondamentali vengono banditi dall'uso comune; spariscono così parole quali democrazia, dissenso, onore. I cittadini che hanno un posto attivo nella società vengono così mentalmente resettati, asserviti al partito, solo i proletari che vivono ai margini della società, nel più completo abbandono, conservano barlumi di quella che alla lontana potrebbe sembrare libertà. Il Grande Fratello controlla tutto, lascia sfogare i cittadini in momenti adibiti alla manifestazione della rabbia per meglio mantenerli nella più totale apatia il resto del tempo, li controlla a casa e a lavoro, per qualcuno, non molti a dire il vero, l'unico luogo di libertà rimane l'interno della propria testa, almeno per chi è riuscito a mantenere traccia di pensiero razionale.
Uno di questi è Winston Smith (John Hurt), integrato nella società del lavoro ma segretamente schifato da ciò che la società è divenuta, una società che condanna i rapporti familiari, le relazioni, il sesso. A spingerlo fuori dagli schemi sarà l'incontro con l'altrettanto insoddisfatta Julia (Suzanna Hamilton), una giovane in cerca della vita vera. Ma trasgredire in una società dove tutto è controllato, tutto è disumanamente punito, non è facile.
Il film si rivela una trasposizione diligente, ben centrata visivamente, paga l'essersi presa la grandissima responsabilità di voler adattare quello che è a tutti gli effetti uno dei massimi capolavori della letteratura moderna. L'operazione nel suo complesso risulta riuscita, mi permetto però di dire che a livello emotivo il film suscita un decimo dell'angoscia e delle sensazioni mosse dall'opera di Orwell. L'impresa era improba, titanica, tutti ce l'hanno messa tutta, John Hurt e la Hamilton centrano bene i rispettivi personaggi, è tutto il contesto che avrebbe avuto bisogno di ben altro per colpire nel segno come in precedenza avevano fatto le parole sulla carta. A conti fatti sono però più che convinto che in nessun modo sarebbe stato possibile. Leggetevi il libro.
Concordo la lettura del romanzo è molto più angosciante della visione del film. Basti pensare alla progressiva scoperta della sconvolgente fobia dei topi.
RispondiEliminaNel film si rischia di trovare simpatico O'Brien (forse perché interpretato da Burton)
La trasposizione non è male, anzi, è proprio che il libro sta su un altro pianeta. Inarrivabile.
EliminaBel film comunque.
RispondiEliminaOrwell con il suo sentire anarchico ha scritto un libro che supera il suo tempo.
Assolutamente d'accordo, il film è ben fatto, è solo che non poteva competere...
EliminaSe non ricordo male c'è anche R. Burton, vero?
RispondiEliminaSi, è O'Brien.
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