Diverse trame ed eventi si susseguono nel corso di questa quinta stagione di The walking dead, annata che a dir di molti si rivela essere più un passaggio verso le successive e appassionanti stagioni che non una sequela di episodi davvero imperdibili. Onestamente posso dire di essermi goduto queste sedici puntate davvero molto, a parte un paio di episodi più lenti e meno interessanti, l'annata mi è sembrata decisamente stimolante.
Sotto i riflettori questa volta mi è parso di vedere un'attenzione particolare verso la crescita dei personaggi, più o meno tutti, con un'attenzione alla scrittura degli eventi interiori più che a quelli esterni alle persone, che comunque ci sono e come al solito si rivelano di portata sempre interessante (e "ti auguro una vita interessante" non sempre è sinonimo di buon augurio).
Rick Grimes (Andrew Lincoln), leader indiscusso del gruppo di sopravvissuti protagonista della serie, continua a fare passi verso una rabbia incontrollata e folle, mossa dal desiderio legittimo di proteggere i suoi figli e quella che è diventata ora la sua famiglia. Solo la comunità di Alexandria potrà forse placare questa discesa nelle tenebre. Suo contraltare è Glenn (Steven Yeun), personaggio che continua a maturare per divenire una sorta di coscienza per lo stesso Rick, il cuore del gruppo, mentre l'ex fragile Carol (Melissa McBride) si conferma esserne sempre più il pugno duro, la sostenitrice del "fare quel che si deve fare", per quanto spiacevole questo possa rivelarsi.
In questa stagione entra di nuovo in ballo la fede con la quale dovrà confrontarsi la new entry Gabriel (Seth Gilliam), prete codardo con un grande peso sulla coscienza. I demoni interiori provocati dalle contingenze, dal dolore e dalle perdite sono in mano, con posizioni opposte nell'affrontare i traumi, a Tyreese (Chad Coleman) e a sua sorella Sasha (Sonequa Martin-Green). Insomma, il campionario di drammi è vasto e permette di non annoiarsi mai.
Parecchi i momenti emozionanti dovuti alle perdite, ai ritrovi, ma soprattutto, ancora una volta, alle scelte prese dai vari protagonisti, alle loro reazioni alle situazioni e il loro rapporto con il senso di famiglia, di legame e comunità. Almeno tre le minacce affrontate nell'arco delle sedici puntate (zombi esclusi) che hanno reso la stagione un po' frammentata ma parecchio varia.
Diversi i nuovi personaggi inseriti, in fondo il mondo è grande e gli incontri inevitabili. Di grande interesse la riflessione su come sia difficile tornare a una vita normale dopo aver vissuto parecchio tempo immersi nell'orrore e nelle tragedie, tra sangue e perdite continue. La paura di tornare a essere deboli, l'impossibilità di riabituarsi alle frivolezze. I nostri arrivano ad Alexandria e sono una sorta di reduci all'apparenza incapaci di reinserirsi in una società organizzata.
Gli stimoli che questa serie offre sono sempre ottimi, il divertimento anche, le emozioni pure. Non resta che continuare a camminare con loro.
La considero una serie da vedere in modalità cervello zombie, perché sennò non se ne esce.
RispondiEliminaEppure nonostante tutto continua a seguirla ed a divertirmi. :-)
Beh, io la considero una serie che dà molto da riflettere a livello etico e morale. Gli zombi sono un contorno, siamo noi a essere al centro. Sempre bella per ora.
Eliminaio sono arrivato alla 6. per vari motivi le compro in dvd.
RispondiEliminaper me è una specie di droga e soprattutto di stacco.
mi serve per rilassarmi e ripulirmi da tutte le ore di lavoro e altre faccende.
Ottima serie, io sto guardando ora la 6, mi sono nuovamente infognato e credo proseguirò fino al termine della 7.
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