giovedì 9 novembre 2017

KATYN

(di Andrzej Wajda, 2007)

Katyn è uno di quei film che si potrebbero proiettare nelle scuole venuto il momento di studiare la Seconda Guerra Mondiale e di far capire ai ragazzi le implicazioni tragiche e miserevoli delle brutture di cui la nostra razza è capace. Sarebbe utile per approfondire episodi poco conosciuti e dibattuti, per capire la mistificazione storica, l'incredibile impunità di fronte a uno dei tanti massacri che la Storia ci ha presentato nel corso dei secoli. Ancora una volta Andrzej Wajda, scomparso lo scorso anno, si occupa della storia della sua Polonia, presa nel mezzo tra due fuochi nemici e terribili, quello russo e quello tedesco, capaci però di agire all'unisono allo scopo di spartirsi le vesti di un paese flagellato dalla crudeltà degli invasori.

Katyn è una località della Polonia, una foresta nella quale durante la Seconda Guerra Mondiale furono uccisi e sepolti in numero impressionante ufficiali e soldati dell'esercito polacco, l'eccidio si estese poi ai civili arrivando a contare un numero di vittime che superò le ventimila unità, una tragedia imputata ai nazisti ma in realtà operata dall'esercito russo che solo in anni più recenti, nel 1990 per l'esattezza, se ne assunse la piena responsabilità. Senza alzare la voce, senza spettacolarizzare nulla, senza far sfoggio di cappottini rossi, Wajda ci presenta una cronaca dell'evento, affidandone il racconto a diversi personaggi, in primis ai membri della famiglia di Andrzej (Artur Żmijewski), ufficiale polacco preso come prigioniero dai sovietici, alla moglie Anna (Maja Ostaszewska), all'amico Jerzy (Andrzej Chyra), anch'egli ufficiale. È un film del ricordo, da considerarsi tanto più vivido nel regista in quanto lo stesso padre di Wajda perì nel massacro di Katyn, è un film al quale non si può rimanere indifferenti, come spesso accade con opere che trattano argomenti similari a questo.


La messa in scena è sobria, efficace, quasi didattica se vogliamo, oltre alla cronaca della vicenda offre anche un punto di vista della generazione immediatamente successiva a quella delle vittime, quella dei figli affiliati alla resistenza, combattenti diversi e non irregimentati, sopravvissuti al tentativo di epurare completamente la classe dirigente e pensante di un intero paese, emblematiche in questo senso le sequenze delle deportazioni dei professori dalle università. Oltre che ricordo, Katyn è un veicolo di conoscenza, veicolo scomodo come dimostra anche la scarsa diffusione del film, molto visto in Polonia ma circolato poco nel resto d'Europa, inizialmente censurato e vietato in Russia, poi sdoganato.

Potrebbe essere un buon film per i cineforum, non certamente un film che si guarda come passatempo o per divertimento, piuttosto come approfondimento. Dopo aver parlato di Cenere e diamanti, opera del regista datata 1958, non si possono che ammirare la coerenza e la costanza di Wajda nel mettersi al servizio della memoria del proprio paese, un regista dalla filmografia parecchio nutrita, più di quaranta film tutti da scoprire.

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