mercoledì 3 ottobre 2018

READY PLAYER ONE

(di Steven Spielberg, 2018)

A intervalli più o meno regolari Steven Spielberg torna a tirare fuori il fanciullino che da sempre alberga nella sua anima, confezionando quei prodotti spettacolari, spesso rivolti all'attenzione di un pubblico giovane, capaci di veicolare un messaggio positivo avendo per protagonisti eroi adolescenti, giusti, per i quali non è possibile non parteggiare o non provare affetto. A tutto questo con Ready player one Spielberg unisce l'immaginario fantascientifico al quale è legato da sempre, andando ad adattare il romanzo di Ernest Cline che ha come tema portante gli avatar e i mondi costruiti all'interno di realtà completamente virtuali.

In un futuro non troppo remoto la realtà virtuale è alla portata di tutti, la vita nelle baraccopoli, agglomerati di povertà e miseria, è davvero dura; la possibilità di evadere e poter essere qualcun'altro, qualcuno di migliore, anche se in un mondo finzionale, inizia a essere allettante per tutti. Il mondo virtuale frequentato da milioni di persone è OASIS, un software nato con scopi ludici e divenuto un fenomeno culturale ed economico di livello mondiale. Alla morte del suo creatore James Halliday (Mark Rylance) viene alla luce una sorta di testamento per mezzo dell'avatar dello stesso Halliday, un mago di nome Anorak L'Onniscente: il giocatore che per primo troverà un easter egg nascosto dal suo creatore all'interno di OASIS, diventerà proprietario e gestore di OASIS stesso, un lascito multimiliardario dalle possibilità infinite. Alla ricerca partecipa tra i tanti anche il giovane Wade Watts (Tye Sheridan), orfano cresciuto in una baraccopoli insieme alla zia, aiutato dal suo amico virtuale Aech (Lena Waithe) e in seguito dalla ribelle Art3mis (Olivia Cooke). A metter loro i bastoni tra le ruote la corporation informatica IOI guidata dallo spietato Nolan Sorrento (Ben Mendelsohn) al quale ovviamente fa gola la possibilità di mettere le mani su quella montagna di denaro sonante che è OASIS. Per arrivare per primo all'easter egg Parzival (l'avatar di Wade) dovrà superare diverse prove cercando di non farsi "azzerare" durante il gioco e tentando di sfruttare gli indizi che Halliday ha disseminato in giro nel corso della sua terrena esistenza.


Nonostante Ready player one sia per lo più un giocattolone votato all'intrattenimento ci sono diverse riflessioni che si possono sviluppare sull'ultimo film di Spielberg. Partiamo dalla dualità. Sono diversi i contrasti netti che si possono rilevare guardando il (e al) film: intanto quello più evidente tra la realtà e il mondo virtuale. La realtà ci prospetta un futuro impoverito, dove le classi medie sono ridotte a vivere in baraccopoli verticali che in qualche modo richiamano uno stile abitativo della popolazione povera già visto nel cinema fantastico degli anni 80 (penso al paesino fatto di roulotte nel film Giochi stellari ad esempio), richiamo quello agli eighties presente in maniera totalizzante per tutto il film. È un realtà ben misera quella che ci presenta Spielberg e che non lascia intravedere possibilità di bellezza pur non essendo marcatamente cupa o futuristica. La realtà virtuale è quella dove invece ci si può sentire appagati, si fanno amicizie, si compiono imprese, si ha la possibilità di vivere in maniera immersiva delle esperienze altrimenti impossibili. È affascinante il concetto dell'evasione totale, che per noi ancora può essere identificata con un libro, con il Cinema, con le serie tv, con i videogiochi o in senso più lato con la cultura pop; un'evasione portata agli estremi che identifica non solo la fuga dalla realtà quotidiana, ma guardando oltre anche la fuga dalla possibile infelicità, dalla mancanza di stimoli, gratificazioni, emozioni, amore. In ultimo esame è possibile fare un parallelo tra le esistenze virtuali che gli avatar in Ready player one portano avanti e quelle che alcuni di noi "vivono" sui social, dove a volte si arriva a costruire dei veri e propri "personaggi" scollati dalla realtà dei fatti. Spunto molto valido sul quale riflettere e che in maniera educativa viene affrontato nel film che sostiene la tesi di come in fin dei conti, accantonate le apparenze, i rapporti, quelli veri, quelli capaci di regalarti ciò di cui si ha realmente bisogno, si trovino solo con il contatto umano con le altre persone e non tramite qualcosa di artefatto (ma in ogni caso la pop culture rimane una gran figata e questo Spielberg è il primo a saperlo e condividerlo).


Altro contrasto è quello tra la parte live action del film e quella in CGI, entrambe immerse nel citazionismo più sfrenato, tanto che il gioco della ricerca del personaggio, del logo, della musica, del veicolo, dell'arma o di chissà cos'altro, risulta divertente quanto la visione del film stesso. Due tecniche molto diverse ma realizzate entrambe con grande maestria e che rendono il dualismo del film sempre ben marcato. Infine non è difficile notare come in Spielberg convivano due anime, personalmente ho apprezzato molto alcuni dei suoi film più impegnati, cose come Munich o Schindler's List ad esempio (ma i film "seri" del regista sono parecchi) che contrastano piacevolmente con il fantastico di questo film, di E.T., dei Jurassic Park, di Hook, del GGG o di Tintin. L'uomo e il ragazzino in un corpo solo.

Citazionismo: qui arriva a livelli forse mai visti prima, c'è qualcosa di noto in quasi ogni inquadratura, tutto richiama gli anni 80 ma non solo, è un bombardamento continuo di cose celebri che oscilla tra distrazione e subdolo piacere. Poi, per concludere, al netto delle riflessioni, Ready player one è principalmente un blockbuster d'intrattenimento rivolto a ragazzi e nostalgici, ai bambini come Spielberg, che assolve per benino alla sua funzione primaria. Alla fine, vuoi per un motivo, vuoi per un altro, ci si diverte. Insert coin. Ready player one.

11 commenti:

  1. Verissimo:ci si diverte. E ho trovato la cosa assolutamente fantastica. Perché al di là delle tante citazioni, è proprio il film stesso ad avere uno schema come quello degli anni '80. Semplice, magico, divertente :)

    Moz-

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    1. Vero, il classico film per ragazzi che piaceva tanto ai nostri tempi con parecchia tecnologia in più. Mi dispiace di non esser riuscito a farlo vedere a mia figlia, ora l'anteprima su Infinity è scaduta... :(

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  2. Esatto, è un giocattolone votato all'intrattenimento: preso così, senza che sia un manifesto di pensiero, è un film veramente gradevole. Come ha detto Miki ha proprio schemi e meccanismi di film metà-fine anni '80 (e primi anni '90). Graficamente è strepitoso, le scene con King Kong sono meravigliose. Poi potevano starci benissimo molte meno citazioni: il film sarebbe stato ottimo lo stesso :)

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    1. Vero, però il gioco della citazione è parte integrante del divertimento :)

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  3. Non lo so mi è stato consigliato da molti, ma lo Spielberg recente è fuori dalle mie corde.

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    1. Se lo prendi senza la pretesa di vedere un film impegnato o di alto spessore Ready player one è divertente, un'occasione puoi concedergliela.

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  4. In più ha avuto il buon gusto di non inserire palesemente proprio tutte le cose sue, un bel tocco di eleganza, forse non lo definirei uno dei migliori film visti negli ultimi anni, ma nel suo segmento se la cava in maniera egregia (continuo però a preferire le atmosfere di Stranger Things ad esempio, per rimanere in tema nostalgia).

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  5. Mi sembra ci sia un errore nel testo: i-Rock è il mercenario assoldato da Sorrento. Credo tu ti riferisca a Aech, invece.
    Comunque... A me è piaciuto e mi sono divertito. Anche se da un certo punto di vista l'ho trovato un po'... vuoto, una volta tolte tutte le citazioni. Alla fine del film la gente continua a stare nelle baraccopoli, senza alcun miglioramento oggettivo. Non so, mi è sembrato che fosse stato trascurato qualcosa, che l'abbiamo smollato così. Non per fare l'impegnato a tutti costi, ma mancava qualcosa secondo me.

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    1. Hai ragione Marco, intendevo proprio Aech, ora correggo, grazie. Per quel che riguarda l'impegno... beh, come dicevo questo è un giocattolone, per vedere cose più impegnative bisogna rivolgersi altrove. Come intrattenimento però funziona bene.

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  6. Ho preferito di gran lunga il libro, anche se paradossalmente il film mi ha divertito di più.

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    1. Il libro non sapevo nemmeno esistesse prima di vedere il film, lo ammetto.

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