(di Brian Fee, 2017)
Sembra ormai evidente come quello di Cars sia il brand più debole di casa Pixar, e per debole intendiamo per innovazione e spessore narrativo; probabilmente risulta essere invece uno dei più ragguardevoli per ritorno finanziario, spinta sul merchandising e via discorrendo (ma quante macchinine venderanno in tutto il mondo?). Fortunatamente il terzo capitolo torna ad avere una dimensione accessibile ai bambini più piccoli, dopo il pastrocchio intricato di Cars 2, poco adatto sia per i bimbi che per gli adulti (per motivi ovviamente diversi), con questo ultimo episodio si è ritrovata la consapevolezza che il target ottimale per Saetta McQueen e compagnia bella sia quello dei bambini; si è quindi giustamente imbastita una trama semplice, lineare, non priva di qualche spunto apprezzabile anche dagli adulti ma di facilissima e immediata comprensione per tutti: visto che la saga di Saetta non ci regala tantissimo, che almeno sia godibile per i nostri figli. A confermare quanto appena detto, la scelta anomala della stessa Pixar di uscire nel 2017 con ben due film: Cars 3 nei mesi estivi, mentre il ruolo principe di film del periodo natalizio è stato riservato al ben più riuscito Coco.
Tra le cose che ho apprezzato del film c'è la scelta di tenere un po' in disparte l'esuberante Cricchetto, personaggio a mio parere un poco irritante, per tornare a dare più spazio a Saetta McQueen e a qualche nuovo personaggio, una su tutte la trainer motivazionale Cruz Ramirez. Come avrete intuito dal nome di quest'ultima c'è posto per il politicamente corretto, ormai d'obbligo ovunque tanto da assumere connotati spesso ridicoli, il principale avversario di Saetta in questo film è Jackson Storm che è una modernissima automobilina nera (o di colore?), non ho fatto caso se ci fosse anche qualche automobilina di fede ebraica, magari con una menorah dipinta sulla fiancata o con una kippah calata sul tettuccio... spunti buoni per un eventuale Cars 4. Invece noi italiani, facendoci del male da soli, continuiamo a doppiare con l'uso di accenti e dialetti vari, pratica che non si sa bene in quale mente bacata trovi terreno fertile e per quale ragione possa ancora sembrare divertente, tra i doppiatori da segnalare anche la presenza di Sebastian Vettel.
Come dicevamo, almeno la scelta della trama si può considerare un passo avanti rispetto al precedente Cars 2. Nel mondo delle corse iniziano a comparire auto di ultima generazione: software, tecnologie avanzate, velocità inarrivabili. Tra queste spicca Jackson Storm che al suo esordio riesce ad aggiudicarsi addirittura la Piston Cup facendo finire Saetta McQueen nelle retrovie. In seguito a un'incidente particolarmente spettacolare lo stesso Saetta cade in una sorta di depressione, scavalcato dalle nuove leve e privato della fiducia in sé stesso. Per ritrovarla dovrà affidarsi alle cure di Cruz Ramirez, trainer motivazionale alle dipendenze del Signor Sterling, nuovo proprietario della Rust-eze. Quest'ultimo si dichiara un fan di McQueen ma nelle sue mire in realtà c'è solo il lauto guadagno che l'ormai vecchia gloria può portare in termini di pubblicità e merchandising (un po' come accade con Cars per i tipi della Pixar, non male questo cortocircuito). Saetta invece, stimolato anche dall'amica Sally, vuole provare ancora una volta la scalata alla Piston Cup; superate le prime diffidenze, sarà proprio insieme alla giovane Cruz Ramirez che Saetta lancerà l'attacco al tronfio Jackson Storm, ma...
Si torna a guardare al primo capitolo, celebrando ancora una volta il compianto Doc Hudson (che aveva la voce di Paul Newman) e introducendo addirittura Smokey, l'allenatore del vecchio Doc. Interessante lo spunto sul passare del tempo e sul passaggio del testimone che ogni sportivo (ma non solo) dovrà prima o poi affrontare nei confronti delle nuove generazioni. Questo è probabilmente l'aspetto che più di ogni altro può accattivare il pubblico adulto con una tematica con la quale tutti prima o poi ci troviamo a dover fare i conti. Non male lo sviluppo sul finale del film che prende una piega interessante anche se non proprio totalmente inaspettata e che lascia qualche dubbio sul se, o almeno sul come, il brand possa proseguire in futuro. Ma vendere macchinine in fondo è una cosa seria, qualcosa mi lascia pensare che un Cars 4 prima o poi potrebbe anche vedere la luce.
Cars è un brand d'oro per il pubblico a cui è rivolto, quello dei bambini, che appunto comprano un sacco di macchinine (quante ne ho comprate a mio nipote!).
RispondiEliminaConcordo, è un brand deboluccio dal punto di vista della narrazione e Cars 2 è un vero e proprio pastrocchio. Almeno Cars 3 ha il merito di riportare la saga nei binari del primo capitolo.
L'unico punto di forza è il fatto che riesca a trasmettere bene la debolezza di chi ha perso il titolo di pilota più veloce sulla pista. Anche se forse la parte finale (Saetta che lascia il testimone a Ramirez) è fatta un po' troppo velocemente (proprio perché un altro momento 'critico' per il pilota è proprio quello del ritiro).
D'altro canto tu stesso hai rilevato che il passaggio del testimone, sportivo e non solo, è la cosa più accattivante.
Sì, concordo, qualche bell'elemento c'è, nulla di che, ma è anche giusto che alcuni prodotti d'animazione guardino principalmente ai bambini e che la saga di Cars se la godano loro più di noi. Peccato la debacle del secondo capitolo inadatto anche a loro.
EliminaConcordo, onestamente non avevo pensato al parallelo con Rocky ma in effetti ci sta tutto :)
RispondiEliminaSe hai letto la mia recensione saprai che la penso allo stesso modo, e tuttavia un Cars 4 sarebbe per me troppo ;)
RispondiEliminaArriverà, arriverà... :)
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