martedì 20 maggio 2025

LES PARAPLUIS DE CHERBOURG

(di Jacques Demy, 1964)

Nel 1964 il regista francese Jacques Demy arriva al suo quarto lungometraggio con Les parapluis de Cherbourg, film che diede popolarità duratura al suo autore e che ottenne anche la Palma d’oro al Festival di Cannes del ‘64. Ancora oggi la visione de Les parapluies de Cherbourg rimane un’esperienza quantomeno originale; il film poggia infatti su un impianto da musical (è completamente cantato dall’inizio alla fine) ma non presenta le classiche coreografie tipiche del genere né numeri misti di ballo e canto, tutti i protagonisti si limitano semplicemente a recitare le loro battute cantandole, scelta artistica che dona un tocco inusuale alla pellicola e a tutto l’impianto recitativo immerso in quella che a conti fatti è una storia d’amore come ce ne sono tante, graziata dalla presenza di una giovanissima e deliziosa Catherine Deneuve e dal nostro Nino Castelnuovo (per chi non lo conoscesse è quel bell’uomo che ha saltato per anni la staccionata negli spot pubblicitari dell’olio Cuore ma che ha recitato anche in capi d’opera della storia del cinema come Rocco e i suoi fratelli, tanto per dirne una). Quello che lo spettatore deve aspettarsi dal film è una storia romantica, sofferta, candida e pulita giocata sula ripartizione di più momenti e di tre fasi: la partenza, l’assenza e il ritorno. Le scelte cromatiche e quelle di scenografia sembrano sospendere la storia di Les parapluis de Cherbourg in una sorta di limbo che sta a metà strada tra realtà e racconto finzionale, tra verità e fiaba, impressione dettata dal contrasto tra le riprese in esterno a Cherbourg (oggi Cherbourg-Octeville in Normandia) e quelle in interno caratterizzate da arredi, colori, tappezzerie a tinte pastello che forse mai si troverebbero (o si sarebbero trovate) tra le mura di una casa o di un negozio reale.



Les parapluis de Cherbourg è un negozio che vende ombrelli per lo più dai toni molto vivaci (ma non manca il nero per i signori seriosi) gestito da Madame Emery (Anne Vernon); la donna è aiutata da sua figlia Geneviève (Catherine Deneuve), una ragazza molto bella e senza troppi grilli per la testa. La giovane è innamorata di Guy Foucher (Nino Castelnuovo), un bel ragazzo gentile che lavora come meccanico in un’officina della zona. I due si incontrano più volte, sono innamorati ma la madre di Geneviève non approva questa frequentazione; la donna preferirebbe di certo per la figlia un compagno più facoltoso e benestante piuttosto che quel giovane di limitate speranze che ancora vive con la vecchia zia Elise (Mireille Perrey). Un bel giorno (non troppo bello in realtà) l’idillio tra i due giovani viene spezzato da una lettera che richiama Guy alle armi, due anni di servizio militare in Algeria, colonia francese. Durante il periodo d’assenza del ragazzo nella vita di madre e figlia entra Roland Cassard (Marc Michel), un ricco commerciante di preziosi attratto da Geneviève e disposto ad aiutare Madame Emery con le spese del negozio che sembrano farsi sempre più pressanti.


Les parapluis de Cherbourg può fregiarsi di un’originalità non comune per come presenta questo miscuglio di melò e musical, scelta di per sé già poco battuta, rafforzata da una messa in scena coloratissima che Demy impreziosisce con alcune trovate di regia indovinate e sfiziose come quella messa in atto nella sequenza iniziale. Vista sul porto di Cherbourg; la camera in posizione elevata rispetto al terreno ruota verso il basso e riprende l’acciottolato della strada. Inizia a piovere, le persone che passeggiano, ciclisti, ragazze, marinai, aprono i loro ombrelli: rossi, azzurri, bordeaux, blu; prima uno alla volta, poi insieme in fila… e ancora, bianco, giallo, grigio, granata, persone zuppe di pioggia, impermeabili e ancora marinai, rosso, blu, bianco, una famiglia di neri in fila. La camera torna nella posizione iniziale, incomincia la prima parte: le départ. Alla regia di Demy si unisce la partitura musicale vivace e jazzata di Michel Legrand, da lì un cantato pressoché continuo. Il film, sequenza d’apertura a parte, si apre e si chiude con una vista sull’officina in cui lavora Guy, una circolarità che torna anche nel rapporto con Geneviève seppur con valenze ed esiti differenti. Quella tra Geneviève e Guy è una storia d’amore triste, ammantata di nostalgia e di rimpianto, che mette sotto i riflettori il dolore delle storie spezzate, non compiute e non vissute pienamente fino in fondo. A un primo impatto Les parapluis de Cherbourg può sembrare artificioso ma con il passare dei minuti il film permette allo spettatore di mettersi comodo, di godere della visione e di arrivare a soffrire un poco, sotto la neve questa volta, per una amore che avrebbe potuto essere e che invece non è stato, almeno non del tutto. C’è un po’ di vita, c’è un po’ di finzione, c'è...

Nessun commento:

Posta un commento

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...