(di Lenny Abrahamson, 2007)
Nell'Irlanda messa in scena da Lenny Abrahamson non ci sono solo lo splendido verde delle campagne, di un'intensità che solo in Irlanda sembra poter raggiungere, e il blu del cielo attraversato da bianche nuvole in costante movimento, non ci sono solo scorci da cartolina; fa qui capolino anche il grigiore della periferia (letterale e metaforico), ci sono i toni plumbei e i colori del fango. È un'Irlanda vera questa, un po' distante dai puntini rossi in evidenza sulle carte turistiche e dalle principali vie di circolazione. Il paesino in cui è ambientata la storia è un po' una Radiator Spring europea, una cittadina che sembra tagliata fuori da tutto ciò che conta, un posto dove non accade nulla e nel quale sembra che nulla possa mai accadere.
In una piccola e squallida stazione di servizio, dove non si ferma quasi mai nessuno, lavora Josie (Pat Shortt), un uomo con dei lievi disagi di apprendimento, qualche acciacco fisico e una buona dose di difficoltà nel relazionarsi con gli altri. Josie passa le giornate alla stazione di servizio; il proprietario, un vecchio compagno di scuola, gli permette anche di viverci. Le uniche sue uscite sono quelle per andare a bere qualche birra al pub del paese in compagnia dei soliti volti, alcuni apertamente ostili, e qualche scappata al negozio di Carmel (Anne-Marie Duff) per far provviste. Un giorno il signor Gallagher (John Keog), il proprietario, affianca a Josie il quindicenne David (Conor Ryan), figlio della sua compagna, un adolescente dall'aria dello sfigatello, probabilmente seccato dal fatto di dover vivere in un posto dove non c'è mai nulla da fare. Nonostante le differenze tra i due, grazie al buon cuore di Josie, l'amicizia tra uomo e ragazzo inizia a consolidarsi.
Quella di Josie è una figura positiva tratteggiata con dolcezza da un ottimo Pat Shortt, interprete magistrale a me finora sconosciuto. Un emarginato, quello che la società considera un fallito, un disadattato, seppur bonaccione e innocuo. Ciò nonostante Josie ha la forza d'animo di prendere il buono da ogni cosa, di mettere in fila un giorno dietro l'altro con il sorriso sul viso, di inoltrarsi con rinnovato piacere in discussioni sempre uguali a loro stesse, chiacchierate che prevedono banali e laconiche affermazioni alle quali in risposta non si può che opporre un "già", un "vero" o un "proprio così". Josie starebbe anche bene in mezzo alla gente e in una vita a tasso di socialità molto più elevato, è solo che proprio la gente a volte non gliene dà l'occasione.
Garage, premiato ai Festival di Cannes e di Torino, è un film che, prendendosi i suoi tempi e tenendo i suoi (lenti) ritmi, ci racconta di come siamo sempre pronti a mettere da parte qualcuno, spesso in maniera crudele, giustificando a quel modo il nostro crederci migliori perché più integrati, più smart, magari più ricchi, con un lavoro (spesso di merda) più importante o, semplicemente, perché in fondo siamo insoddisfatti ed è bello vedere che c'è chi sta peggio di noi, poco importa se quella sia poi un'anima pura, magari ingenua e sempliciotta, ma sincera. Da un film piccolissimo, girato con un budget ridotto all'osso, si possono trarre tanti insegnamenti in positivo e tante riflessioni in negativo su cui provare a lavorare. Certo, rimane poi sempre valido il detto che un film non può cambiare il mondo, può magari aiutare a far entrare un po' di sale in zucca a qualcuno (ma quel qualcuno sarà probabilmente in sala a guardare l'ultimo cinepanettone dopo aver speso trenta euro tra biglietti, pop-corn e bibite).
Molto bello e molto triste.
RispondiEliminaPurtroppo all'epoca rasentò l'invisibilità nelle sale, tanto che dovetti recuperarlo per vie traverse.
Nonostante i premi ai Festival film come questo rimangono sempre poco visibili, colpa anche di noi spettatori (io per primo) che al cinema andiamo a vedere altro. Purtroppo, lo dico con dispiacere, per la mia famiglia il cinema è caro, c'è poco da fare. Destreggiandomi da anni ormai tra lavori poco pagati e disoccupazione il biglietto per tre è un costo. Ammortizziamo scegliendo i pomeriggi dei giorni sfigati, le domeniche mattina e ovviamente selezionando pochi film. La precedenza ce l'ha sempre mia figlia, quindi cartoni o film adatti ai bimbi, poi c'è la questione spettacolo, quindi Guerre Stellari e cose così. Alla fine si pensa che un film come questo, validissimo, puoi comunque guardarlo a casa e risparmiare qualcosa, pescando dalla tele, acquistando il dvd in offertissima o usando la rete.
EliminaFilm molto bello. Di Abrahamson, se non li hai già visti, recuperati anche Frank e quel capolavoro di Room (a mio parere il miglior film dello scorso anno).
RispondiEliminaUn film che spinge il mio amico Urz addirittura al commento non può che essere definito CA-PO-LA-VO-RO :)
EliminaPer gli altri titoli ho già preso appunti, con i miei tempi...