martedì 17 ottobre 2023

BARBIE

(di Greta Gerwig, 2023)

A qualche mese di distanza dall'uscita in sala di Barbie possiamo finalmente parlare dell'ultima opera di Greta Gerwig (le altre sono Ladybird e Piccole donne più la co-direzione di Nights and weekends) con serenità e senza dover sgomitare tra le centinaia di voci intente a discettare della stessa identica cosa nello stesso momento. L'uscita di Barbie è stata in qualche modo clamorosa, a incassi stellari si sono uniti piccoli fenomeni di costume (la gente che si recava al cinema vestita di rosa), l'immagine della meravigliosa Margot Robbie è stata sovrapposta più e più volte a quella di Barbie stereotipo (la protagonista del film), si è addirittura innescata una competizione virtuosa con il nuovo film di Christopher Nolan (Oppenheimer) distribuito negli Stati Uniti lo stesso giorno del film della Gerwig, creando così una curiosità che con tutta probabilità ha portato in sala a vedere entrambe le opere pubblico che di base era forse interessato a uno solo dei due film; il fenomeno ha anche generato il divertente nomignolo di Barbenheimer, cosa che tutto sommato ha giovato non solo ai film di Nolan e Gerwig ma soprattutto alle sale e all'industria cinematografica tutta, una bella boccata d'ossigeno anche in paesi come l'Italia dove le sale sono in calo e in crisi costante ormai da diverso tempo. Al di là del fenomeno, costruito anche su un buon battage pubblicitario, cosa rimane di questo film di enorme successo? Iniziamo con il dire che Barbie è forse il film meno interessante diretto finora dalla Gerwig a solo, sia Ladybird che Piccole donne mi sono sembrati meglio riusciti e forse portavano anche un apporto più concreto alla causa del femminismo che di questo Barbie risulta essere il nucleo centrale. A conti fatti Barbie è un film abbastanza divertente, ben costruito sul piano visivo, molto scoperto nei suoi intenti, legittimi e condivisibili, ma che rimane anche parecchio in superficie giocandosi come uniche armi quelle dell'ironia e della risata, che vanno molto bene, per carità, ma non inducono a riflessioni profonde fermandosi a una superficie critica e canzonatoria facilmente comprensibile da tutto il pubblico ma che nella realtà va a colpire poco nel profondo dello spettatore.

Barbieland è la terra delle Barbie, tra queste spicca Barbie Stereotipo (Margot Robbie), bellissima, bionda, perfetta, vestita di tutto punto in rosa, tacchi alti, sorriso smagliante, una vera e propria Barbie (che è diventato nel tempo un termine con il suo significato che rispecchia proprio quel modello lì). Ma a Barbieland ci sono moltissime altre Barbie e tutte ricoprono ruoli importanti e fondamentali per la loro società, un vero modello di auto affermazione per queste donne; abbiamo così Barbie Presidente (Issa Rae), la più alta carica di Barbieland, Barbie fisica (Emma Mackey), Barbie diplomatica (Nicola Coughlan) e così via. Tutte queste Barbie vivono in bellissime case rosa e sono super accessoriate: auto, motoscafi, abiti, tutto perfetto. Poi ci sono i Ken, sono diversi ma fanno più o meno tutti la stessa cosa (spiaggia!), sono poco più di dementi accessori agli occhi delle Barbie, uno in particolare (Ryan Gosling) è innamorato di Barbie stereotipo e trova senso alla sua esistenza solo quando visto dagli occhi di lei, Ken vive in funzione dell'interesse che Barbie stereotipo dimostra verso di lui (e questo di solito è parecchio scarso). In questo scenario Barbie stereotipo inizia a comportarsi in modo molto strano, cova pensieri di morte, trova sulle sue cosce perfette tracce di una strana deformità (è cellulite), i suoi piedi perdono addirittura la loro postura eretta e si ritrovano appiattiti. Dopo un consulto con Barbie stramba (Kate McKinnon) Barbie stereotipo scopre che il problema potrebbe nascere a causa della bambina che gioca con lei nel mondo reale; la bambina si chiama Sasha (Ariana Greenblatt) ed è figlia di Gloria (America Ferrera) la quale lavora per la Mattel, la casa produttrice di tanti giocattoli tra i quali la storica linea Barbie. Barbie, accompagnata da Ken, parte così per il mondo reale nella speranza di sistemare le cose che lei ovviamente non vuole che cambino.

La Gerwig e il suo compagno Noah Baumbach (sceneggiatura) giocano con il ribaltamento dei ruoli e non risparmiano nessuna critica al patriarcato imperante, lo fanno per tutta la durata del film ma sempre con un tono ilare e scherzoso che non permette grandi affondi. Se questa scelta risulta complice di un discorso che rimane sempre e solo in superficie, c'è anche da dire che per le mani la Gerwig si trova pur sempre il fortissimo brand commerciale di Barbie, un marchio che avrebbe potuto portare in sala anche un pubblico molto giovane, il risultato finale potrebbe quindi essere stato dettato anche da una sorta di compromesso, gestito in maniera comunque intelligente, per accontentare un po' tutti. Ci sono passaggi molto riusciti nel film, lampante l'azione di ribaltamento uomini/donne con l'arrivo di Ken nel mondo reale nel quale il bel manzo si accorge di poter essere più di quel che finora è stato (spiaggia!), una figurina in funzione unica del mondo femminile, apre gli occhi e comprende di essere stato sempre trattato in maniera ingiusta. Come si è detto da più parti il discorso vale anche come metafora dello sfruttamento della figura femminile nel mondo dello spettacolo che ha faticato, e ancora in parte fatica, a ritagliarsi il giusto ruolo da protagonista. Tanta (troppa?) carne al fuoco con accenni di critica al capitalismo ormai incontenibile (fatti però sbandierando il nome Mattel a destra e a manca) e ai modelli elargiti da Barbie, sia quelli positivi (puoi essere chi vuoi) sia quelli negativi (però se sei anche figa è meglio), a tratti si fa fatica a capire se gli autori vogliano riportare tutto il loro discorso alla prepotenza e all'ingiustizia del patriarcato o se vogliano elargire affondi qua e là anche su altro. Sul piano del primo livello di lettura, quello che potrebbe far presa sui bambini tanto per intenderci, abbiamo una sceneggiatura molto lineare e semplice che approfondisce poco i personaggi secondari che avrebbero potuto avere molto da dire, in special modo la figura molto (troppo) marginale di Sasha. I passaggi divertenti non mancano, Barbie risulta però essere un film più innocuo di come tante voci lo avevano dipinto, i temi ci sono ma, insomma, poco ci lasciano, non resta che guardare anche Oppenheimer e vedere se qualcuno è riuscito a vincere questa amichevole battaglia.

4 commenti:

  1. Il grande difetto di questo film è di essere troppo didascalico, ma comunque è stato uno dei miei preferiti quest'anno, non tanto per la sua natura "femminista", quando per il modo intelligente in cui è stato sfruttato il personaggio di Ken proprio per mettere in guardia dall'estremizzazione del femminismo stesso.

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    1. Parecchio didascalico, comunque divertente nel complesso, diverse risate me le ha strappate.

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  2. Alla fine mi è piaciuto e mi ha divertito molto... ma mi chiedo come si possa avere più di 25 anni e andare in brodo di giuggiole per sta roba 😅

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    1. Anche a me è piaciuto, divertente tutto sommato, diciamo però che lo abbiamo già tranquillamente archiviato.

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