venerdì 24 novembre 2023

CITY HALL

(di Frederick Wiseman, 2020)

In queste settimane in cui stiamo esplorando il "cinema del sociale" parlando di diversi lavori del regista inglese Ken Loach, non stona la presenza di questo City Hall di Frederick Wiseman, bostoniano di nascita e da sempre dedito all'arte del documentario tanto da esserne considerato oggi il suo maggior esponente. Nato negli anni 30, Wiseman ha alle spalle una carriera infinita e ricca di considerazione e riconoscimenti, City Hall per esempio è stato votato come miglior film del 2020 dai rinomati Cahiers du Cinéma, la più prestigiosa rivista di critica cinematografica francese sulla quale scrissero nomi come Truffaut, Tavernier, Rivette, Rohmer, Chabrol, Assayas, Carax e altri ancora. Eppure a prima vista il cinema di Loach e quello di Wiseman sembrano essere agli antipodi: il primo schieratissimo, politico in tutto ciò che gira e racconta, tanto da meritarsi il nomignolo di "Ken il rosso", il secondo (all'apparenza) neutrale e laterale alle materie che illustra e scandaglia, un narratore super partes che mai tenta di far pesare il suo giudizio o di manipolare e indirizzare i suoi spettatori. City Hall invece odora di film politico; nella struttura segue il modello che Wiseman ha in passato già adottato per ottimi documentari, film appassionanti come Ex-Libris o In Jackson Heights, narrando però la vita e le iniziative dell'organizzazione comunale di Boston, guidata dal sindaco democratico Marty Walsh (ora Ministro del Lavoro), Wiseman tratteggia una gestione politica in netta contrapposizione all'America trumpiana di quel periodo, pur non esponendosi e non emettendo mai apertamente giudizi e pareri (Wiseman non compare mai nel documentario, non intervista mai nessuno) il regista qui firma indubbiamente un film dal chiaro orientamento politico.

City Hall ricorda per molti versi ciò che il regista ha già fatto in passato in Ex-Libris mettendo al centro della sua narrazione un'istituzione e il suo funzionamento, il suo impatto sul territorio e la sua volontà di influire in maniera positiva sulla vita della gente che ruota intorno ai servizi messi in campo dall'istituzione stessa. In Ex-Libris era il sistema bibliotecario di New York, in City Hall più semplicemente viene illustrato il grande lavoro svolto dal Comune di una città importante (ma non così enorme se rimaniamo all'interno dell'area comunale) come Boston. Una differenza tra i due documentari (e anche tra City Hall e altri) però c'è ed è evidente: se in altre occasioni era difficile individuare un protagonista, una voce che svettava sulle altre, qui invece questa voce indubbiamente c'è e porta il timbro di quella del Sindaco Marty Walsh che viene fuori da queste quattro ore e mezza di girato come un uomo e un politico sinceramente partecipe e impegnato nel risolvere il maggior numero di problemi possibili che coinvolgono la popolazione di Boston, uno che si spende e va per strada, dalle associazioni, alle riunioni (non solo quelle istituzionali) e in tutte quelle manifestazioni dove è possibile far sentire la propria voce in maniera diretta, dove parlare con la gente e promuovere un'idea d'impegno civile e vita condivisa al fine di andare in una direzione magari non in tutto perfetta ma capace di migliorare nella pratica le condizioni di vita di molti. Figlio di immigrati irlandesi, ex alcolista, ex malato di cancro Walsh, insieme al suo staff, uno dei più multiculturali del Paese, porterà Boston ad avere uno dei tassi di disoccupazione più bassi di sempre e a costruire una città modello per l'intero Paese nonostante la politica avversa perseguita a Washington.

Non c'è solo il Sindaco in City Hall, Wiseman ci porta all'interno delle stanze decisionali, dove commissioni e organizzazioni discutono su come far funzionare al meglio servizi e iniziative volte a proteggere i cittadini dal fenomeno degli sfratti da parte dei grandi e piccoli proprietari, a rendere la ricchezza economica dell'area di Boston alla portata delle minoranze e dei vari ceppi di popolazione, a fornire servizi e spazi per comunità come quella dei veterani di guerra o come quella dei senza tetto. Si discute così sull'opportunità di ampliare i posti in alcune scuole dall'ottimo funzionamento, di come attività quali la rivendita di cannabis possano portare vantaggi o disagi agli abitanti dei quartieri più poveri, e ancora integrazione, parità dei salari, possibilità di lavoro per i piccoli imprenditori e così via. Le parti "parlate" sono inframmezzate da scorci su Boston, sulla sua architettura, sui suoi luoghi e i suoi mestieri: vigili del fuoco all'opera, operai stradali, raccolta dei rifiuti, polizia metropolitana, controllori del traffico. Torna ancora una volta la passione di Wiseman per il funzionamento delle istituzioni all'interno delle quali il regista ci accompagna come un Virgilio muto e invisibile ma questa volta ben consapevole di portarci in una direzione ben precisa.

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