martedì 13 agosto 2024

CATTIVE ACQUE

(Dark waters di Todd Haynes, 2015)

È possibile che a qualcuno il cinema d'inchiesta (o di denuncia) riporti alla mente opere verbose, temi noiosi, film didascalici; questo genere cinematografico invece, quando ben gestito, è capace di produrre opere avvincenti, spesso giuste e auspicabili, che poco hanno da invidiare per costruzione e coinvolgimento a film provenienti da lidi diversi. In fondo sono molti i registi di talento a essersi confrontati con questo filone e ad aver prodotto pellicole che oggi tutti ricordano, approfondimenti e narrazioni su vicende che toccano sia l'ambito politico che quello che usualmente mette in contrasto l'interesse economico privato e il benessere o la salute (o entrambi) del cittadino comune. Per fare qualche esempio pensiamo solo a Michael Mann e al suo Insider - Dietro la verità (industria del tabacco) o all'Erin Brockovich - Forte come la verità di Steven Soderbergh (contaminazione delle falde acquifere), a Gus Van Sant e al suo Promised land (forse un filo meno riuscito di altri, sulla fratturazione del terreno), a Tutti gli uomini del Presidente di Alan J. Pakula (sullo scandalo Watergate), in maniera un poco più laterale anche all'ottimo Zodiac di David Fincher (sul killer dello zodiaco). Gli esempi non mancano e si potrebbe andare a ritroso fino a pescare nel cinema della Hollywood classica e allungare l'elenco a dismisura; nel 2015 anche Todd Haynes si aggiunge all'elenco con questo Cattive acque, un film che magari non ci si aspettava dal regista di Velvet Goldmine e Io non sono qui ma che si rivela ben riuscito sotto ogni punto di vista e che a fine visione non mancherà di farvi fare un bel controllino nelle vostre cucine.

Robert Bilott (Mark Ruffalo) è un avvocato di un prestigioso studio di Cincinnati in Ohio di cui è da poco divenuto socio; lo studio si occupa in prevalenza di offrire consulenze e difese per le grandi industrie chimiche della zona. Un giorno in ufficio si presenta Wilbur Tennant (Bill Camp), un allevatore amico della nonna di Bilott che è originario del West Virginia, l'uomo chiede a Bilott una mano per uno strano caso di moria di vacche che sta decimando il suo bestiame, una moria a suo dire causata dalle attività della DuPont, un'azienda chimica della zona. In forte imbarazzo, visto che di solito le aziende chimiche le difende, l'avvocato, dopo aver parlato con la nonna, si convince a visitare la terra dei Tennant dove in effetti riscontra negli animali grosse anomali che vanno da organi enormemente ingrossati, dentature marce e tumori diffusi. Per avere informazioni su ciò che la DuPont sta scaricando nelle acque della zona Bilott chiede prima informazioni a uno dei legali della DuPont, Phil Donnelly (Victor Garber) per poi intentare una piccola causa volta ad ottenere dei chiarimenti. Con il passare del tempo l'affare si ingrossa e i rischi per Bilott aumentano dovendo fronteggiare alcune lamentele da parte dei vertici dello studio (Tim Robbins) e la paura della moglie Sarah (Anne Hathaway) che teme prima per la situazione economica familiare e poi per la salute del marito. La battaglia sarà dura e ci vorranno anni di sofferenza e sacrifici per vedere uscire dalla vicenda qualcosa di buono.

Cattive acque è, come sempre è il cinema d'inchiesta, basato su una storia vera, quella della causa che portò alla luce le malefatte della DuPont e alla consapevolezza della nocività di PFOA e PFOS, sostanze potenzialmente cancerogene contenute anche nei processi di produzione del Teflon, materiale usato per realizzare le coperture antiaderenti di pentolame vario. Haynes si adatta a ciò che il genere richiede e confeziona un film preciso ed esplicativo della vicenda; ciò nonostante il regista losangelino è bravo a connotare Cattive acque con una personalità estetica ben definita grazie al lavoro sulle cromie plumbee e alla fotografia di Lachman. Sul piano drammaturgico Haynes centra non solo il punto focale ben noto dell'avidità capitalista di aziende che non si fanno scrupoli a speculare sulla morte dei loro concittadini, ma anche il contrasto tra rischi per la salute e paura di perdere il lavoro (pensiamo alle nostrane vicende legate all'Ilva di Taranto) che qui  provocano astio nei confronti dell'avvocato e di chi promuove la causa nei confronti della maggior fonte di reddito della zona. Dilemmi che a cascata influiscono sul nucleo familiare, anche quello dello stesso protagonista, messo in scena da un Ruffalo di timida perfezione, una famiglia che si deve fare fondamento per movimenti più grandi, condivisi ed eticamente alti ma, si sa, il sacrificio è sempre difficile e spesso è pura sofferenza. Ruffalo è sostenuto da un ottimo cast di contorno: si ammira con piacere il personaggio duale di Tim Robbins, attore sempre di livello così come dona un maggior tono drammatico anche la presenza di Anne Hathaway nei panni della moglie Sarah; Haynes si sforza di non uscire dai binari e confeziona una prova lontana da esiti suoi più mossi (Io non sono qui ad esempio) e a parer di chi scrive anche meglio riuscita, un film che forse non in molti si sarebbero aspettati da questo regista. Ottima prova, l'ennesima di un tipo di cinema da sostenere e se possibile diffondere.

2 commenti:

  1. Più interessante la storia che il film, un film comunque abbastanza riuscito.

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    1. È un genere che a me piace parecchio, film riuscito anche per me.

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