(di Joseph Kosinski, 2022)
Top Gun: Maverick è un film che punta tutto sulla nostalgia di una (o più) generazione/i e costruisce la narrazione sul richiamo, sul ritorno di un brand riconoscibile prima ancora che su quello del personaggio, dell'attore nel ruolo specifico, degli abiti caratterizzanti, dell'accessorio e di tutto il contorno indimenticabile che in qualche modo, per qualcuno più, per qualcuno meno, ha comunque segnato un'epoca (o almeno un decennio) e non solo al cinema. Bastano tre minuti allo spettatore per essere catapultato indietro nel tempo fino a quel 1986 in cui Tom Cruise entrò per la prima volta nei panni di Pete "Maverick" Mitchell. Poche note, circa cinque secondi mentre iniziano a passare sullo schermo le stelle della Paramount, e il primo sorriso si stampa sulla faccia di tutti quegli spettatori che hanno ancora in testa (e magari nel cuore) il Top Gun della loro gioventù, poi il logo del film, due righe di introduzione e finalmente le prime immagini: i caccia ripresi ad altezza carrello, il miraggio provocato dal calore sulla superficie delle portaerei, le indicazioni del personale di terra, lo stacco sulla torre di controllo, il via libera e il primo aereo in decollo con il passaggio dai "Main titles" all'immortale "Danger Zone" di Kenny Loggins, e ancora gli atterraggi, i ganci sui cavi di frenata, tutte cose che ci sembra di conoscere molto bene. L'incipit di questo Maverick è un grosso abbraccio allo spettatore, come quello a un amico che non si vede da tanto (troppo) tempo. Qui sta il succo di un'operazione che ricalca ciò che fece Tony Scott nel primo episodio ma che non manca di divertire per l'intera sua durata grazie anche a una realizzazione alla quale davvero poco si può eccepire.Sono passati molti anni da quando Pete "Maverick" Mitchell prese il brevetto di Top Gun rivaleggiando con il nemico/amico Iceman (Val Kilmer) e piangendo la morte del compagno di volo Goose. Oggi Maverick è un pilota collaudatore il cui programma è messo a rischio dalla volontà del contrammiraglio Chester Cane (Ed Harris), deciso a convogliare i fondi della Marina verso progetti basati sull'utilizzo dei droni. Nonostante le indubbie capacità di Maverick, ora capitano, il pilota non è mai riuscito a fare carriera nelle gerarchie della Marina causa il suo carattere poco incline al seguire gli ordini; a dirla tutta Pete non è mai stato buttato fuori dal corpo solo grazie all'amico Iceman, ora ammiraglio e comandante della Flotta del Pacifico, che gli ha sempre coperto le spalle. Dopo l'ennesimo colpo di testa Maverick viene "messo a terra" e mandato nuovamente al Top Gun in qualità di istruttore piloti, tra i suoi alunni si dovrà scegliere un team capace di portare a termine quella che a tutti gli effetti sembra una "mission impossible" in territorio straniero. La situazione è complicata dalla presenza nel gruppo piloti di Bradley "Rooster" Bradshaw (Miles Teller), il figlio di Goose verso il quale Maverick coltiva più di un senso di colpa e grandi difficoltà nel dover decidere se mettere a repentaglio la sua vita. Il destino saprà come muovere le sue pedine e come giocare con i legami tra i componenti di questa nuova squadriglia di piloti.
Per chi ha vissuto gli anni del primo Top Gun questo Top Gun: Maverick è capace di toccare le corde giuste e riportare in superficie ricordi ed emozioni come se non fossero passati quasi trentacinque anni da quel primo episodio. "It's time to let go"; è con queste parole, scritte su un computer da un Iceman ormai malato e non più in grado di fare grandi discorsi, che il peso degli anni sembra calare sulle spalle di Maverick, su quelle di Tom Cruise e sì, anche un po' su quelle dello spettatore. È un momento molto commovente, un punto fermo messo sul tempo che passa, una presa di coscienza (che Maverick ancora una volta non ascolterà) sul fatto che è ora di smettere, passare ad altro, l'età non consentirà più di continuare per molto (a volare, a farsi gli stunt da solo, ad ammirare gli eroi di un tempo su uno schermo), è un segnale di maturità che è anche il punto di forza di un film che se negli schemi ricalca il mito, nei personaggi affronta processi di crescita, di colpa, di redenzione che fanno apprezzare in misura ancor maggiore la narrazione, al netto di un impianto spettacolare comunque pienamente riuscito. Per quel che riguarda i richiami al passato ci sono le corse in moto in sfida all'aereo, i caratteri pieni di sé dei giovani piloti, lo spirito di squadra anche al costo del sacrificio, le smargiassate, "Great balls of fire", gli occhiali a specchio e il giubbotto di pelle, la love story, ben inserita, con la new entry Jennifer Connelly mai meno che splendida, il sole che cala e poi c'è quell'uomo cresciuto che non sa come smettere, come mettersi da parte e che risponde all'amico di sempre al suo "it's time to let go", con gli occhi lucidi, con un sofferente "don't know how". In fondo, in coerenza agli intenti, il film di Kosinski è fatto di una programmatica perfezione, ottimo il cast nel quale spicca un Miles Teller che sembra sul serio il figlio di Anthony Edwards, sequenze dinamiche riuscite grazie a effetti speciali dove il digitale, se c'è, non si vede e ritmo calibrato al millimetro. Un blockbuster, permettetemi il gioco di parole, dove si vola alto. Tom Cruise sembra non invecchiare mai.
Faccio una brutta figura se dico di non aver mai visto per intero il primo...? 🙈😅
RispondiEliminaBeh, si 😂😂😂
EliminaOperazione nostalgia o comunque sia, un film riuscito.
RispondiEliminaSe la sono studiata molto bene!
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