mercoledì 13 novembre 2013

CACAO

(Cacau di Jorge Amado, 1933)

Lotta di classe. Un concetto denso di significato, di storia e di vita. Un concetto che oggi si è purtroppo tramutato in guerra dei poveri. E' così, non c'è niente da fare, lo vedo tutti i santi giorni. Tutti i maledetti e schifosissimi giorni che Dio manda in Terra è la stessa storia. La guerra dei poveri.

Che ci siano i profittatori, gli sfruttati, chi sta meglio e chi sta peggio è una storia vecchia come il mondo probabilmente. Ma che non ci siano più guide valide, solidarietà e comprensione tra simili è una cosa davvero triste ed è una cosa che, nel nostro piccolo ovviamente, ci condanna. Ci condanna alla guerra dei poveri.

"Perché non hai ammazzato Colodino? Perché gli volevi bene?"
"Mi piaceva, Colodino... Non l'ho preso perché era affittato come noi. Uccidere un
coronel va bene, ma uno che lavora non lo ammazzo. Non sono un traditore..."
Solo parecchio tempo dopo ho saputo che il gesto di Honorio non si chiamava generosità. Aveva un nome più bello: Coscienza di Classe.


Perché se siamo i primi a venderci e a non fare la cosa giusta, allora che cosa siamo?

Forse tutto ciò è ingenuo, sorpassato, sicuramente utopico. Questo è il pregio più grande del romanzo breve Cacao. Quello di far riflettere e riportare alla mente bisogni ormai persi, sostituiti da brutta televisione, nuovi telefonini e social network alienanti.

Tolte le riflessioni che smuove, Cacao non è un romanzo eccezionale, non secondo i miei canoni almeno. In genere non sono un grande fan della letteratura di origine latina, preferisco altro. La storia in parte autobiografica di Jorge Amado non si può definire avvincente o emozionante, è però un romanzo giusto, un romanzo proletario come voleva essere nelle intenzioni di un autore che muoveva i primi passi nel mondo della scrittura, siamo nel 1933 e questo per Jorge Amado è il secondo romanzo.

Il protagonista senza nome del racconto proviene da una famiglia agiata caduta in disgrazia, originaria del Sergipe, Nord-Est del Brasile. Finirà a lavorare nelle piantagioni di cacao del coronel Mané Frajelo (Manuel Flagello) insieme ad altri affittati che diverranno suoi fratelli come l'ex assassino Honorio, il carpentiere Colodino e il mulatto Joao Grilo.

La vita nelle piantagioni, la fatica e le piaghe, il rapporto con le donne, i momenti di riposo nel paese di Pirangi, le prostitute di Rua Da Lama, ma soprattutto l'umiliazione e lo sfruttamento. Una vaga speranza sullo sfondo, una nuova coscienza in nuce.

Vale la pena di leggerlo Cacao, per ritrovare (o cercare di) un qualcosa che sembra oggi irrimediabilmente perso.

Jorge Amado

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