sabato 30 aprile 2016

IL GIARDINO DELLE VERGINI SUICIDE

(The virgin suicides di Sofia Coppola, 1999)

E così abbiamo cominciato a capire un po' delle loro vite, scoprivamo memorie ed esperienze a noi sconosciute, sentivamo come sia imprigionante la condizione di ragazza, come rendeva la mente più attiva e sognatrice e come alla fine si faceva a capire quali colori andassero bene insieme. Scoprimmo che in realtà le ragazze erano donne travestite, che capivano l'amore e la morte, e il nostro compito altro non era che fare quel chiasso che sembrava affascinarle tanto, capimmo che sapevano tutto di noi e che noi non potevamo comprenderle affatto.

È incredibile come un film che fin dal suo titolo dichiari di trattare l'argomento morte sia così vitale, vivo, pieno di vita e di voglia di vivere. Certo, la frase risulta eccessivamente ridondante ma rende bene l'idea di un sentimento che non è mai straripante, debordante e neanche esteriorizzato dalle protagoniste, se non dalla Lux di Kristen Dunst, ma che sempre è ben presente fino al tragico epilogo del film. Perché in fondo questo film che parla di morte racconta la vita di cinque sorelle che vogliono solo vivere e quella vita assaporarla almeno un po'.

Siamo nel 1974, sobborghi di Detroit. In una di quelle villette a due piani con il pezzetto di prato sul davanti tipiche della provincia americana, abita la famiglia Lisbon. I genitori sono due tipi all'apparenza insignificanti, un professore un po' noioso (James Woods) e una casalinga bigotta con la fissa della religione (Kathleen Turner). Le loro figlie però sono tutte belle ragazze baciate da quella bellezza garantita dalla giovinezza, in bilico tra pura innocenza e spavalda provocazione. Cecilia (Hanna Rose Hall) ha tredici anni, Lux quattordici, Bonnie (Chelse Swain) quindici, Mary (A. J. Cook) sedici e Therese (Leslie Hayman) diciassette. Il film si apre con il tentativo di suicidio della minore delle cinque sorelle.

- Non hai ancora l'età per capire quanto diventi complicata la vita.
- Evidentemente lei dottore non è mai stato una ragazzina di tredici anni.



Grande esordio nel lungo per Sofia Coppola che dimostra di non essere solo figlia di cotanto padre (impressione poi confermata anche in seguito), la regista di concerto con tutto il cast riesce a trasmettere un'atmosfera di ovattato straniamento attorno a cinque esistenze adolescenti ingabbiate da una routine familiare opprimente, molto attenta alla forma e alla mania religiosa e poco a esigenze e sentimenti di quelle che sono età delicate. Interessante vedere per ogni sorella la reazione differente all'isolamento dettato dai genitori e il loro modo di rapportarsi con gli altri (i maschi in particolare) nelle occasioni scolastiche. Centrale sarà la parte giocata dal fighetto di turno, Trip Fontaine (Josh Hartnett/Michael Paré), invaghitosi della più provocante delle sorelle, Lux Lisbon.

Spesso molto toccante il ruolo giocato dal gruppetto di ragazzi della zona affascinati dalle cinque bionde ai quali tocca il compito di voce narrante della vicenda, mai pesante o fastidiosa, anzi capace di regalare stralci di pensieri profondi e commoventi (vedi intro del post). E se gli adulti sembrano non avere strumenti per capire i disagi di queste ragazze, sono proprio i loro coetanei maschi, seppur indietro in maturità come sempre accade tra maschi e femmine, ad arrivare più vicini al sentire delle sorelle Lisbon. Il giardino delle vergini suicide è uno di quei film nati per diventare piccoli cult, un film graziato anche dalla delicata e azzeccatissima colonna sonora degli Air che sottolinea gli intensi passaggi di una vicenda difficile da dimenticare.

10 commenti:

  1. Devo dire che all'epoca lo guardai carico di tutti i pregiudizi che si possono avere di fronte al lavoro del "solito figlio d'arte", poi, come fai notare anche tu, mi sono trovato ad ammirare una piccola perla di cinema. Bella recensione Firma.

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    1. Grazie Massimiliano, comunque sì, la Coppola, papà o non papà, ha dimostrato di avere una sensibilità e una visione tutta sua, io avevo apprezzato molto anche il suo Lost in translation, diverso da questo ma molto molto bello.

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  2. Questo film è POESIA *__* Melancolia, struggimento, ma anche gioia e luce, supportati da musiche perfette e da colori ovattati, che quasi non devono disturbarci. Le protagoniste indiscusse sono le sorelle, piccole stelle nel grigiume generale e nell'opprimente atmosfera famigliare. La madre è terrificante :P
    Per la Coppola stravedo, sempre *__*
    E andrebbe pure letto il romanzo di Jeffrey Eugenides da cui è stato tratto (lo farò)!

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    1. Infatti anche a me solletica l'idea di recuperare il romanzo, per ora mi sono ascoltato la soundtrack degli Air, davvero un buon lavoro il loro.

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  3. Sembra ieri quando lo vidi per la prima volta...

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  4. capolavoro! non quanto "Lost In Translation" solo perchè la coppia ScaJo-Bill Murray ha una chimica ineguagliabile.


    In generale, adoro Sofia Coppola... poetica e melanconia allo stato puro senza però mai cadere nel polpettone melodrammatico!

    o meglio, ho adorato la sua trilogia sulla gioventù inquieta (completata da "Marie Antoniette"), poi si è decisamente persa per strada (Somewhere e Ring Bling... puah!)...

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    1. Le sue ultime cose mi mancano, dovrò approfondire, per quel che ho visto finora però tanto di cappello.

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  5. Non ci sono nemmeno abbastanza parole per dire quanto adori questo film...

    Dico solo: bella rece!

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    1. Grazie Marco, il tuo apprezzamento è sempre apprezzato ;)

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