Qua un pugno di signorotti arricchiti le leggi sino a poco tempo fa se le facevano da soli e certi meccanismi, certe regole, non sono mai cambiati. Si sono solo trasformati. Evoluti. Ogni tanto spunta qualche biondoddio che si riempie la bocca parlando di sviluppo economico e di turismo, ma intanto i turisti - turisti veri intendo, non quegli straccioni attendati che tra uno o due mesi affolleranno questi posti - i loro quattrini vanno a spenderli nel Salento alla moda, a Otranto e Santa Maria di Leuca, perché lì trovano fior di servizi, amministrazioni che hanno saputo investire in eventi culturali vivi e che non li costringono a sopportare la vista di casermoni di cemento incompiuti nel bel mezzo della spiaggia, mentre qua esistono ancora zone dove la gente vive peggio che all'età della pietra, gente che non ha occhi per piangere e che manco se ne rende conto, di quanto gliela stanno mettendo nel culo ogni giorno, da decenni. Qua, esistono i poveri ed esistono i ricchi, punto.
È una terra di frontiera quella del profondo Sud raccontata dallo scrittore Omar Di Monopoli, i suoi inquilini sono gente persa, sconfitta, violenta, svuotata, disumanizzata, sfasata, sfruttatrice e sfruttata, gente con diversi rigurgiti e gorgoglii di umanità residua. È un Salento torrido e abbandonato, fuori mano e lontano dagli occhi del grande pubblico, periferia del mondo dove nemmeno più lo sceriffo passa troppo spesso. Dalle parti di Languore c'è da convertire una vecchia salina in oasi naturale, con tutte le buone intenzioni il giovane sindaco Enrico ci si adopera, in fondo suo padre ha lottato una vita per la questione ecologica. Qualcuno invece vuole mangiarci sopra, come l'ormai anziano maneggione Don Titta; il folle Pietro Lu Sorgi teme di perdere il proprio lercio angolo di mondo e il disilluso Nico, guardia forestale ridotta all'inutilità, ci vede soltanto l'ennesima grande presa per il culo.
Il progetto smuove le cose e i precari equilibri, politici, di malaffare e mentali, in un attimo saltano, dando il via a una catena di eventi terribili in cui ogni personaggio della vicenda, ognuno a modo proprio, trova il suo destino. Di Monopoli descrive la storia, ma soprattutto un territorio, servendosi di una lingua ricca, dando dignità a un'italiano spesso impoverito da scrittori meno attenti e meno inclini alla ricerca, adoperando parole desuete o poco sentite (e lette), creando una mistura altamente vitale di dialetto e idioma nazionale capace di donare all'opera musicalità e ritmo allo stesso tempo. L'attenzione all'aspetto fisico della terra, alla varietà della sua vegetazione, al clima, mi ha ricordato, con i dovuti distinguo, il Suttree di McCarthy, mentre in ambito nostrano alcune soluzioni narrative mi hanno riportato alla mente il miglior Ammaniti spogliato da qualsivoglia deriva grottesca.
In Uomini e cani c'è carne al fuoco per divertirsi con un'ottima lettura, coinvolgente e che adempie al fondamentale compito dell'intrattenimento, ma ce n'è anche per riflettere sulla condizione del nostro Paese, su alcune sue storture ancora oggi troppo spesso sottovalutate se non addirittura tollerate con complice e interessata ignavia.
Splendidi i personaggi, per alcuni si prova da subito simpatia, altri li si odia senza riserve. Impossibile non simpatizzare e preoccuparsi per la bella Milena, mandata anni prima al nord dal padre Sputazza per sfuggire alla violenza insensata, brutale e ignorante dei Minghella, viene naturale sperare in Buba, giovane che ha visto con i propri occhi le peggio cose nei Balcani ma che sembra ancora conservare un'ingenuità del tutto infantile. Poi ci sono i cani, vittime anche quando feroci e brutali, sempre presenti come forse solo in Amores Perros di Iñarrìtu.
Primo di un'ideale trilogia di un'altrettanto ideale frontiera pugliese, Uomini e cani dimostra come la nostra letteratura sia ancora vitale, soprattutto quella un po' più lontana dai grossi nomi sbandierati a destra e a manca.
Omar Di Monopoli |
Iteressante, e alla fin fine molto italiano. O no?
RispondiEliminaMolto, nell'accezione buona del termine s'intende :)
EliminaMi interessa questo libro...;)
RispondiEliminaCiao e buona epifania
Te lo consiglio vivamente, buona epifania anche a te :)
EliminaLieto tu abbia colto lo spirito. E felicissimo dei paragoni. Ti aspetto in primavera col nuovo titolo Adelphi �� (nei progetti ovviamente c'è la ristampa anche di questo romanzo a cui, come puoi immaginare, sono legatissimo!)
RispondiEliminaLo immagino :)
EliminaIntanto il pezzo è uscito anche sull'interessantissima webzine Magazzini Inesistenti (link in alto a destra, buttaci un occhio ;)
Ullallà. Ma io questo libro lo conosco.
RispondiEliminaMi verrebbe quasi da rileggerlo, tanto mi piacque all'epoca, se non fosse che mi manca ancora il terzo e che il nuovo sembra ormai alle porte (primavera? E allora aspettiamo primavera).
Hai capito, il Di Monopoli :)
Bravo il ragazzo, anche a me è piaciuto molto. Mi sembra proprio che il nuovo lo si aspetti per la primavera, io però amo andare in ordine e quindi recupererò prima gli altri :)
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