(Le jeune Ahmed di Jean-Pierre e Luc Dardenne, 2019)
Fin dal loro film d'esordio i fratelli Dardenne hanno imbevuto il loro cinema di questioni sociali; i due registi belga, insieme ad altri esponenti di un certo tipo di cinema tra i quali spicca Ken Loach, offrono delle finestre sul nostro contemporaneo che andrebbero fatte studiare nelle scuole per iniziare a cambiare il mondo partendo dal rispetto e dalla tolleranza, dal loro insegnamento. È un tipo di narrazione antispettacolare quella dei Dardenne, a differenza di quella proposta da Loach che butta cuore e anima per la causa dei suoi personaggi (cause che dovrebbero essere di tutti), l'approccio dei due fratelli sembra meno empatico, più glaciale, distante in misura maggiore e all'apparenza meno di parte, nel cinema dei Dardenne difficilmente c'è giudizio, è presente invece una messa in scena illustrativa che solleva questioni morali, aiuta a porre domande e stimola l'identificazione ora con una realtà, ora con una situazione, senza mai parlare alla pancia dello spettatore. È palese che i Dardenne siano schierati dalla parte del rispetto, dell'equità, dell'importanza nel dare dignità a ogni esistenza, la loro presa di posizione però non viene mai fatta pesare nei loro film, la si deduce dalla scelta di trattare alcuni temi piuttosto che altri, da quella di fare dei film senz'ombra di dubbio impegnati piuttosto che occuparsi di frivolezze, ma il giudizio è sempre libero, mai pilotato da una regia che molto spesso non si muove dai personaggi, tenendoli sempre al centro della scena, lì vicino, senza farli scappare e senza lasciare spazio allo spettatore per distrazioni di sorta.Siamo in Belgio, il giovane Ahmed (Idir Ben Addi), un ragazzo adolescente, sta affrontando un percorso di radicalizzazione nell'approccio alla religione musulmana; in questo sviluppo Ahmed è influenzato in maniera forte e negativa dall'imam estremista della moschea che frequenta. Il contesto sociale in cui si muove Ahmed non è affatto estremista, anzi, la madre del ragazzo (Claire Bodson) è molto preoccupata per lui, vede il figlio adolescente mettere da parte ogni interesse a favore di una dedizione totale alla moschea e alle preghiere, coglie il mutamento intransigente nel giovane che inizia ad accusare la stessa madre perché beve alcol e a contestare i comportamenti e il modo di vestire della sorella. A scuola il ragazzo segue dei corsi per imparare l'arabo, durante le riunioni con l'insegnante (Myriem Akheddiou) sono diverse le famiglie musulmane che si dimostrano molto aperte, disponibili al fatto che i loro figli imparino l'arabo non solo dal Corano ma anche da fonti più frivole come le canzoni per esempio, ma l'imam ha ormai indottrinato Ahmed convincendolo che questi sono comportamenti da apostata. Mal ispirato dal suo imam e da un lontano cugino immolatosi per la causa fondamentalista, Ahmed tenterà di assassinare la sua insegnante venendo in seguito assegnato a un programma di recupero che si svilupperà principalmente a lavoro in una fattoria didattica, qui incontrerà la coetanea Louise (Victoria Bluck) e inizierà un percorso che dovrebbe riportarlo a una concezione più equilibrata di come funzionino i rapporti tra le persone e le cose del mondo.
La camera dei Dardenne segue Ahmed costantemente: riprese agili, movimento costante, camera a mano, sono segni di stile ai quali i due fratelli ci hanno abituato già in film precedenti e che permettono di stabilire una vicinanza tra spettatore e protagonista che nel caso di L'età giovane ci porta a seguire da vicino un percorso che da spettatori non possiamo in alcun modo condividere, si apre quindi una riflessione per cercare di capire i perché di alcune svolte, di alcuni atteggiamenti che non possono che portare a episodi dannosi e che purtroppo fanno parte del complicato mondo nel quale ci troviamo a vivere nei nostri tempi. Come già detto non c'è giudizio nel racconto dei registi, c'è sicuramente speranza, c'è però anche la presa di coscienza di come alcune situazioni si possano facilmente incancrenire, trovare la soluzione a determinate dinamiche non spetta ai registi di film, gli stessi Dardenne hanno dichiarato di non credere al fatto che un film possa cambiare il mondo nonostante proprio il loro film Rosetta contribuì a far varare in Belgio una legge a tutela dei lavoratori più giovani (chiamata proprio legge Rosetta), portare però l'attenzione di pubblico e addetti ai lavori su temi importanti può in alcuni casi contribuire a migliorare in qualche modo tessuto sociale e coscienze, fosse anche solo per una maggior conoscenza e consapevolezza su dinamiche magari a noi estranee. Quello dei Dardenne è il classico cinema "necessario", quello che deve esserci e che dovrebbe essere guardato sempre, coltivato, perché non può far altro che incrementare l'empatia per i comportamenti civili e per ciò che, in un mondo organizzato su di una struttura sociale, dovrebbe essere considerato giusto (e rendere palese ciò che è sbagliato, come in questo caso). Nessuna star in L'età giovane, nessuna scena madre, nessuna spettacolarizzazione, solo ottima narrazione buona a stimolare le teste, se non è indispensabile questo non so proprio cosa possa esserlo.
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