giovedì 28 marzo 2024

ANATOMIA DI UNA CADUTA

(Anatomie d'une chute di Justine Triet, 2023)

In una baita ammantata dalla neve nelle vicinanze di Grenoble vivono Sandra (Sandra Hüller), Samuel (Samuel Theis) e loro figlio Daniel (Milo Machado Graner), un ragazzino di undici anni non vedente accompagnato costantemente dal suo cane guida Snoop (il Border Collie Messi, vincitore del Palm Dog Award... vabbè). Sandra è una scrittrice di un certo successo, accetta di concedere un'intervista in casa sua a Zoe (Camille Rutherford), una giovane studentessa con la quale si instaura un buon feeling; a causa di comportamenti poco urbani da parte di Samuel che continua a tenere in casa la musica a un volume assordante mentre effettua lavori di riparazione in mansarda, Sandra è costretta a congedare Zoe e rimandare l'intervista. Poco tempo dopo questo episodio Daniel inciampa nel corpo del padre; l'uomo è riverso sul terreno davanti la casa privo di vita, probabilmente caduto dalla finestra della mansarda durante i lavori di restauro della casa. Vista la mancanza di testimoni sarà necessario far partire delle indagini per accertare la dinamica dei fatti, sorge un lecito dubbio tra le varie ipotesi di incidente, di suicidio e finanche quella di omicidio perpetrato da Sandra ai danni del compagno. In aiuto della neo vedova arriva l'avvocato Vincent Renzi (Swann Arlaud), da tempo invaghito della donna e suo amico di lunga data. Si arriverà a un inevitabile processo lungo il quale l'anatomia di questa caduta verrà sviscerata in ogni suo aspetto, ma sarà il lato umano della vicenda a tenere banco con un occhio di riguardo alle sofferenze di un incolpevole e afflitto ragazzino che si trova nell'improvvisa condizione di orfano di padre e con una madre sotto processo a difendersi dall'accusa di uxoricidio.

Anatomia di una caduta è stato tra i film "da vedere" dello scorso anno, un Oscar alla sceneggiatura, miglior film straniero ai Golden Globe (la produzione è francese), ben sei premi agli European Film Awards, altri sei ai César, miglior film al British Indipendent Film Award e infine la Palma d'oro a Cannes. Opera quarta della regista francese Justine Triet fino ad ora poco conosciuta in Italia, Anatomia di una caduta nasconde dietro alla struttura del legal movie parecchio altro in una narrazione stratificata nella quale ogni parola ha un suo peso e la risoluzione del dubbio aleggiante (è stata lei o no?) non diventa mai il reale nodo d'interesse di un film che ha molto di più da raccontarci, ha molto di più su cui farci pensare e riflettere rispetto alla mera soluzione di un caso di omicidio (o suicidio o incidente che sia). A dimostrare quanto l'interesse anche degli autori (la Triet insieme al compagno Arthur Harari, regista anche lui) non stia tanto nella risoluzione processuale quanto nei rapporti tra gli attori coinvolti, c'è l'ambiguità della risoluzione finale la quale lascia ampissimi margini di dubbio, soggettività e discussione sul reale svolgimento dei fatti. I temi interessanti, come abbiamo detto, sono altri. Il cuore di Anatomia di una caduta è il rapporto tra Sandra (in presenza) e Samuel (in assenza), due persone che si amavano o che perlomeno si erano amate, che convivevano all'interno di un legame difficile che si nutriva (anche) di rancori, recriminazioni, invidie, momenti soffocanti, frustrazioni e di tutti quegli aspetti negativi che le relazioni a lungo termine spesso (quasi sempre?) si portano dietro. Entrambi scrittori (o aspiranti tali), una di successo, anche grazie a qualche idea di lui, l'altro frustrato e incapace di portare a termine un progetto, forse per favorire e assecondare l'ambizione della compagna dal carattere più deciso del suo. Emerge, delle difficoltà intrinseche a questa unione, un rapporto verso l'esterno obbligato dagli eventi a trovare una verità definitiva. Ma come possono persone estranee a un rapporto a due giudicare brani di conversazioni, pensieri riportati sui libri pubblicati da Sandra, esternazioni nate da momenti estemporanei di rabbia e conflitto, pareri e interpretazioni emersi dalla tempesta emotiva di un bambino che ha perso il padre e rischia di perdere anche la madre? Non si può, eppure si deve, la legge lo richiede. È questo rapporto tra l'inconoscibile e la parola che diventa pubblica l'aspetto più interessante del film della Triet che ricostruisce con dovizia di particolari e tempi lunghi (due ore e mezza di film) l'anatomia di questa caduta mettendo in scena un personaggio femminile non facile e non immediatamente accattivante per il pubblico (ottima la Hüller già apprezzata in Vi presento Toni Erdmann), una donna complessa e mai troppo accomodante verso l'esterno, verso un mondo che la accusa (nei panni dell'avvocato a lei avverso), anche con pregiudizio, senza possedere quegli elementi così necessari per entrare nelle dinamiche di quel rapporto che avrebbe potuto portare all'estremo gesto (che sia questo l'omicidio o il suicidio, le ipotesi restano entrambe valide). Alla fine l'unico a prendere una decisione netta sulla vicenda sarà il piccolo Daniel in un momento intenso, una decisione non dettata dai fatti ma dal cuore e dall'amore, sentimento che poi, per vie traverse e non semplici da seguire, è il nocciolo di tutta la questione.

4 commenti:

  1. Un grandissimo film, mi è piaciuto molto :)

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    1. Film molto ben pensato, ottima struttura e letture interessanti, anche a me è piaciuto parecchio.

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  2. Oggettivamente un grande film, ma... non sono riuscito ad amarlo. E la tanto decantata ambiguità non l'ho avvertita.

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    1. Capisco il tuo punto di vista, secondo me è un film che si apprezza più di testa che non con il cuore o con la pancia; io preferisco i film che si fanno apprezzare in maniera più istintiva e naturale, ciò nonostante gran film.

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