(di Michelangelo Antonioni, 1961)
E' un film cerebrale quello di Antonioni, freddo, che costringe lo spettatore a seguire con attenzione i suoi personaggi, un film che dà molto da pensare su quello che può essere considerato mal di vivere, sul senso di vuoto ma soprattutto sull'erosione dei sentimenti con i quali l'essere vivente (uomo o donna che sia) può facilmente doversi confrontare nel corso della sua vita, specie se questa è inquadrata in una società moderna come la nostra (il film è del '61 ma la situazione non è migliorata da allora, anzi).
E' una coppia benestante ad essere presa in esame nel racconto di una loro giornata, una giornata significativa che si apre con la visita ad un'amico malato e prossimo alla morte ricoverato in un ospedale di una Milano in bilico tra metropoli moderna, asfittica e periferia degradata e umile. Lui è lo scrittore Giovanni Pontano (Marcello Mastroianni) in vista di un nuovo successo, lei sua moglie Lidia (Jeanne Moreau) proveniente da una famiglia agiata. In seguito alle diverse reazioni dei due alla visita in ospedale le strade dei coniugi si separeranno per qualche ora, ore durante le quali Lidia vagherà per una Milano poco conosciuta o semplicemente dimenticata, forse riflettendo, magari annusando un profumo di vita che solo luoghi diversi da quelli battuti quotidianamente possono dare. Ci saranno poi incontri mondani come la presentazione del libro in una nota casa editrice, una triste serata al night e l'invito alla villa dell'industriale Gherardini dove Giovanni avrà modo di conoscere la figlia del padrone di casa, Valentina Gherardini (Monica Vitti).
All'interno della coppia si avverte un senso di distacco e di freddezza, una situazione sentimentale sulla quale Antonioni indaga con onestà poco consolatoria ponendo l'attenzione al dilavamento dei sentimenti che sbiadiscono nella quotidianità. La differente presa di posizione dei due coniugi è un altro elemento interessante del film, se Lidia è capace di una disamina più onesta e sincera di quel che è lo stato delle cose, Giovanni si aggrappa per abitudine o forse codardia a quella che ormai è una pantomima fondata sulla consuetudine. Emblematica la scena finale (che non spoilererò, tranquilli) che offre a questo gelo sentimentale allo stesso tempo conferma e un tentativo riparatore che, vada come vada, non potrà alleviare le sofferenze di nessuno, tantomeno quelle dello spettatore pensante.
Da questo sfascio sentimentale verrà toccata la giovane Valentina, ricca, all'apparenza senza problemi ma anche lei poco felice, felicità che dopo l'incontro con i due coniugi sembrerà un poco più lontana.
Parte centrale di quella che viene definita la trilogia dell'incomunicabilità, La notte arriva dopo L'avventura e precede L'eclissi, probabilmente altri due film meritevoli di una visione, meritevoli come il recupero dell'opera di Antonioni che per il poco che ho potuto vedere (un altro paio di titoli oltre a questo) ha tutt'oggi molte cose da dire.
Film epocale, attori al massimo della forma.
RispondiEliminaE' vero, ottime interpretazioni.
EliminaUn film semplicemente fantastico, i personaggi sono veramente incredibili, ma soprattutto è incredibile come alcune tematiche riescano a essere così attuali!
RispondiEliminaLe tematiche sono universali e quella che era la società del boom non si è più discostata dai binari messi giù in quegli anni ed esplosi poi un paio di decenni dopo con la deriva capitalistica spinta che, nonostante le terribili crisi, impera ancora oggi senza che nessuno si preoccupi dei campanelli d'allarme presenti un po' ovunque. Antonioni ci mostra le conseguenze di un certo tipo di vita, più interiori che altro ma ben correlate al mondo che circonda i personaggi. Ottimo film.
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