martedì 31 maggio 2016

TONY MANERO

(di Pablo Larraìn, 2008)

"Un giorno guardi il crocefisso è tutto quello che vedi è un uomo morente sulla croce".

Ha poco a che fare con la religione la frase pronunciata da Raul Peralta (Alfredo Castro) e da lui rubata al film La febbre del sabato sera. Nonostante il riferimento al Cristo, il discorso qui è più generale, la riflessione del regista Pablo Larrain (che dona assoluto valore al film) è da mettere in relazione alla perdita della speranza, alla mancanza di qualsiasi aspettativa che non sia vuota, che non sia finzione come un idolo inesistente mutuato dal teleschermo.

Così è la vita di Raul, uomo di mezza età che si trascina in un Cile sotto dittatura militare, in un paese dove la vita perde facilmente di valore ci si aggrappa al niente che rimane, anche al mito di Tony Manero e a un concorso farlocco della tv per eleggerne il sosia migliore.

Mostrandoci una frazione della vita del protagonista, lasciando fuori la religione e la politica sullo sfondo, il regista ci racconta l'orrore di un paese sotto scacco. Raul sopravvive esibendosi come ballerino in un locale fatiscente di periferia. Nonostante la non più giovane età, Raul innalza a suo modello il John Travolta de La febbre del sabato sera, film passato a ripetizione nei cinema del 1978. Tra le cose più preziose Raul conserva un abito del tutto simile a quello di Tony Manero, fatica per mettere su un numero che richiami le coreografie del film tarpando anche un po' le ali alla creatività delle giovani leve dell'improvvisata compagnia di ballo del locale.

Il Cile di Pinochet è un paese imprevedibile e violento e il nostro protagonista ne è lo specchio e lo dimostra anche in maniera improvvisa e inaspettata. Ed è un pugno allo stomaco (non solo metaforico) quello che colpisce lo spettatore, perché per la sopravvivenza, anche nei suoi aspetti più inutili e materiali, Raul è disposto a tutto, si dimentica il ballerino male in arnese e si conosce la carogna, quella che non puoi far altro che disprezzare e dalla quale aspettarti di tutto.

E Raul è il paese, attorno a lui grettezza, mancanza di sentimenti e di passioni, squallore, disillusione e violenza. Resta il sogno americano, da guardare da lontano, inarrivabile se non con la pantomima di una vuota e pallida imitazione.


6 commenti:

  1. qualche anno fa era in concorso al Torino Film Festival ,ma purtroppo non sono riuscito a vederlo. Grazie per avermelo fatto ricordare.

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    1. Non solo era in concorso ma vinse l'edizione del TFF come miglior film e Alfredo Castro vinse il premio come miglior attore :)

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  2. Recensione molto bella, si vede che ti è piaciuto.

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    1. Grazie JD, il film effettivamente mi è piaciuto parecchio :)

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  3. Urge recupero :O Passato inosservato, proprio non lo ricordavo! Interessante per il contesto, oltre che per la figura del protagonista che hai tratteggiato così bene.

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    1. Sicuramente non ha avuto il battage pubblicitario delle grandi produzioni, poi il TFF viene spinto meno dei vari festival di Cannes, Venezia o Roma, etc... però il film di Larrain ha vinto il premio per miglior film al Torino Film Festival, qualcosa vorrà pur dire :)

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