C'è da rompersi la testa nel cercare di capire come la carriera da regista di Stanley Donen, iniziata nel 1949 con la direzione di Un giorno a New York, musical tra i più celebri del filone con Gene Kelly e Frank Sinatra protagonisti, sia riuscita ad attraversare gli abissi siderali per approdare ad anni luce di distanza sulla remota luna del pianeta con gli anelli: Saturno 3. Sembra un viaggio inconcepibile, durato 31 anni e che forse nessuno avrebbe mai potuto prevedere e sul quale nessuno avrebbe mai scommesso.
Ma facciamo un passo indietro. Stanley Donen è considerato una sorta di re del musical, non a caso per il suo secondo lungometraggio, Sua altezza si sposa datato 1951, dirige un certo signore che risponde al nome di Fred Astaire. E insomma... Gene Kelly, Frank Sinatra, Fred Astaire, sono artisti che indicano una direzione, segnali che conferiscono un nome, come le targhe alle vie. E quel nome è musical, né più, né meno. Saltiamo un poco più avanti, nemmeno poi di tanto, è nel 1952 che arriva Cantando sotto la pioggia. Voglio dire, Cantando sotto la pioggia. Cantando sotto la pioggia è il musical (ok, ok, ce ne sono anche degli altri ma il discorso non cambia). Ai nomi citati poco sopra possiamo aggiungere Donald O'Connor e Debbie Reynolds, e ancora avanti. Musical, commedia musicale... cosa ancora può venirci in mente? Sette spose per sette fratelli (che con fare gioviale Irvine Welsh trasforma in Sette troie per sette fratelli nel suo romanzo Porno), ancora un caposaldo del genere, ancora Donen. Nel 1957 il regista dirige anche la divina Audrey Hepburn in un'altra commedia musicale al fianco di Fred Astaire: Cenerentola a Parigi. All'appello mancano ancora un paio di nomi grossi, di quelli che anche chi come me apprezza il musical d'altri tempi ma ne fruisce solo all'occasione conosce. Uno è Doris Day, ugola notissima per i frequentatori della commedia in musica, anche lei salta sul carrozzone Donen nel '57 con Il gioco del pigiama. Manca così Ginger Rogers, ma lei no, non compare tra le frequentazioni del regista. Forse non c'e stato più il tempo, la strada di Donen vira infatti verso la commedia più pura fermo restando il ritorno al musical in alcune future occasioni. Per questo nuovo percorso fondamentale sarà il sodalizio con Cary Grant, attore di razza, eleganza allo stato puro, con il quale Donen realizzerà film memorabili come L'erba del vicino è sempre più verde o Sciarada, giusto per citarne un paio. E avanti di questo passo, commedia dopo commedia, fino al 1980, anno in cui esce Saturno 3.
Saturno 3 è un corpo estraneo, una pinza lasciata nelle viscere del paziente al termine dell'operazione, una nota stonata in una carriera altrimenti di una coerenza cristallina. Cosa c'entra Stanley Donen con una fantascienza dal sapore già vecchio al momento dell'uscita in sala? Viene anche da chiedersi cosa c'entri Stanley Donen con Harvey Keitel, con Kirk Douglas o con la seppur bellissima (e bellissima lo era davvero) Farrah Fawcett?
Da quel che si dice sembra che Donen inizialmente dovesse partecipare al progetto come co-produttore, la regia avrebbe dovuto vedere il debutto di John Barry dietro la macchina da presa, il quale però ebbe problemi sul set con Douglas. Stanley, probabilmente con tutta la buona volontà di questo mondo, lo sostituì sentendosi magari anche fuori posto, sporcando un poco quella filmografia per il resto scintillante, come quando sulla tua maglietta preferita si insinua quella macchiolina impercettibile, insignificante ma fastidiosa, che tu sai che è lì e non se ne vuole andare.
Non bisogna giocare a fare Dio, siete grandi e vaccinati e questo ormai dovreste averlo capito. Il Cinema ce l'ha detto in tutte le salse, Saturno 3 lo ribadisce. Non si gioca a fare Dio. Non si possono infilare cervelli sintetici in creature di metallo, non si deve ambire a creare la vita in contesti che Madre Natura non ha previsto. Oppure si può e ne si paga lo scotto. Ed è proprio quello che accade all'arrogante Benson (Harvey Keitel) in seguito alla creazione del robot autocosciente Hector, creatura ibrida che di Benson duplica tutte le caratteristiche negative, riversandole pericolosamente sullo stesso e sui due abitanti della stazione di studio sita su Saturno 3, Adam (Kirk Douglas) e Alex (Farrah Fawcett). Assunto risaputo per un film che uscito dopo Alien e Star Wars non regge il confronto, sfocia in un onesto artigianato e vive, anche troppo, sulla bellezza innegabile della Fawcett la quale gira per la stazione spaziale sempre poco vestita e sulla quale fu incentrata anche la campagna di lancio del film. La visione dello stesso è tutt'altro che indigeribile, però se pensiamo che dietro quella macchina da presa c'era il buon vecchio Stanley...
Ma ora giochiamo e immaginate se Saturno 3 fosse stato un musical, se a un certo punto, così d'improvviso, Harvey si fosse posto alla destra di Farrah, Kirk alla sua sinistra e insieme, in un sincronismo perfetto, avessero improvvisato il più bel tip tap della storia della fantascienza. Alle loro spalle li avrebbe raggiunti e imitati il robotico Hector, in una danza allucinata ma gioiosa fatta di carne e metallo. Questo sarebbe successo in un mondo perfetto e immaginifico o, per tornare al caro vecchio Welsh, in un mondo come si deve. Certo amici miei... ma questo non è un mondo come si deve.
Stanley Donen |
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