martedì 25 ottobre 2016

SAVING MR. BANKS

(di John Lee Hancock, 2013)

Si è detto in più sedi, soprattutto in occasione dei lanci pubblicitari legati al film, di come Saving Mr. Banks narrasse la storia dell'acquisizione dei diritti cinematografici da parte di Walt Disney dei libri di Pamela L. Travers con protagonista la celebre Mary Poppins. Vero, per carità, ma in Saving Mr. Banks c'è molto di più, ci sono retroscena realmente commoventi, a tratti strazianti, che donano nuova luce a Mary Poppins, film che Walt Disney (Tom Hanks) riuscì a portare nelle sale nell'ormai lontano 1964 in seguito all'approvazione della sceneggiatura da parte della stessa autrice (Emma Thompson).

Più che la vicenda dell'acquisizione dei diritti, tra l'altro romanzata e non perfettamente adesa alla realtà dei fatti, quello che emoziona lo spettatore è il rapporto della scrittrice con la sua creatura, i motivi che hanno portato alla creazione di quest'ultima, vicende che affondano dolorosamente le radici nell'infanzia che la Travers trascorse nella natia Australia. Non è dato sapere quanta mistificazione abbia inscenato la macchina hollywoodyana, non tanto nel raccontare il rapporto della Travers con la trasposizione cinematografica di Mary Poppins (il libro è del 1934), quanto nel sottolineare quello della stessa con il padre (Colin Farrell), uomo tanto amorevole nel ruolo di genitore quanto inadatto in quello di membro della società e di marito, afflitto dal vizio dell'alcol e immerso in un mondo fantastico tutto suo, amabile sognatore, uomo poco concreto.

Spesso si accusa il cinema americano rivolto al grande pubblico di giocare troppo sui sentimenti, di essere ricattatorio, patinato e troppo orientato al lieto fine. Saving Mr. Banks gioca indubbiamente sui sentimenti, non lo si può negare, basti guardare la figura inventata dell'autista Ralph (un sempre grande Paul Giamatti) incaricato di scarrozzare la Travers su e giù per Los Angeles. In qualche modo tende anche al lieto fine ed è inserito in una confezione ultrapatinata e perfetta, tanto da sembrare finta o volutamente finzionale, proprio come l'idea di città ideale che ossessionò la mente di Walt Disney nei decenni precedenti e che, inseguendo una visione utopica di felicità e perfezione, si sarebbe concretamente tradotta in Disneyland.


A volte però anche un progetto con tali caratteristiche, forse anche incline a cercare la lacrima facile, non può che essere apprezzato quando tutti gli elementi si incastrano tra loro creando il giusto equilibrio, tenendosi lontani dall'eccesso e andando a toccare le corde giuste, che poi anche una lacrima ogni tanto non ha mai fatto male a nessuno. Il regista John Lee Hancock dirige almeno un poker d'assi: un Tom Hanks mimetico nei panni di un (in)credibile Walt Disney, l'interpretazione volutamente rigida e aspra di un'inarrivabile Emma Thompson, attrice dalla classe innegabile; Paul Giamatti sul quale non mi dilungo in inutili complimenti e infine un sempre in parte Jason Schwartzman (il compositore Richard M. Sherman). Poi c'è anche Colin Farrell che non è mai rientrato nel novero degli attori a me particolarmente cari, c'è da dire che qui fa il suo senza arrecar danno.

Il film funziona, si delinea con i tempi giusti il personaggio della Travers, si scava nel suo passato di bambina, si vanno a sviscerare le idiosincrasie della scrittrice nei confronti della futura trasposizione cinematografica della creatura a lei così tanto cara (e ci sono validissime ragioni sul perché lo sia così tanto), si segue il difficile rapporto della stessa con Disney. Finalmente capiamo il reale motivo per cui in quella lontana giornata del 1906 sferzata dal vento dell'est, la magica Mary Poppins si fermò proprio al numero 17 di viale dei ciliegi a Londra.


Titoli di coda, le luci si spengono (metaforicamente). A questo punto il consiglio è quello di non andare a documentarsi sui veri accadimenti narrati da Saving Mr. Banks, in caso contrario il castello di carte messo in piedi così bene dalla macchina hollywoodyana rischia di cadere. Perché nella realtà non c'è un vero lieto fine, i cuori non si allargano e le menti non si incontrano. Una cosa è la fantasia, un'altra la storia nuda e cruda.

Però. Perché potrebbe esserci un ulteriore però. Lo spettatore incuriosito va ad approfondire il tema, la vicenda, scoprendo magari le varie mistificazioni messe in piedi dallo show business e imparando comunque qualcosa. Beh, anche questa può considerarsi una funzione che film come Saving Mr. Banks assolvono, magari anche involontariamente. Film di cassetta sì, film di cassetta no. A voi la scelta.

6 commenti:

  1. L'avevo visto all'uscita cinematografica e adorato, con tutte le sue inesattezze storiche volute e qualche mistificazione di troppo. Un film così fa amare ancora di più un classico come Mary Poppins!

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    1. Sono d'accordo, anche a me è piaciuto molto, oltre le mie aspettative.

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  2. Ciao, come te ho apprezzato questo film. Cast direi appropriato, ad eccezione della scarsa credibilità di Colin Farrell nel ruolo del padre di lei.
    I momenti più belli, quelli in cui le maestranze al lavoro individuano il ritmo giusto per quelle canzoni indimenticabili...

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    1. Ciao Luz, è verissimo, per non allungare troppo il pezzo non ho sottolineato la bellezza dei momenti "musicali" nei quali è grande protagonista proprio Jason Schwartzman (però ho messo la foto :)

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  3. Non l'avrei mai detto, ma alla fine l'ho trovato delizioso. Mi ha trasmesso quella magia dei vecchi film Disney: quelli in live action.
    E hai perfettamente ragione: meglio non documentarsi sulla vera storia... Almeno per questa volta faremo un'eccezione.

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    1. Ammetto di averlo guardato perché voleva vederlo mia moglie, non mi aspettavo molto e invece il film mi ha sorpreso in positivo, l'ho trovato delizioso anche io :)

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