(di Paul Greengrass, 2004)
Ottimo secondo capitolo per la saga di Jason Bourne che per l'occasione passa dalle mani di Doug Liman a quelle altrettanto energiche e capaci (se non di più) di Paul Greengrass. Si riprende da dove ci eravamo lasciati nel capitolo precedente, con la memoria del protagonista ancora piena di buchi e la coppia Bourne (Matt Damon) e Marie (Franca Potente) stabilitasi in India al fine di trovare un po' di isolamento e di pace. Liquidato il contributo della Potente dopo pochi minuti di film (un po' un peccato, c'era una bella alchimia tra i due protagonisti), l'esistenza rocambolesca di Bourne riprende a ritmi serratissimi.
Da un po' di tempo qualche flash dal passato riaffiora nella testa di Jason Bourne, soprattutto in sogno, una vecchia missione per la CIA, rimembranze di un omicidio portato a termine quando l'agente ancora lavorava per Conklin e per l'Operazione Treadstone (vedi The Bourne Identity). In contemporanea, a Berlino, durante una missione dell'Agenzia diretta da Pamela Landy (Joan Allen) volta a scovare una talpa nella C.I.A. e recuperare una grossa somma di denaro sottratta all'Agenzia, un agente dei Servizi russi, Kirill (Karl Urban), lascia sul luogo delle prove che incastrano Bourne come colpevole del fallimento della stessa operazione e della morte delle relative vittime; in realtà Bourne è in India a godersi l'amata Marie. Per togliere di mezzo ogni scomodo ostacolo Kirill si recherà in India per uccidere Bourne che si troverà nuovamente coinvolto in un complotto ai suoi danni di cui dovrà venire a capo con l'astuzia e con il suo addestramento.
Il sequel mantiene intatte le caratteristiche del film capostipite della saga, ancora una volta riusciamo a godere di una spy-story comprensibile e godibile a tutto tondo, cosa non scontata per il genere, anzi, magari un filo meno lineare del film precedente ma solo perché a esso, come è normale che sia, qui c'è qualche riferimento, il consiglio è quello di guardare i film della saga di Jason Bourne (tratti da i libri di Robert Ludlum) in rapida sequenza. Regia molto dinamica e immersiva per lo spettatore, Greengrass è un'amante delle camere a mano, del punto di vista al centro dell'azione come dimostrerà poi anche in Green Zone, scenario di guerra sempre con Matt Damon, e proprio l'azione è il fulcro del film, a cercarlo ci si può trovare anche qualche riferimento politico e soprattutto, nelle sequenze finali c'è una bella presa di coscienza da parte del protagonista, ma per lo più si gioca su tensione e azione spettacolare, orchestrata magistralmente la scena di inseguimento in auto per le strade di Mosca, sequenza davvero spettacolare.
Matt Damon, pur non rientrando nell'immaginario del macho, è un ottimo action man (e un ottimo attore) e un perfetto Jason Bourne, teso dall'inizio alla fine ma capace di concedersi un paio di momenti più lievi (la scena finale con la Landy) e riflessivi (quella con Oksana Akinshina). Ottimo lavoro di scrittura e di regia che non fa rimpiangere il primo capitolo e mette addosso la giusta voglia di passare a The Bourne ultimatum.
Alcune saghe riescono nell'impresa di stare sul pezzo, come questa qui.
RispondiEliminaSpero che anche i capitoli successivi (i primi due erano gli unici che avevo già visto) si mantengano all'altezza, per ora un ottimo franchise.
EliminaBel post su una saga che amo e che ho.rivisto tre o quattro volte. Oltre all'azione é interessante il tema del controllo.
RispondiEliminaM. Damon non mi è piaciuto in altri film ma qui é proprio "giusto".
Esatto, non è l'uomo che vedresti come action man, qui invece è perfetto!
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