(di Paul Greengrass, 2010)
Armi di distruzione di massa. Quante volte leggendo articoli sulla guerra in Iraq, ascoltandone le cronache ai telegiornali, abbiamo sentito nominare questo spauracchio che in seguito si è rivelato solo opportunistico fumo negli occhi? Paul Greengrass parte da questo spunto, tutt'altro che secondario, per darci la sua visione della guerra praticamente in tempo reale, il film esce nelle sale addirittura prima della chiusura ufficiale del conflitto che terminò con la deposizione di Saddam Hussein a favore di un nuovo governo iracheno fortemente voluto dagli Stati Uniti d'America. Quella di Paul Greengrass è una visione morale del conflitto, critica nei confronti del Governo U.S.A. e dei poteri forti, rispettosa del singolo individuo (perché è vero che non è tutto oro ciò che luccica ma è anche vero che nelle situazioni difficili non sempre tutto è marcio o corrotto), è solidale con le vittime, la popolazione irachena che della Guerra avrebbe volentieri fatto a meno, giusto per usare un eufemismo. Questa visione della Seconda Guerra del Golfo, analizzata (ma neanche troppo) dalla giusta distanza, è soprattutto l'occasione per realizzare in maniera impeccabile un film di guerra energico ed adrenalinico che, al di là di riflessioni e prese di posizione, trova nella formula action il suo nodo centrale e meglio riuscito. La trama è lineare, prevedibile, ricorda per alcuni versi lo sviluppo del Cinema d'inchiesta giornalistico, quello in cui il marcio affiora poco a poco fino a venire allo scoperto e a travolgere i suoi stessi artefici divenendo il caso del momento. Un caso molto grave nella fattispecie, dato il numero di morti che si contano da ambo le parti dovuti al solito tornaconto politico ed economico degli americani. Quello che impressiona maggiormente è invece lo stile registico dinamico e quasi ansiogeno con il quale il regista ammanta l'intera pellicola. Tantissime riprese a terra con camera a mano ad inseguire i protagonisti, immagine sempre mobile, stacchi continui e rapidi, sensazioni di caos e confusione nelle sequenze d'azione ma tenute sempre sotto controllo, un comparto audio di altissimo livello che dona realismo a riprese già di per sé molto credibili, il tutto senza mai togliere chiarezza di lettura agli eventi, un risultato di tutto rispetto, vero pregio di questo Green Zone.
L'esercito americano ha preso Baghdad, Roy Miller (Matt Damon) è a capo di un'unità dell'esercito incaricata di esplorare diversi siti indicati come possibili nascondigli delle armi di distruzione di massa delle quali il regime iracheno sembra essere in possesso. Dopo diverse missioni il gruppo è ancora fermo al palo, i siti indicati dall'intelligence si rivelano sempre vuoti e le informazioni un buco nell'acqua dopo l'altro. Miller inizia a sospettare che qualcosa di anomalo sia da ricercarsi nelle fonti delle informazioni, esterna i suoi dubbi durante una riunione con i vertici suscitando fastidio in Clark Poundstone (Greg Kinnear), rappresentante del Governo U.S.A. in Iraq, e interesse in Martin Brown (Brendan Gleeson), agente C.I.A. che ha lo stesso punto di vista del militare. Miller così inizia a lavorare e ad indagare sul campo, si avvale della collaborazione di un informatore del posto, Freddy (Khalid Abdalla), grazie al quale riuscirà ad arrivare al Generale Al-Rawi (Ygal Naor), uno dei principali ricercati del famoso mazzo di carte usato dai soldati americani, e a dipanare la matassa che si è creata dietro ai motivi dell'intervento in Iraq.
Il protagonista del film è un uomo che ancora crede nella giusta causa, che ad ogni reazione debba corrispondere una motivazione valida, indiscutibile e moralmente accettabile. Miller, interpretato al meglio da Matt Damon, attore versatile che con la sua faccia comune sembra adattarsi ad ogni ruolo, non è in Iraq per accettare ciecamente le bieche manovre del suo Governo, è un soldato pietoso rispettoso della popolazione locale dalla quale, tramite la figura di Freddy, attraverso pochissime frasi che colpiscono come dei diretti al volto fortissimi, capirà quanto la posizione del suo Paese sia sbagliata e prepotente, lezioni di morale e umanità che purtroppo nell'economia di una guerra internazionale non contano niente. In questi episodi, forse gli unici di contenuto vero, Damon è bravissimo a incassare i colpi, le parole sembra colpiscano davvero più delle pallottole, il resto è costruzione e messa in scena di Storia nota nella cornice di un film di genere molto ben realizzato.
Forse un po' troppo politico, ma comunque film interessante e valido ;)
RispondiEliminaIl cuore del film rimane di genere, l'action... il war movie... il contesto è politico ma non approfondisce troppo, prende una posizione che tutti conosciamo, certo lo fa in tempo reale e questo è un merito...
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