martedì 19 gennaio 2021

RICHARD JEWELL

(di Clint Eastwood, 2019)

Clint Eastwood porta avanti imperterrito la sua narrazione dell'eroe girando un film sulla narrazione di un eroe. Un eroe ordinario, come già accaduto in Sully con il quale Richard Jewell ha diversi punti di contatto, questa volta non un eroe colto, con un impiego di prestigio, ma l'eroe semplice, quello dei piccoli gesti faticosi, fatti giorno dopo giorno con naturalezza e una buona dose di ingenuità che i moderni potrebbero definire quasi cringe. Il fulcro di Richard Jewell è proprio la narrazione che i media fecero dell'eroe del momento, l'addetto alla sicurezza che in uno degli eventi collaterali alle Olimpiadi di Atlanta del 1996 - il concerto al Centennial Olympic Park - si adoperò per far rendere inoffensivo un pacco sospetto che porterà poi alla morte di due persone e a un centinaio di feriti; senza l'intervento di Jewell con tutta probabilità il bilancio sarebbe stato decisamente più funesto. Con questo film Eastwood descrive un sistema d'informazione poco obiettivo, in cerca dello scoop facile, del boom di vendite o di ascolti, incapace di compiere scelte morali e pronto a tuffarsi su un'innocente come un branco di avvoltoi in vista dell'allettante carogna, ben accompagnato, braccio sotto braccio (anche se nel film il connubio passa attraverso ben altri particolari anatomici), da istituzioni ottuse, interessate e prive di dignità, perché si sa, a difendere il pollaio ogni tanto c'è il cane con la rabbia.

Richard Jewell (Paul Walter Hauser) è un giovane uomo con il pallino per le forze dell'ordine, il suo sogno sarebbe quello di entrare in un vero corpo di polizia, al momento si dedica ai lavori di sorveglianza che riesce a trovare. Jewell è un ragazzone sovrappeso, molto legato alla figura materna, gentile e puntiglioso, amante dell'ordine e delle istituzioni in maniera che spesso sconfina nell'imbarazzante e nel fastidioso, commette anche qualche errore nello svolgimento delle sue mansioni, tutto sempre in buona fede, con quell'idea fissa in testa di servire e proteggere il prossimo. Nel 1996 in occasione dei Giochi Olimpici organizzati ad Atlanta, Richard trova un impiego come addetto alla sicurezza agli eventi legati ai giochi olimpici, durante il concerto della band Jack Mack and the Heart Attack, Jewell trova un pacco bomba destinato ad esplodere, grazie al suo intervento le forze dell'ordine riusciranno a contenere le conseguenze di quella che poteva diventare una vera strage. Nei giorni successivi le indagini dell'F.B.I. condotte dall'agente Shaw (John Hamm) includono tra i sospetti proprio Jewell a causa della sua fissazione per la divisa e con l'idea del falso eroe in cerca di visibilità, linea d'indagine prontamente cavalcata (e non solo quella) dalla giornalista senza scrupoli Kathy Scruggs (Olivia Wilde), disposta a darla a destra e a manca pur di intascare l'informazione giusta e montare il caso. A pagarne le conseguenze saranno ovviamente Richard ma anche la sua devota madre (Kathy Bates) le cui vite verranno sconvolte dagli sciacalli della stampa e dalle iene dell'F.B.I. Richard, non sapendo a chi rivolgersi, chiede aiuto a Watson Bryant (Sam Rockwell), un avvocato conosciuto anni prima durante un suo precedente impiego.

Il Cinema di Eastwood continua il suo percorso nel solco di una narrazione classica inanellando l'ennesimo gioiello con un film che non riserva grandi sorprese ma che ha la capacità di indignare, quella di commuovere e anche quella di far godere allo spettatore un lavoro di regia impeccabile, con un occhio particolare sull'uso della luce e, non ci sarebbe nemmeno da dirlo, la giusta dose d'amore per la musica, anche questa volta Clint non perde l'occasione di approfittare del contesto, l'attentato al concerto, per farci ascoltare un po' di buona musica. Al centro di tutto il regista riesce a mettere un Paul Walter Hauser pressoché sconosciuto e immenso nella sua interpretazione, con Cathy Bates (candidata all'Oscar per il ruolo) e Sam Rockwell un tris d'assi davvero eccezionale, il protagonista, oltre alla somiglianza con il vero Jewell, porta al film tantissimo con la sua presenza, le movenze, un'espressività candida fino alla goffaggine. La denuncia è chiara, ancora una volta Clint crede nell'uomo e non nel sistema, il mito dell'eroe americano è ancora forte nel vecchio, e a noi piace che sia così, perché nonostante le scelte all'apparenza contraddittorie dell'uomo, quando guardi un suo film sembra di stare sempre dalla parte giusta, in maniera incredibile uno con le sue idee politiche diventa una sorta di guida morale, magia del Cinema, contraddizioni dell'uomo (inteso come specie), ciò che importa è che a novant'anni Clint riesca ancora a regalarci grandi film e grandi momenti di Cinema e a insegnarci come la dignità e l'onestà di un Paese spesso siano in mano a chi viene messo ai margini.

6 commenti:

  1. Molto bello. Nonostante sia impossibile non prendere Jewell per quello che è (un povero matto reazionario), alla fine si riesce comunque a provare pena per lui e, soprattutto, per la madre: il monologo finale di Kathy Bates mi aveva ridotta in lacrime.

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    1. Si per quanto reazionario (poi dovrei informarmi bene sul Jewell reale per valutare meglio) si prova pena per un uomo che se non fosse stato scagionato avrebbe rischiato veramente tanto, un'ottima Cathy Bates con la quale si empatizza molto facilmente.

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  2. Un bel film e solito gran colpo del vecchio zio Clint. Una pellicola toccante e profonda che ripercorre la storia di un personaggio molto particolare.

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    1. Clint difficilmente sbaglia il colpo, forse solo con Attacco al treno ultimamente ha realizzato un'opera meno riuscita del solito.

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  3. Splendido film, per me. Forse il più disilluso di Clint. Jewell è il solito anti-eroe che questa volta non riesce a distinguere l'idealismo dalla realtà: lui, anche di fronte all'evidenza, non riesce a concepire che le Istituzioni giochino sporco, ha una fede incrollabile in un sistema marcio fino al midollo. Mi associo a Babol: il monologo di Kathy Bates strappa le lacrime (e anche un pezzo di cuore)

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    1. Assolutamente, il discorso della Bates davanti alla platea fa scendere la lacrima, la fede di Jewell crolla sul finale, in quell'ufficio federale, ma poi lo ritroviamo nelle forze dell'ordine, a dimostrazione che l'onestà sta più in chi è fuori dal sistema che non in chi ne fa parte. Grande film.

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