sabato 8 maggio 2021

NOMADLAND

(di Chloé Zhao, 2020)

Ci sono film costruiti su una sceneggiatura molto forte, storie dove azioni, dialoghi, eventi sono calibrati al millimetro e dove la scrittura traina l'intero film offrendo al pubblico una narrazione molto classica, ben strutturata, facile da seguire e con rari momenti di pausa, film pensati con la testa in primis che però non mancano di momenti capaci di colpire altrove (mi viene in mente tra i recenti Il processo ai Chicago 7 ), è un cinema questo di facile fruizione capace di avvincere platee decisamente ampie, almeno sulla carta. Ci sono film invece che passano direttamente dal cuore e dall'anima, dove il contenuto non trova valore nell'azione, in una sequenza di eventi che pure è presente (magari in forma rarefatta) e che richiede allo spettatore più pazienza, più impegno e forse sì, anche una dose di allenamento a un narrare slegato dalla fitta successione di accadimenti. Nomadland appartiene indubbiamente a questa seconda categoria, è un film dal quale bisogna lasciarsi trasportare, entrare in empatia con la condizione tutt'altro che semplice della protagonista e carpirne anche i lati positivi nonostante quella condizione possa sembrare inaccettabile a molti. Rimanendo sui due titoli citati sopra, è un po' come se si presentasse una dicotomia esterno/interno, in entrambi i film i personaggi affrontano un percorso dettato in parte da altri, ne Il processo ai Chicago 7 è il sistema giudiziario americano a mettere in croce i protagonisti allestendo un processo politico e trovando in loro dei perfetti capri espiatori per condannare tutto un movimento. Certo, ci sono anche moti interiori in ballo, ma ciò che è al centro della narrazione sono principalmente i fatti, l'istituzione malata e deviata. Anche in Nomadland la protagonista affronta le conseguenze di un sistema malato, qui è quello del lavoro e del capitale, ma al centro della vicenda c'è l'essere umano non il sistema che l'ha portato a vivere ai margini, tutto diventa quindi più incorporeo, fluido, oscillante, anche spirituale se vogliamo, sono due modi di fare cinema diversi, non uno migliore dell'altro, in un eventuale confronto saranno le singole opere a fare la differenza insieme alle predilezioni di ogni spettatore.

Nomadland è il vincitore dell'Oscar per la categoria miglior film di quest'anno, probabilmente il livello medio rispetto ad altri anni non si è rivelato altissimo, complice anche la pandemia da Covid 19 che ha bloccato diversi progetti, tra i film che è stato possibile per me visionare la mia preferenza andava al Mank di David Fincher ma devo ammettere che dopo aver visto il film della Zhao questa vittoria non mi dispiace affatto. La regista di origine cinese porta un po' della sensibilità del cinema asiatico in questo film, soprattutto nel rapporto tra protagonisti, paesaggi (magnifici) e sguardo della camera, anche la statuetta per la miglior regia sembra meritata, il lavoro fatto dalla Zhao è eccezionale anche se qualche critico la taccia di didascalismo e di scelte di regia scontate, proprio queste scelte portano Nomadland a crescere sequenza dopo sequenza entrando sempre un po' di più in contatto con lo spettatore, in maniera quasi progressiva, questo nonostante il film manchi di una trama forte e non presenti nemmeno una vera denuncia sociale rispetto alle problematiche legate al lavoro che la crisi del 2008 americana, caduta a cascata sui lavoratori a partire dallo sfacelo dei famosi mutui subprime, ha provocato. Nomadland è la storia di un singolo, della sua reazione alle difficoltà della vita, del suo rapportarsi agli altri, spesso anch'essi invischiati nelle stesse difficoltà, non è una denuncia al sistema, non tutto deve esserlo, come si accennava prima... interno e non esterno.

Fran (Frances McDormand), rimasta vedova, è una donna già avanti con l'età che perde casa e lavoro durante la crisi del 2008, adatta così il suo Van in modo da trasformarlo in una casa mobile, questa scelta le consente di potersi spostare di stato in stato, dal Nevada all'Arizona e oltre, in base ai lavori saltuari e precari che il mercato offre, Amazon a dicembre, una catena di ristoranti in un'altra stagione e via di questo passo, per una vita fatta di cose essenziali, povertà, assenza di garanzie ma anche libertà di movimento, nuovi incontri.

Nomadland nasce da un'inchiesta della giornalista Jessica Bruder, il tema è lo stile di vita delle persone che sono state costrette dalla crisi a lasciare le loro abitazioni per intraprendere un'esistenza errante, nomade, con un costo della vita vicino alla zero e in costante inseguimento di un'occasione per lavorare, anche nello stile della Zaho si intravede l'origine documentaria del testo di partenza, soprattutto nelle testimonianze di vita delle persone che Fran incontra nel suo peregrinare, la protagonista si trascina in un'esistenza sottotono dove traspare costantemente il dolore mai sopito del lutto, le difficoltà della vita sono stemperate dalla bellezza di alcuni paesaggi e dalla collettività, anche se composta da emarginati tra i quali ancora vive un'idea di solidarietà che ormai istituzioni e società (in)civile hanno abbandonato. La McDormand, attrice di cui è inutile sottolineare la bravura, qui offre una buona prova anche se questo Oscar in particolare, quello per l'attrice protagonista, l'avrei visto meglio altrove (Vanessa Kirby per dirne una), con poche espressioni racconta un'esistenza fatta in parte di caparbietà nel raccogliere quel che ancora è possibile raccogliere, di accettazione per ciò che la vita ha tolto, di dolore, ma anche di orgoglio e libertà. Lo stile della Zaho coglie bene il punto, il film sedimenta e cresce, un'opera che nonostante le critiche non andrebbe sottovalutata, a breve da parte della regista cinese ormai adottata dagli U.S.A. un completo detour (forse) con la direzione di Eternals, uno dei prossimi film in distribuzione dei Marvel Studios.

4 commenti:

  1. Un grande film, delicato e emozionante. Ora ho molta curiosità per come la regista si approccerà alla Marvel.

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    1. Anche a me è piaciuto molto, un film che cresce un po' alla volta, anche io sono curioso di vedere cosa farà Zaho con Eternals.

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  2. Pur avendo amato Il processo ai Chicago 7, Nomadland mi ha parlato in modi incredibili e ne ho amato ogni singola sequenza. Il mio ragazzo lo ha invece definito ammorbante, povera Zhao!

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    1. Anche io li ho apprezzati entrambi, però il mio favore va indubbiamente a Nomadland, parla più al cuore che non alla pancia o alla testa.

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