venerdì 10 settembre 2021

THE BLUES BROTHERS

(di John Landis, 1980)

Quando sei in missione per conto di Dio non puoi fallire, non ci sono cazzi. 

The Blues Brothers è un inno all'esagerazione, l'espressione steroidea del divertimento smisurato, senza limiti, slegato dai concetti di credibilità e dai principi basilari della fisica, è un concentrato di icone pop mischiato alla presenza dei veri miti del blues e del soul, La Principessa Leila e John Lee Hooker insieme, di che cazzo stiamo parlando?, mica si può pretendere poi che uno su una sgangherata Dodge Monaco acquistata a una svendita della polizia rispetti i limiti di velocità o si fermi a ogni semaforo giallo si ponga sul suo cammino quando in ballo c'è la sopravvivenza di un'orfanotrofio per giovani anime e una sorta di redenzione divina da agguantare. Nel rivedere oggi The Blues Brothers, a distanza di tanti anni, la cosa più fantastica che salta all'occhio sta nel realizzare, ancora una volta, cosa era possibile creare in passato senza l'ausilio del digitale, cose che oggi appaiono ai limiti dell'incredibile, nemmeno fossero navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione. Lasciamo pure perdere il numero impressionante di auto adoperate e distrutte per dar vita alla fantastica sequenza finale in cui Jake ed Elwood si precipitano a Chicago per pagare in tempo le tasse dell'orfanotrofio (a Steven Spielberg tra l'altro) prima che questo venga fatto chiudere; ma riguardiamocela quella sequenza, è un trattato sul blockbuster ai tempi dell'analogico, una costruzione che sfida ogni regola e assicura a Landis, insieme ad altre cose, lo status di grande regista senza se e senza ma. Jake e Elwood sono cartoni animati in qualche strano modo trasferiti nel mondo degli umani, a loro non può succedere nulla e il pubblico lo accetta, mica per niente, no, è perché sono in missione per conto di Dio, protetti da tutto, dal crollo di palazzi, da inseguimenti in auto distruttivi, da sventagliate di mitragliatrice, da esplosioni di gas propano, giusto le bacchettate della vecchia Pinguina possono arrecare qualche disturbo ai nostri eroi che, impassibili a tutto, non fanno altro che rialzarsi, scrollare la polvere dalle loro giacche nere e ripartire per la loro missione.

Pensare che all'inizio il film non è nemmeno stato questo grande successo al botteghino, budget sforato e anche di parecchio, incassi negli U.S.A. non così lusinghieri, The Blues Brothers diventa il primo film ad aver accumulato più soldi all'estero che in patria. Siamo nei primi anni 80 e le grandi star della black music erano forse viste come fuori moda, tra disco, new wave, post punk il caro vecchio blues attirava meno, soprattutto il pubblico bianco, ma il film cresce con gli anni e diventa un vero e proprio cult capace di ritagliarsi un posto al sole nella storia del cinema. La trama è tanto semplice quanto ammantata di un'implausibilità crescente che monta scena dopo scena. Jake (John Belushi) esce di galera dopo tre anni scontati per rapina, ad aspettarlo c'è suo fratello Elwood (Dan Aykroyd) che si presenta con un'auto della polizia acquistata a una svendita, questi informa il suo pingue fratello che l'orfanotrofio dove sono cresciuti e dove hanno imparato ad amare il blues grazie al custode Curtis (Cab Calloway) sta per essere chiuso per mancanza di fondi, Jake e Elwood avranno undici giorni per racimolare cinquemila bigliettoni per sistemare la posizione dell'orfanotrofio con il fisco, nel farlo dovranno rimettere insieme la banda e scontrarsi con gruppi country, Polizia di Stato, gestori di locali defraudati di parecchie birre, ex assassine e addirittura con i nazisti dell'Illinois!

È tutta una corsa al rialzo che, grazie all'idiozia delle istituzioni (sempre attuale quella), da un'infrazione minima scatena la devastazione più totale (vedi la sequenza del centro commerciale) e che garantisce un divertimento sregolato infrangendo qualsiasi appiglio al buon senso, a tutto ciò vengono inframezzati numeri musicali ed esibizioni di veri mostri sacri, oltre ai rispettabilissimi John Belushi e Dan Aykroyd (fatti e strafatti all'epoca) ci sono niente meno che il già citato Cab Calloway, John Lee Hooker, Ray Charles, Aretha Franklin, Steve "The Colonel" Cropper della  Booker T. & the MG's e tanti altri ancora, con questi calibri come poteva il film non entrare nel mito? Colonna sonora da urlo e una regia strepitosa rendono il merito a un'idea sviluppata dalla scintilla nata al Saturday Night Live e consacratasi definitivamente anno dopo anno in uno dei film più fuori di testa e amati di sempre, i due fratelli Blues, con i loro personalissimi stili di ballo, rimarranno per sempre nella memoria di tutti, immortali, vere icone pop (o forse vere icone blues?). E comunque io li odio i nazisti dell'Illinois.

10 commenti:

  1. Sarò strano io ma non mi ha mai entusiasmato. Sarà che sin da bambino lo sentivo incensare da chiunque, ma non l'ho mai trovato così eccezionale come altri miei amici che ripetevano all'infinito il monologo con le cavallette.
    Godibilissimo, certo, ma non uno dei miei film di culto. Sarà che non mi piacciono i musical.

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    1. A me i musical piacciono parecchio, però la realizzazione di questo film, in virtù dell'anno di uscita, è eccezionale, non per nulla è divenuto anno dopo anno un piccolo cult.

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  2. Che bomba, visto al cine.... e... le cavallette?!?

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    1. Non ti ho tradito. Dico sul serio. Ero... rimasto senza benzina. Avevo una gomma a terra. Non avevo i soldi per prendere il taxi. La tintoria non mi aveva portato il tight. C'era il funerale di mia madre! Era crollata la casa! C'è stato un terremoto! Una tremenda inondazione! Le cavallette! Non è stata colpa mia! Lo giuro su Dio! :) :)

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  3. "Gruppenfuhrer!!!" ... Visto la settimana scorsa dopo anni, per me resta un gran bel film.
    Credo che non fosse così scontato nel 1980 proporre un film basato solo su Blues e Soul, comunque non lo definirei un musical, anche se ci sono alcune coreografie da musical (in chiesa con James Brown, al ristorante con la Franklin), ma più una commedia dove la musica ha una parte essenziale.
    Mi resta il rimpianto di non aver potuto vedere Belushi con Aykroid e (forse) Eddie Murphy in "Ghostbusters".

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    1. Si, sarebbe stato figo ma anche Ghostbusters è rimasto comunque nel mito, la scelta di puntare sul blues nel 1980 è stata di certo coraggiosa e alla lunga ha pagato.

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  4. A me i musical piacciono ma... pure io non sono mai stato entusiasta di questo film 😅

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    1. Alla fine nonostante i numeri musicali rimane più commedia che musical, dopo tantissimi anni che non lo vedovo l'ho apprezzato anche ora.

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