mercoledì 20 ottobre 2021

ALL'OMBRA DELLE DONNE

(L'ombre des femmes di Philippe Garrel, 2015)

Philippe Garrel arriva al Festival di Cannes 2015 con questo All'ombra delle donne, un film parecchio recente dunque ma che con il suo bianco e nero luminoso potrebbe essere ascrivibile agli anni della Nouvelle Vague o a quelli immediatamente successivi, questo in virtù anche dell'universalità di temi e dinamiche senza tempo né frontiere. Lui, lei, l'altra e il rapporto di ognuno dei protagonisti con il tradimento, con sé stessi e con le persone con cui dividono la vita, attori degli intrecci sentimentali della storia che è mille storie, il tutto in una dimensione di quotidianità naturale con la quale si rapporta un sempre presente desiderio di esprimersi con l'arte e con il racconto. Garrel mantiene una certa distanza dai suoi personaggi, soprattutto da quello di Pierre (Stanislas Merhar) che sembra impermeabile a ogni tipo di emozioni solo per sciogliersi sul finale, più complesse e aperte le figure femminili che almeno nella persona di Manon dimostrano una maturità più marcata nell'affrontare gli svincoli che situazioni, vita e scelte pongono sul loro cammino.

Pierre è un regista parigino che sta ancora cercando di affermarsi, il suo ultimo progetto vorrebbe raccontare la vita di un partigiano, un eroe della resistenza (Jean Pommier) contro il regime nazista, una storia che ricorda a Pierre quella del suo stesso padre; nei suoi progetti l'uomo è sostenuto a spada tratta dalla compagna di vita Manon (Clotilde Courau) che collabora attivamente ai suoi lavori e che è costretta ad affrontare diverse discussioni con la madre (Antoinette Moya) la quale le rimprovera di aver lasciato gli studi e una potenziale carriera per seguire il percorso dell'inconcludente Pierre. Quest'ultimo incontra poi Elisabeth (Léna Paugam), una donna giovane da lui attratta con la quale inizia una relazione puramente carnale. In casa Pierre è sempre più freddo, Manon non riesce più a sentirsi amata e cade così anch'essa in tentazione iniziando una relazione con un giovane (Mounir Margoum), relazione scoperta proprio da Elisabeth che dopo qualche tentennamento racconterà tutto a Pierre. L'uomo, nonostante sia lui stesso un traditore, non riesce ad accettare il tradimento di Manon.

Lo sguardo della camera di Garrel non accende mai la narrazione accompagnandola con neutra partecipazione negli interni, davanti le finestre, tra le strade di una Parigi illuminata dal bianco e nero di Renato Berta, allo spettatore capire, empatizzare con personaggi che non esternano molto, soprattutto il protagonista maschile, in una storia fatta di bisogni quotidiani tra i quali quello d'amore spicca su tutti, fisico per Pierre, profondo per Manon, un po' di entrambi per Elisabeth. Interessante il diverso approccio alla scoperta del tradimento quando le carte sono sul tavolo, il protagonista maschile si veste di egoismo e di una punta di cattiveria non riconoscendo in sé stesso gli stessi errori della compagna che forse sono solo conseguenza del suo stesso comportamento e della sua freddezza, il personaggio di Manon sembra essere il più strutturato e positivo, più comprensibile e portatore di quella maturità necessaria a tenere in piedi ogni tipo di rapporto. Nulla di nuovo sotto il sole, la struttura è quasi archetipica ma Garrel gestisce il tutto con una naturalezza che rende la visione piacevole, quasi confortevole, lavorando di misura, evitando eccessi ed estremizzazioni, portando la vita sullo schermo, il cinema nella vita, così, semplicemente.

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