mercoledì 8 giugno 2022

DOCTOR STRANGE NEL MULTIVERSO DELLA FOLLIA

(Doctor Strange in the multiverse of madness di Sam Raimi, 2022)

Ammettiamolo pure, più che il ritorno del Doctor Strange o di Wanda Maximoff, più che l'uscita dell'ennesimo film del Marvel Cinematic Universe, erano in molti tra i fan della Casa delle idee e più in generale di un certo tipo di cinema ad attendere con una certa impazienza il ritorno dietro la macchina da presa di Sam Raimi, il regista della prima trilogia di Spider-Man, quella con Tobey Maguire, insieme a Bryan Singer una delle chiavi di volta che hanno innescato il motore che ha dato il via a un vero e proprio "rinascimento" dei cinecomics. In fondo, a pensarci bene, siamo arrivati a quasi trenta film del MCU usciti nell'arco degli ultimi quindici anni e quanti autori possiamo dire abbiano messo le mani sul materiale Marvel? Forse accadeva più spesso prima del lancio del MCU (Raimi e Singer appunto, Ang Lee), ora abbiamo un Kenneth Branagh, un film diretto da Chloe Zhao, forse potremmo considerare un autore anche James Gunn, comunque legato all'ambito dei cinecomics, e ora di nuovo Raimi. Sono pochi purtroppo i segni di stile riconoscibili all'interno dell'universo Marvel cinematografico, e non è detto che i film diretti da questi registi siano poi i migliori, anzi, sicuramente non lo sono, però, come accade in questo Doctor Strange nel multiverso della follia, le loro visioni permettono di poter ammirare almeno in parte (Disney comanda) un approccio alla materia meno omologato che non può che risultare una boccata d'aria fresca in un panorama sempre più affollato e spesso sempre più uguale a sé stesso. Questo è quel che succede con Doctor Strange nel multiverso della follia, l'appassionato di cinema non potrà non notare quanto Sam Raimi ci sia in questo film, che magari a conti fatti non è nemmeno il film che Raimi avrebbe voluto, questo non lo sappiamo, quel che sappiamo è che con questi brand la libertà di un autore non è mai totale, anzi, così se l'appassionato di solo MCU potrà non notare il tocco del regista per molti altri questo sarà chiaro ed evidente e diverrà uno degli elementi più sfiziosi di un film condotto per la sua quasi intera durata a rotta di collo.

Stephen Strange (Benedict Cumberbatch) si imbuca al matrimonio dell'amata Christine Palmer (Rachel McAdams) che sta per sposare un altro uomo. Durante il ricevimento da un portale da un'altra dimensione appare un gigantesco demone che sembra uscito da un racconto di H. P. Lovecraft, questi è a caccia della giovane America Chavez (Xochitl Gomez), un'adolescente proveniente da un altro universo il cui potere è proprio quello di poter aprire dei portali tra una dimensione e l'altra. Sconfitto il demone con l'aiuto del fido Wong (Benedict Wong) Strange capisce che dietro l'attacco del demone si cela un pericolo di dimensioni ben più vaste, decide così di chiedere aiuto a Wanda Maximoff (Elizabeth Olsen), la "strega" degli Avengers impegnata nel frattempo nello studio del Darkhold (ma Raimi pensa Necronimicon), un libro maledetto, alla ricerca di un incantesimo per mantenere in vita i suoi figli, due bambini creati dalla stessa immaginazione di Wanda (vedere WandaVision). Dato lo scarso equilibrio che contraddistingue Wanda fin da quando ha perso l'amato Visione, invece di essere d'aiuto a Strange la donna vira sempre più verso la sua identità di Scarlet Witch vedendo nella possibilità di viaggiare tra gli universi l'occasione per trovarne uno in cui vivere felice con i suoi figli immaginari. Ne nascerà un peregrinare tra i mondi alla ricerca del libro del Vishanti, un antico testo di magia bianca in grado di contrastare la malvagità del Darkhold. Durante il viaggio, oltre che con Scarlet Witch, Mordo (Chiwetel Ejiofor) e tutta una serie di ghiotti personaggi Marvel, Strange avrà modo di fare i conti anche con il suo complicato rapporto con Christine.

Più che i vari sviluppi della storia in sé, almeno per chi scrive ciò che rimane di questo Doctor Strange nel multiverso della follia è proprio la mano di un regista capace di imprimere al film un tocco personale nonostante gli impedimenti dati dal maneggiare una materia ormai sempre più vincolata ai dettami della produzione. Il film è brioso, molto action, interessante anche perché sulle spalle di Raimi ricade la responsabilità di introdurre nell'universo Marvel (in realtà nel multiverso in questo caso) i due grandi brand che ancora mancavano all'appello per questioni di diritti cinematografici, non facciamo di certo un grosso spoiler dicendo che con la presenza di Patrick Stewart nei panni del Professor Xavier, leader degli X-Men, e quella di John Krasinski in quelli di Reed Richards dei Fantastici Quattro la Disney ha fatto la gioia di molti Marvel fan. Raimi va in continuità con quanto fatto sotto il punto di vista visivo da Scott Derrickson con il film precedente, mettendoci del suo e accumulando una ricchezza visiva che, seppur in chiave moderna, fa pensare allo Strange di Steve Ditko e alle sue derive psichedeliche, curioso il fatto che Sam Raimi abbia portato sullo schermo entrambi i personaggi più iconici creati da Ditko, Stephen Strange appunto e Spider-Man. Il tocco horror/umoristico di Raimi si vede da subito, dalla comparsa sullo schermo del demone Gargantos, imperdibile (e autocelebrativo) il cameo di Bruce Campbell, attore feticcio di Raimi, e poi i movimenti di camera tipici, una sequenza magnifica tra note musicali e magia, lo Strange "zombi", le uccisioni illustri, l'aspetto molto orrorifico di Wanda e di alcuni avversari, insomma, in questo multiverso della follia la firma del regista c'è e se amate Raimi la vedrete tutta. Da tutto ciò ne esce una visione divertente che spalanca definitivamente le porte a qualsiasi operazione i Marvel Studios vogliano realizzare (c'è anche un rimando alla serie d'animazione What If?), il film in sé, preso per la storia che racconta, sembra ormai semplicemente un anello di una catena narrativa infinita dove sempre più tutto è collegato, personalmente sono convinto che per avere prodotti interessanti in futuro ci vorrà sempre più Sam Raimi (nome da sostituire con quello di qualsiasi autore capace di donare tocchi personali ai personaggi) e meno Disney, altrimenti il rischio diventerà l'abitudine o ancor peggio la noia. Per ora gli incassi danno comunque ragione ai Marvel Studios, bene così quindi.

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