(di Abel Ferrara, 2014)
Non è così semplice riuscire a capire quali potessero essere le intenzioni di Abel Ferrara nell'intraprendere la realizzazione del suo progetto su Pasolini; il film che ne esce seppur interessante e meritorio, è poco illustrativo dello scrittore, poeta, regista, pensatore e altro ancora; chi fosse a digiuno della figura di Pier Paolo Pasolini qui non troverebbe molto per aumentarne la conoscenza nonostante Ferrara inquadri molto bene le caratteristiche e gli interessi principali, le urgenze di questo protagonista della nostra storia culturale che nei suoi anni (e poi dopo) è stato così importante e ingombrante per il suo discorso sulla situazione. Pasolini è un film che vive di frammenti, di spunti, alcuni avviati dallo stesso Pasolini e che Ferrara con il coraggio che lo contraddistingue da sempre, in piccola parte e con umile rispetto, cerca di interpretare dando vita a sequenze di quel film in nuce che non vide mai la luce (Porno-Teo-Kolossal) e che nelle intenzioni dell'autore avrebbe dovuto coinvolgere anche Eduardo De Filippo, qui interpretato da Ninetto Davoli, volto pasoliniano per eccellenza, a sua volta in Pasolini interpretato da Riccardo Scamarcio. Non resta che pensare a un'operazione concepita per rispetto, per stima profonda e anche per l'affinità che un regista come Ferrara, con un passato difficile alle spalle, può aver provato verso la figura di Pasolini, con i dovuti distinguo siamo di fronte ad autori di grande spessore, dominati in parte dai propri demoni, per Pasolini quella sorta di ricerca ossessiva di vita vera (degrado?) che, forse, lo portò a morire su quella spiaggia di Ostia, per Ferrara quel difficilissimo rapporto di dipendenza dall'eroina sublimato in quel capolavoro che è The addiction - Vampiri a New York, entrambi accomunati da quella propensione a scandalizzare e a far discutere, per Pasolini più che nota (pensiamo a Salò o le 120 giornate di Sodoma per esempio) ma anche Ferrara in questo senso non scherza, esordisce nel porno con 9 lives of a wet pussy ma si pensi anche al grandissimo Il cattivo tenente con un Harvey Keitel meraviglioso come protagonista. È un incontro a tre che da vita a questo lavoro, il terzo è un immancabile nella recente vita artistica di Ferrara, l'amico Willem Dafoe che qui diventa un Pasolini molto rassomigliante, decisamente credibile, sempre grandissimo interprete.Si narrano le ultime ore di un Pier Paolo Pasolini inconsapevole di star andando incontro alla sua morte improvvisa, prematura e ingiusta. Scene di vita casalinga di ritorno da un viaggio in Svezia: mamma Susanna (Adriana Asti) che lo chiama in maniera affettuosa Pieruti, la visione degli impegni con la collaboratrice Graziella (Giada Colagrande), la lettura del giornale, il caffè, gli incontri con gli amici, l'attrice Laura Betti (Maria De Medeiros), il poeta e cugino Nico Naldini (Valerio Mastandrea). Entrando un po' più nel pensiero di Pasolini c'è l'intervista con Furio Colombo (Francesco Siciliano).
PPP: Le poche persone che hanno cambiato la Storia sono quelle che hanno saputo dire no. Il rifiuto è un gesto essenziale, ma deve essere grande, assoluto e assurdo. Il buonsenso non ha mai fermato "la situazione". Allora ci sono tre discorsi da fare: Qual è la situazione? Perché si dovrebbe fermarla? E in che modo?
FC: Descrivi allora "la situazione". I tuoi interventi, il tuo linguaggio, hanno l'effetto del sole tra la polvere. Un'immagine bella, ma difficile da capire.
PPP: Grazie per l'immagine del sole, ma io pretendo molto meno. Pretendo solo che tu ti guardi intorno e che ti accorga della tragedia. Qual è la tragedia? La tragedia è che non ci sono più esseri umani ma solo strane macchine che si scontrano tra loro. Una tragedia che è iniziata con l'istruzione universale e obbligatoria la quale forma tutti noi, ricchi o poveri. Essa ci spinge tutti dentro l'arena dell'avere tutto a tutti i costi. In tal modo tutti vogliono le stesse cose. Se dispongo di mezzi politici o di mezzi finanziari, uso quelli. Oppure uso una spranga. e quando uso una spranga, la uso per ottenere ciò che voglio. Perché lo voglio? Perché mi hanno detto che volerlo è una virtù. Esercito il mio diritto, la mia virtù. Sono un assassino e sono buono. Ma oggi... non ci si fa scrupolo ad uccidere. Il panorama è mutato, la voglia di uccidere ci lega tutti come tetri fratelli di una società fallita che fabbrica gladiatori educati a possedere e distruggere.
FC: Tu ci vorresti tutti pastorelli non istruiti, ignoranti e felici?
PPP: Messa così sarebbe una stupidaggine. Te lo dico chiaramente. Io scendo all'Inferno, e so cose che non disturbano la pace degli altri. Ma attenti, l'Inferno sta salendo da voi. È vero, indossa diverse uniformi, e porta diverse maschere. Siamo tutti vittime e tutti colpevoli. La voglia di dare la sprangata, di uccidere, è forte ed è generale. Non resterà a lungo l'esperienza privata di chi ha, come dire, toccato "la vita violenta". Non vi illudete. Voi, con la scuola, la tv, i vostri giornali, siete i conservatori di quest'ordine orrendo basato sull'idea di possedere e distruggere.
Ferrara spezza, immagina, apre squarci visionari, ricostruisce, riporta, nel fare tutto questo gira un film lontano dal biopic, anche da quello delle poche ultime ore, riesce comunque a risultare compatto, favorito dalla durata brevissima del film, non più di un'ora e venti minuti, forse troppo pochi per dare anche solo un'idea di chi e cosa fu Pier Paolo Pasolini, costruisce cortocircuiti interessanti: il girato esplicito delle 120 giornate e il viaggio onirico tra le sequenze di un film mai realizzato (il Porno-Teo-Kolossal già citato), affianca Ninetto Davoli in carne e ossa al Ninetto Davoli personaggio (interpretato da Scamarcio), ci mostra il pensatore fino e l'uomo in cerca di emozioni basiche tra quei ragazzi di borgata, anche questi ritratti tra gioia (il gioco del calcio) e squallore (i rapporti sessuali clandestini), l'alto e il basso, l'amore per il cinema di un regista che ha dato tanto a questa arte già dai suoi esordi (Accattone, Mamma Roma, La ricotta, tre capolavori). Accenni, frammenti a creare un ritratto con almeno una sequenza struggente, perché cosa può esserci al mondo di più straziante del dover comunicare a una mamma la morte prematura del proprio figlio?
Il Pasolini di Ferrara non è un film saggio, non è il mezzo adatto per conoscere a fondo il pilastro di cultura che è stato Pier Paolo Pasolini, è un film da leggere come gesto affettuoso, sentito, da parte di un autore che con tutta probabilità sente forte qualche connessione, qualche vicinanza, qualche affinità soprattutto verso l'uomo che è stato Pasolini, in questo il film può dirsi pienamente riuscito, per altro ci sono i saggi, gli scritti e l'opera tutta dello stesso autore.
sono una grande estimatrice di Pasolini, il regista, e soprattutto il pensatore, lo scrittore devo conoscerlo per bene, questo film sembra una discesa verso un destino che non si aspettava
RispondiEliminaSi, c'è il suo quotidiano di quei giorni: la famiglia, l'intervista, le idee, gli incontri con amici e attori, poi il fattaccio. Se ami Pasolini qui non troverai nulla di nuovo probabilmente ma il fatto di amare l'autore è già un buon motivo per guardare il film.
EliminaA parte che Pasolini un po' mi cadde dopo averlo scoperto antiabortista... il film sta in un limbo tutto suo. Lo trovai incerto.
RispondiEliminaCredo che Ferrara abbia girato d'istinto quasi, proprio per affetto, ecco...
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