martedì 21 giugno 2022

DRIVE MY CAR

(Doraibu mai kā di Ryūsuke Hamaguchi, 2021)

Che meraviglia entrare con la dovuta calma in cinematografie così distanti dalla nostra e da quelle alle quali siamo più abituati, prendersi tutto il tempo per arrivare al cuore di una storia, attendere con pazienza quaranta minuti per vedere i titoli di testa e innamorarsi per circa tre ore di personaggi fino al momento della visione completamente sconosciuti. È un po', almeno per chi scrive, la sensazione che si prova di fronte ai migliori esiti del cinema asiatico di cui Drive my car di Ryūsuke Hamaguchi è senza dubbio una delle opere più recenti e meritorie. Drive my car è il film che quest'anno ha vinto l'Oscar come miglior film internazionale "soffiando" la statuetta al nostro Paolo Sorrentino che concorreva con il suo È stata la mano di Dio; difficile dire quale delle due opere meritasse il premio in misura maggiore (l'avrebbero meritato entrambe) tanto lontani sono gli approcci al cinema e alla vita dei due film, entrambi intrisi di una viscerale sofferenza, sublimata in maniera diversa nei due racconti, uno autobiografico, l'altro ispirato a un racconto dello scrittore giapponese Haruki Murakami. Entrambi i film hanno come motore una dolorosa elaborazione di un lutto, di quello dei genitori del protagonista nel film di Sorrentino, di quello di una moglie e compagna di vita in questo Drive my car. È una delle tante magie del cinema, stessa intensità di sentimenti a latitudini differenti ma con metodologie e sensibilità, anche di racconto, molto diverse.

Yūsuke (Hidetoshi Nishijima) e Oto (Reika Kirishima) sono sposati: lui è un regista e interprete teatrale da tempo impegnato nella trasposizione dello Zio Vanja' di Checov, Oto è una sceneggiatrice che scrive storie per la televisione. I due hanno un rapporto pieno e caratterizzato da una bellissima complicità, nella gioia dell'atto sessuale Oto concepisce le sue storie migliori e le racconta a Yūsuke il quale la mattina dopo le ricorda alla moglie e la aiuta a trascriverle. Poi inizia la routine lavorativa, in auto Yūsuke ripassa le battute delle opere teatrali che interpreta tramite delle cassette registrate proprio da Oto, tra i due c'è uno splendido connubio fatto di arte e amore. Poi, un giorno, Yūsuke scopre (o ha la conferma) che questo idillio non è forse così perfetto, Oto lo tradisce con un giovane attore, Kōji Takatsuki (Masaki Okada), innamorato delle sceneggiature della donna. Quando Oto morirà per cause naturali Yūsuke si troverà con un vuoto da elaborare, con un amore che ha lasciato un buco incolmabile, un amore che nemmeno il tradimento aveva scalfito in profondità. Tempo dopo, l'attore e regista, ormai incapace di continuare a interpretare la parte dello Zio Vanja, accetta di dirigerne una rappresentazione a Hiroshima, qui un paio di avvenimenti segneranno i suoi giorni futuri: il regista sceglierà per interpretare Zio Vanja proprio Kōji Takatsuki protagonista di un bel provino, inoltre la produzione, per motivi assicurativi, gli impedirà di guidare la sua Saab 900 Turbo rossa affidandogli i servigi della giovane autista Misaki Watari (Tôko Miura), una ragazza rispettosa e riservata che arricchirà la vita di Yūsuke portando in dote un bagaglio di sofferenze e traumi non indifferente.

Drive my car è una lunga elaborazione del lutto da parte di Yūsuke che il regista Ryūsuke Hamaguchi riesce a farci avvertire con grande profondità senza bisogno di ricorrere a troppe parole, attraverso una serie di innumerevoli silenzi, di atti quotidiani, di ripetizioni e di imprescindibili contatti con gli altri. I silenzi del protagonista si scontrano con quelli della giovane Misaki, una ragazza di ventitré anni che per sua stessa ammissione è capace solo di guidare, unico lascito di una madre assente anche quando era in vita. In Drive my car le parole importanti sono contate, escono con garbo e pudicizia e pesano, e donano valore assoluto a quei silenzi che ne prendono il posto, silenzi che non azzerano significati e vicinanze, anzi, rafforzano nel rispetto e nella comprensione tutti i rapporti nascenti impossibilitati a colmare il vuoto di quello da cui tutto muove. Così Yūsuke troverà significato nei silenzi dell'attrice muta Lee Yoon-a (Yoo-rim Park), nel suo linguaggio dei segni, nel parlato in altre lingue dei membri del suo cast, in quelli della sua giovane autista e infine, anche in quelli di Oto, in maniera inaspettata sciolti proprio nel rapporto con il giovane Kōji il quale sarà per Yūsuke portatore di rivelazioni. Le parole trovano invece posto sulle assi del palcoscenico, nella sala prove di quel melting-pot culturale assemblato dal regista per la sua prossima rappresentazione durante la quale sarà costretto a rimettersi in gioco ben oltre quello che avrebbe pensato. Hamaguchi riesce a riprendere al meglio un racconto non facile da trasporre: silenzi, parole recitate, segni, l'abitacolo di un auto, gli attorni attorno a un tavolo; nel gestire le riprese il regista giapponese riesce a creare la giusta armonia tra gli elementi rendendo queste tre ore di film una passeggiata davvero molto piacevole, lo fa senza strafare, adottando la stessa misura propria dei suoi ponderati personaggi. Tutto sommato i vari premi vinti da Drive my car possono dirsi più che giustificati.

11 commenti:

  1. Per quanto abbia apprezzato l'intreccio di registri molto diversi per raccontare l'incomunicabilità, purtroppo l'ho trovato di una pesantezza inenarrabile. Limite mio, ovviamente.

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    1. Noooo, rispetto ad altre cose che ho visto asiatiche questo scorre bene, secondo me con il cinema asiatico, almeno quello di un certo tipo, bisogna avere proprio un feeling quasi intimo. Io mi ci trovo molto bene dentro.

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  2. Non tra i migliori visti in assoluto del cinema orientale, ma un posto lo merita tra i pretendenti, la pesantezza c'è ma fortunatamente non lo avvertita tanto.

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    1. Sono d'accordo, l'anno scorso ho visto cose più belle provenienti dall'Asia, ma anche questo secondo me è un gran film. Per quel che riguarda la pesantezza dopo aver visto Stray Dogs ormai ne sono immune 😂

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  3. Film che avrebbe meritato di più in fatto di premi, uno di quei film che restano nel tempo sicuramente ma che spero anche di rivedere perché ogni visione sono certa aggiunge sfumature e significato a un film certamente di non facile elaborazione. Ho letto anche il brevissimo racconto di Murakami che è semplicemente un trampolino di lancio per questo film che ha preso il largo prendendo una direzione inaspettata. Scrittura e poesia fanno di questo film una visione dove ogni particolare merita attenzione, dalla scelta della città al colore rosso dell'auto. Per noi occidentali può apparire affascinante o tedioso ma il successo di questo film è indice di quanto una cultura che non ci appartiene riesce grazie al cinema e alla letteratura a farci entrare in un contesto diverso, capirlo e apprezzarlo. Arrivi ad apprezzare certe pellicole dopo un percorso fatto di visioni, di letture e conoscenza personale.
    Certo non una passeggiata ma un film notevole.

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    1. Sono assolutamente d'accordo con quello che scrivi (grazie per il bel commento). Per apprezzare alcune opere, lontane dalla nostra cultura e dalla costruzione mainstream più diffusa, c'è bisogno di tanta curiosità, di passione e di allenamento. Conta tantissimo, e arricchisce, la volontà di andare oltre i soliti noti sentieri, altrimenti il rischio è quello di banalizzare opere grandissime con opinioni tipo "si, ma non succede niente". Che orrore. Drive my car è un film bellissimo, bilanciato tra parola e silenzi preziosi. Comunque ha vinto un Oscar importante e in giro per il mondo ha raccolto abbastanza, direi che comunque non è passato inosservato per fortuna.

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  4. Si, sono stata riduttiva, intendevo proprio che agli Oscar meritasse di più, in giro so che è stato ampiamente riconosciuto.
    La curiosità e un'enorme passione, concordo assolutamente.
    Ho letto commenti banali e assurdi in merito a questo film soprattutto dai non addetti ai lavori o che si ritengono tali. Sono sempre perplessa/dispiaciuta quando certi film vengono 'volutamente ' demoliti con la sola presunzione/certezza di aver capito più degli altri. A volte il silenzio sarebbe preferibile, perché se e' vero che i gusti sono personali e insindacabili è anche vero che certe critichi fuori luogo danno solo la cifra stilistica di chi scrive.
    Ci sono film che rivaluti col tempo, che addirittura apprezzi ad una seconda visione.
    A volte mi trovo in sintonia coi commenti degli altri, altre volte no, ma penso che chi scrive seriamente, con questo intendo per vera passione e per intavolare discussioni debba sempre mantenere uno sguardo obiettivo che vada al di là dei gusti personali.

    O.T. L'altra sera ho visto "Calvario" e probabilmente lo avrai visto. Se così non fosse mi piacerebbe lo aggiungessi alla tua lista chilometrica, ciao!

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    1. 😱 Non l'ho visto! Lo aggiungerò alla mia lista millenaria 😂😂😂

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  5. Film di indubbia qualita, ma che non mi ha "incantato". Ne riconosco il valore ma anche, come Babol, una certa pesantezza (che ho accusato). Onestamente agli oscar preferivo di gran lunga Sorrentino, e non per sciovinismo.

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    1. Anche Sorrentino avrebbe meritato e non avrebbe rubato nulla, se avessi dovuto votare io probabilmente avrei votato per Sorrentino, film magnifico e ovviamente molto vicino alla nostra sensibilità, io ho anche origini campane e quindi... Drive my car però è un film bellissimo e io non ho avvertito questa pesantezza, ho visto cose decisamente più ostiche.

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