(După dealuri di Cristian Mungiu, 2012)
Con Oltre le colline il regista rumeno Cristian Mungiu si conferma narratore del reale, in particolare di quell'aspetto del reale che trova spazio nell'orrore del quotidiano e in quei risvolti della vita ancora tanto difficili da gestire in un paese come la Romania che in un passato non troppo remoto ha subito i danni di una pesante dittatura. Tra gli esponenti più in vista di quella che è stata definita la Nuova Onda (Nou Val) del cinema rumeno Mungiu, dopo aver raccontato con 4 mesi, 3 settimane, 2 giorni il dramma dell'interruzione di gravidanza in un Paese in cui l'aborto è ancora illegale e quindi per forza di cose pericoloso, per la realizzazione di Oltre le colline attinge da una storia vera, mutuata direttamente dalle inchieste della scrittrice Tatiana Niculescu Bran, per mettere a fuoco le insidie che si celano nelle comunità chiuse caratterizzate da una fede cieca e da un'ortodossia incline alla rigidità più che all'accoglienza e alla comprensione. Per fare questo Mungiu abbandona un poco l'approccio minimale e diretto che aveva il suo lungo precedente e opta per uno stile più studiato seppure semplice, con pochi movimenti di macchina e privo di particolari virtuosismi, ma con una certa riflessione sulla composizione che lascia trasparire un'idea di cinema più canonica rispetto a quanto fatto con 4 mesi, 3 settimane, 2 giorni, parliamo comunque di un approccio al cinema lontano dai ritmi e dai contenuti proposti dal mainstream.Voichita (Cosmina Stratan) e Alina (Cristina Flutur) sono cresciute insieme in un orfanotrofio fino al raggiungimento dell'età adulta. Nel loro passato c'è una sottesa storia d'amore, poi Alina è emigrata in Germania nella speranza di potersi costruire una vita indipendente dall'orfanotrofio e con il progetto di ricongiungersi con Voichita, quest'ultima invece ha abbracciato la fede ortodossa e si è trasferita in un convento dove vive insieme a diverse suore, alla madre superiora (Dana Tapalaga) e al padre spirituale che le suore chiamano papà (Valeriu Andriuta). Quando Alina torna in Romania, dopo un'esperienza in Germania che non le ha lasciato grandi soddisfazioni, torna dalla sua Voichita, la trova però molto inserita in un contesto che Alina fatica a ricollegare alla sua compagna, al suo vecchio amore. Con l'intercessione dell'amica, Alina trova modo di alloggiare in convento, lassù, sulle colline oltre la città, qui le azioni si ripetono giorno dopo giorno, gli sforzi per mandare avanti in autonomia la struttura si susseguono, il convento conta su un piccolo circuito di relazioni, sui contatti con l'orfanotrofio, sugli aiuti esterni e il lavoro interno. Ma Alina non riesce a integrarsi in questo ambiente, i religiosi mal tollerano la sua mancanza di fede, la ragazza vuole portare via Voichita per riprendere una vita insieme e non riesce ad accettare né tantomeno a capacitarsi del fatto che Voichita non voglia più lasciare il convento. I suoi susseguenti scatti d'ira e di frustrazione vengono letti dal prete e dalle suore come un chiaro segno di possessione da parte del maligno.
Mungiu si prende i suoi tempi, in accordo alla disciplina monastica, e impiega ben due ore e trentacinque minuti per portarci dentro la vita del convento, facendoci aderire ai suoi ritmi e alle sue abitudini, con Oltre le colline il regista rumeno ci mostra quanto l'accettazione assoluta di una fede possa essere dannosa, quanto l'ortodossia possa rendere ciechi e bruciare ogni empatia, sentimento che insieme alla carità dovrebbe essere alla base di ogni religione votata all'altro. Film di contenuti e significati non proprio immediato, Oltre le colline richiede allo spettatore una giusta dose di coinvolgimento e pazienza, nel complesso le due ore e mezza di visione non pesano troppo (affermazione relativa, in base alle abitudini di visione di ognuno), qualche momento di stanca si può avvertire ma il film si impregna presto di grande fascino, non solo per il discorso sulla fede ma anche per come il contesto viene narrato, mostrato dalle mani abili di Mungiu che sembra quasi trasportarci in un'altra epoca nonostante l'ambientazione moderna. Le due attrici, premiate a Cannes, non sono a parere di chi scrive l'elemento migliore del film che si apprezza nel suo insieme, nella ricostruzione di un episodio, e in maniera universale di situazioni diffuse, sulle quali è necessario riflettere e che forse andrebbero meglio monitorate, perché, come ci mostra il film, a volte non serve la cattiveria per fare del male, basta una buona dose d'ignoranza e una fede cieca che non ammette contestualizzazione e ragionamento. Quelli di Mungiu sono squarci su un mondo a noi vicino e che eppure sembra così lontano, una cinematografia da approfondire e di certo molto interessante.
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