(di Pippo Mezzapesa, 2008)
Pinuccio Lovero, ovvero l'uomo che sconfisse la morte.Pippo Mezzapesa è un regista molto legato al suo territorio, nato a Bitonto nel 1980 parte come quasi tutti dalla realizzazione di alcuni cortometraggi per arrivare poi a minutaggi più ampi con in mente sempre ben presente la sua terra, la Puglia, alternando opere che affrontano argomenti molto seri a esiti più leggeri e divertenti, spensierati in maniera originale e stralunata come questo mediometraggio dal sottotitolo shakespeariano e indovinatissimo: Sogno di una morte di mezza estate. Con Pinuccio Lovero il nostro Mezzapesa batte la strada del documentario (con tocchi di finzione?), strada già percorsa con Produrre consumare morire col quale il regista racconta le morti conseguenti al lavoro presso il Petrolchimico di Brindisi; con Pinuccio l'argomento è sicuramente più faceto, nonostante anche qui si possa aprire a riflessioni su temi seri, e trova in Pinuccio Lovero un protagonista talmente genuino e simpatico da riempire i minuti (pochi, non si arriva all'ora) del documentario con grandissima tenerezza raccogliendo empatia dallo spettatore in maniera del tutto naturale tanto che il protagonista tornerà in un nuovo episodio delle sue avventure qualche anno più tardi, nel 2014, con Pinuccio Lovero - Yes I can nel quale Pinuccio si candiderà alle elezioni comunali con un programma che, perdonate il gioco di parole, è tutto un programma!
Pinuccio Lovero è un uomo che ha ormai toccato la quarantina e che da sempre, fin da bambino, sogna di poter lavorare al cimitero di Bitonto e lì assolvere ai compiti di becchino. Nonostante le difficoltà lavorative che persistono al sud d'Italia Pinuccio qualche esperienza lavorativa l'ha già accumulata nel suo passato recente, ad esempio ha lavorato come marmista, sempre proiettato verso i morti però: lapidi, pietre tombali, cose del genere, in fondo la passione è passione. Quando salta fuori una possibilità di lavorare al cimitero a Pinuccio viene offerto un contratto a termine, il posto di becchino non è però per il cimitero di Bitonto, probabilmente già con piena occupazione, bensì per quello della piccola frazione di Mariotto che conta decisamente meno anime (giusto per rimanere in tema). Con entusiasmo Pinuccio inizia il suo lavoro: pulisce le tombe, lucida i loculi, effettua piccole riparazioni, opera da giardiniere trasformando il cimitero in un piccolo paradiso e intanto aspetta il morto, un morto che sembra non voler arrivare mai. Sì, perché il tempo passa e da quando Pinuccio ha preso servizio sembra che a Mariotto non voglia morire più nessuno, cosa che trasforma Pinuccio in un vero idolo degli anziani ma anche nella sciagura di fiorai e impresari funebri. Intanto Pinuccio aspetta la completa realizzazione dei suoi desideri giovanili...
È da ammirare l'idea di Mezzapesa di voler realizzare un documentario sul niente, su nessuna base solida, su nessuna storia davvero concreta, semplicemente sfruttando un personaggio ingenuo e genuino che incredibilmente alla fine funziona e riesce ad accattivarsi le simpatie dello spettatore (almeno le mie) grazie alla sua spontaneità. Ancor di più c'è da ammirare Mezzapesa per averla portata a compimento quell'idea realizzando un documentario che porta nel suo dna una fortissima appartenenza pugliese, alcuni dei passaggi vengono sottotitolati in quanto non limpidamente comprensibili dai non autoctoni, e ve lo dice uno che vanta un 50% di sangue pugliese. Non ci sono spunti memorabili di regia, non ci sono (o meglio non ci sarebbero) grossi motivi per apprezzare un prodotto come questo, eppure nella sua lievità Sogno di una morte di mezza estate riesce a divertire con poco e niente, Pinuccio ispira simpatia, commuove quando parla delle mamme, affronta la vita col sorriso ingenuo del fatalista e aspetta il morto, ma lo aspetta senza cattiveria, con la gioia del quotidiano in contrasto a una terra che potrebbe essere difficile e con poche prospettive (ma su questo Mezzapesa non si sofferma). Non c'è altro, ma data la durata esigua e la simpatia del protagonista alla fine può anche bastare, in fondo non stiamo mica parlando del cimitero di Bitonto.
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