(The visitor, di Thomas McCarthy, 2007)
A volte capita di trovarsi di fronte al film che non ti aspetti. A me succede in maniera non così sporadica dopotutto. Ho l'abitudine di decidere di guardare un film e poi, per un motivo o per l'altro, guardarlo quando sono passati anche alcuni anni. Ovviamente al momento della visione ho dimenticato completamente per quali motivi il film in questione mi avesse attratto.
In questo caso ero convinto di gustarmi un film francese su una convivenza forzata. Se pure quest'ultimo elemento è presente (anche se in piccola parte) almeno la provenienza e l'ambientazione del film le avevo ciccate completamente. La pellicola infatti è di produzione statunitense ed è ambientata quasi per intero a New York.
Fortunatamente mi son trovato di fronte a un bel film, uno di quelli che quando ti alzi dal divano lo fai con un certo grado di soddisfazione e con l'impressione di non avere sprecato le due orette dedicategli.
Il professor Walter Vale, vedovo da tempo, conduce una vita triste e priva di soddisfazioni. L'insegnamento non lo gratifica ormai da tempo e i suoi tentativi di avvicinarsi alla passione della moglie defunta, un brava suonatrice di pianoforte, vengono costantemente frustrati.
Durante una breve trasferta di lavoro dal Connecticut a New York, Walter trova il suo appartamento occupato da una coppia di immigrati: il siriano Tarek e la sua ragazza, la senegalese Zainab. Dopo la sorpresa e l'inevitabile conflitto iniziale, la presenza dei due ragazzi riempie in qualche modo l'esistenza di Walter che riesce finalmente a coltivare una relazione personale in grado di regalargli nuova linfa vitale. Purtroppo non tutto correrà via in maniera felice e gioiosa.
Il film narra l'inizio di una bella amicizia, di quelle disinteressate che crescono grazie a passioni comuni e piccoli passi messi uno dietro l'altro. Un'amicizia fatta di culture diverse, di integrazione e per certi aspetti anche di piccole diffidenze, un rapporto in divenire che sfocia in denuncia sociale nella seconda parte della pellicola. Le difficoltà della coppia di immigrati saranno la prova per la conferma di questa nuova amicizia.
La parte migliore del film è proprio quella giocata sulla conoscenza dei due protagonisti principali, Tarek e Walter, diversi per tipo di vita, per età, per cultura, per esperienza e per razza. Non cede però neanche nella virata sociale e di denuncia assolutamente giusta e doverosa ma forse un po' meno coinvolgente. Nel complesso ho trovato il film un'ottima visione con attori ben in parte: Richard Jenkins (Walter) visto già in parecchi film ma forse mai da vero protagonista offre un'ottima prova ben coadiuvato da Haaz Sleiman e Danai Gurira (Tarek e Zainab) ma soprattutto da Hiam Abbass che interpreta la madre di Tarek.
Un film davvero inatteso.
Film che ho apprezzato moltissimo, sincero e molto reale.
RispondiEliminaMcCarthy, del resto, è un regista pane e salame come piace a me.
Sono d'accordo, davvero una piacevole sorpresa.
Eliminaanche per me un piccolo grande film, con tutti gli attori in forma e nella parte, assolutamente credibili,
RispondiEliminama la madre di Tarek non è Hiam Abbass?
Ciao Ismaele e benvenuto. Hai assolutamente ragione, una mia svista. La madre di Tarek è proprio Hiam Abbass che tra l'altro dovrebbe essere in giuria a Cannes. Ora correggo, thanks.
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