Sapevo che questo speciale di Black Mirror sarebbe riuscito a rovinarmi il Natale, così ho aspettato che le feste passassero e ho guardato l'episodio listato a festa soltanto ora. Che poi ero più che sicuro che Charlie Brooker sarebbe stato totalmente incapace di dare un'aria festosa a qualsiasi cosa gli fosse venuto in mente di scrivere, quindi a conti fatti ho fatto bene a godermi le feste e guardarmi questo White Christmas con il giusto ritardo.
Ogni nuova sortita di Black Mirror si può usare come spunto di riflessione ma ancor più sarebbe da accogliere come un monito da non sottovalutare. Gli assunti dai quali muove questa puntata natalizia (che di natalizio ha giusto qualche accenno: la neve, la pallina di Natale, etc...) sono già stati esplorati in passato dal creatore della serie e qui portate a conseguenze ancor più estreme.
Black Mirror non è fantascienza, è una proiezione maledettamente possibile di quello che potrebbe essere il futuro dell'umanità da qui a qualche anno (presumibilmente neanche tanti). La tecnologia, i vizi e le abitudini che questo speciale prende in considerazione ci sono già e fanno parte della nostra vita quotidiana e ancora una volta è impossibile non fermarsi un attimo a chiedersi: Che cosa stiamo diventando?
Cosa succederebbe se una società come la nostra, caratterizzata da un progresso tecnologico sempre più veloce e una maturità morale e comportamentale per sfruttare al meglio queste risorse sempre più labile, facesse ancora qualche passo avanti? A illustrarci una delle infinite ipotesi possibili ci pensano John Hamm (il Donald Draper di Mad Men) e l'inglese Rafe Spall già comparso in ruoli minori in tutta la trilogia del cornetto di Edgar Wright.
Una stanza chiusa in mezzo alla neve, sembra di essere in una di quelle stazioni artiche dimenticate da Dio. Matt (John Hamm) e Joe (Rafe Spall) condividono questo spazio angusto ormai da cinque anni, anni durante i quali sembra si siano scambiati una manciata di parole in tutto. Ma oggi è Natale e Matt ha un bisogno disperato di parlare, distrarsi dalla routine. Nonostante Joe non sembri interessato Matt inizia a raccontare qualcosa della sua vita precedente l'isolamento, quando aiutava giovani ragazzi imbranati a fare conquiste femminili. Lo faceva tramite lo Z-eye, un sistema visivo collegato alla rete impiantato ormai negli occhi di chiunque. Da remoto Matt riesce a vedere tutto quel che vedono gli occhi del suo cliente e ad attuare strategie di conquista grazie a una rete di consulenti che in presa diretta curiosano nella vita del cliente, in questo caso il giovane Harry (Rasmus Hardiker).
Questo è solo l'input capace di fornire allo spettatore un primo livello di lettura dell'episodio, una prima riflessione sull'invadenza delle nuove forme di comunicazione, dei social network e della cattiva abitudine di gettare la propria vita sulla pubblica piazza. Ormai sembra che il vecchio detto che affermava che i panni sporchi dovessero essere lavati in casa abbia perso ogni valore.
Da qui si svilupperanno altre due vicende altrettanto interessanti una con protagonista ancora Matt e il ricordo di Greta (Oona Chaplin), l'altra con protagonista Joe. Quale deriva attende una società dove è possibile cancellare un'amicizia (e una persona) con un clic, dove ogni nostro più semplice bisogno, finanche quello corporale, è esibito sulla pubblica piazza virtuale, dove persone fragili subiscono traumi che le spingono a togliersi la vita in seguito alla messa al bando o alla berlina all'interno di comunità digitali.
Pessimismo? Visione lucida? Futurismo? Solo il tempo darà una risposta. Quello che io posso consigliarvi è di non guardare Black Mirror nei dì di festa. Intelligente come sempre, un passo avanti a tutti gli altri.
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