venerdì 24 agosto 2018

CHE LA FESTA COMINCI

(di Niccolò Ammaniti, 2009)

Niccolò Ammaniti è stato più volte cantore di un genere che si potrebbe definire "apocalittico" pur non essendogli mai capitato di narrare l'apocalisse definitiva vera e propria. Nelle corde dello scrittore c'è quella meravigliosa tendenza, che di tanto in tanto affiora nei suoi racconti, a far peggiorare e precipitare le situazioni in maniera surreale, grottesca e progressiva tanto da riuscire a creare una sorta di effetto apocalisse; lo scrittore ha la capacità di portare le vicende dei vari protagonisti delle sue storie verso un'orizzonte degli eventi destinato a una grandissima esplosione (o implosione se preferite) per mezzo di successive piccole catastrofi incombenti. Nonostante possa affermare senza dubbi di aver apprezzato ogni cosa che mi sia capitato di leggere dello scrittore laziale, ovviamente con diversi gradi di soddisfazione, questo è senza dubbio il lato di Ammaniti che preferisco, il lato che fortunatamente emerge con maggior prepotenza tra le pagine di Che la festa cominci.

Questa attitudine di Ammaniti non è però la sola fonte di interesse di un libro arguto e divertente, la capacità dello scrittore di mettere alla berlina i vuoti vizi ma soprattutto una scala di valori completamente sballata di un'umanità ormai senza direzione alcuna, facendolo tra l'altro affondando la critica in una sana ironia e in una buona dose di risate, rende Che la festa cominci allo stesso tempo stimolante e rigenerante. La bella società, quella con i soldi che vive sulle spalle dei piccoli sogni delle persone "normali" viene ritratta in maniera impietosa in tutta la sua idiozia, ipocrisia e vacuità in un crescendo quasi musicale.

Fabrizio Ciba è lo scrittore italiano più in voga del momento, il tipo d'uomo che tenta di tenere viva quell'aria da scrittore di sinistra impegnato ma che alla fine è interessato a poco altro se non alla sua fama, alla sua carriera e alle donne, per dirla in maniera elegante. All'attivo ha un paio di libri, almeno uno di enorme successo e un contratto con una casa editrice che sta già pensando di scaricarlo a favore del nuovo fenomeno in ascesa nel panorama della narrativa italiana. Sasà Chiatti è un cafone che si è arricchito con l'industria del cemento, un palazzinaro che obnubilato dalle sue manie di grandezza e prestigio si è comprato tutta Villa Ada, uno dei parchi romani più antichi e noti della città eterna. Larita è l'ex leader di una band death metal in odore di satanismo che folgorata sulla via di Damasco si è convertita al cattolicesimo ripulendo la sua immagine e diventando l'idolo del grande pubblico. Mantos, all'anagrafe Saverio Moneta, è un frustrato dalla vita a capo di una setta satanica, le Belve di Abaddon, composta da altri tre sfigati come lui in cerca di riscatto, sposato con Serena, una bella donna dominante e castratrice a cui piace fare un po' la zoccola con gli estranei ma che al marito a malapena la fa annusare. Questi e altri personaggi incroceranno le loro esistenze in occasione della festa del secolo, quella che Sasà Chiatti ha organizzato per la crema di Roma a Villa Ada, un festone esagerato dove sono previste grandi abbuffate, droga e donne, la presenza di tutte le personalità che contano, una caccia alla tigre, una alla volpe, battute in groppa agli elefanti in uno scenario trasformato in uno zoo selvaggio all'aria aperta. Inutile dire come l'incontro tra una pletora immane di menti bacate e disturbate provocherà una serie di eventi destinati a trasformare il party del secolo in un vero e proprio inferno sulla Terra.

Ammaniti padroneggia i tempi e la scansione del racconto con la semplicità del grande maestro, calibra la narrazione in modo da non concedere momenti di stanca riuscendo a stimolare il lettore a procedere spedito nella lettura capitolo dopo capitolo. Il divertimento, anche amarognolo a volte, è assicurato. Lo scrittore sbava in alcune trovate che forse eccedono il limite consentito dall'inconcepibile, ma anche questo resta un difetto davvero da poco nell'economia di un romanzo che coglie nel centro, un ottimo esempio di racconto apocalittico, secondo solo al sempre suo L'ultimo capodanno dell'umanità che compare nella raccolta Fango del 1996.

9 commenti:

  1. Non è l'Ammaniti che preferisco, ma è un libro che mi ha divertito dall'inizio alla fine.

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  2. L'ho letto anche io questo libro, me lo prestò mia zia durante il mio soggiorno estivo pesarese. L'ho letto in poco tempo, devo dire che la seconda parte non è all'altezza della prima, ma nel complesso è un libro piuttosto divertente e anche ben scritto. Il personaggio di Mantos è fantastico, l'ascia bipenne ahhahaah!

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    1. Grandi personaggi, concordo sulla seconda parte, quello che mi è sembrato un po' tirato è la vicenda legata ai russi, veramente esagerata :)

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    2. Esattamente, un po' troppo esagerata visto che si trattava di un romanzo finora verosimile :D

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    3. Si, comunque russi a parte gran bel libro :)

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  3. Lo lessi al tempo. Non mi piacque.
    Troppo esagerato e costruito in alcune parti. Meglio altro dello scrittore.

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    1. Ammaniti ha scritto di meglio, però questo l'ho trovato molto divertente e anche pungente, nella costruzione della trama inserisce dei risvolti esagerati (quei russi...) però forse non è la chiave di lettura più importante del libro.

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