(Live and let die di Guy Hamilton, 1973)
Per una serata svagata. Vivi e lascia morire è il primo episodio della saga di James Bond interpretato da Roger Moore dopo sei film in cui l'agente al servizio di Sua Maestà ebbe il volto di Sean Connery (più un brevissima e singola parentesi dove nel ruolo del protagonista troviamo George Lazenby). Avendo visto tutti i film dell'epoca Connery e solo un paio di quella Moore il mio giudizio di preferenza non può che essere parziale, questo Live and let die riesce però a confermare l'impressione, personale chiaramente, di come tra i due interpreti più classici dell'agente 007 io sia più incline ad apprezzare il mood del secondo, più leggiadro, sicuramente più cazzaro, magari meno incisivo ma più brillante e divertente. Forse Connery rimane nell'immaginario il modello perfetto di Bond (anche se a me piace molto Craig ad esempio) però i film con Moore mi sembra scorrano via decisamente meglio, più lisci e poco appesantiti nonostante la durata di questi non sia mai troppo esigua, vero difetto che accomuna molti degli episodi dell'epopea bondiana.
La presentazione non potrebbe essere delle migliori con l'apertura sui titoli di testa impreziosita dall'ottimo brano Live and let die dell'ex Beatles McCartney (insieme ai Wings), un pezzo diventato più che celebre e arrangiato con l'aiuto dello stesso produttore dei Beatles, George Martin: un biglietto da visita mica da niente. Ancor prima il classico prologo durante il quale assistiamo all'omicidio di tre colleghi di Bond, uno al Palazzo delle Nazioni Unite a New York, uno durante uno strano funerale a New Orleans e l'ultimo a Santa Monica, sperduta isoletta caraibica dove si praticano riti legati al vudù. Tutti gli omicidi sembrano legati a un diplomatico di Santa Monica, il dottor Kananga (Yapeth Kotto) sul quale viene chiamato a indagare l'agente Bond. James Bond (Roger Moore).
Vivi e lascia morire presenta pregi e difetti, ciò nonostante il risultato finale, composto di ottime sequenze come da momenti talmente grotteschi da sfiorare la farsa, risulta più che godibile. Il plot non è nulla di complicato, il solito criminale sui generis da portare alla luce che per scopi all'inizio reconditi ma ovviamente legati al lucro economico attua la sua serie di malefatte. Forse proprio il villain di turno non affascina più di tanto, questo Mr. Big non è protagonista di sequenze memorabili, non ha la caratura dei vecchi nemici del Bond di Connery, si limita ad avvalersi di un'entourage di lacchè strampalati tra i quali spiccano una sorta di Capitan uncino nero ed enorme (Julius W. Harris) e l'ammaliante Solitaire (una giovanissima Jane Seymour), una donna capace di leggere il futuro grazie alle carte. Ricollegandoci a Solitaire, anche le bond girl di questo episodio non sono tra le più memorabili, lascia un po' freddini la Seymour e non si rivela così affascinante l'ingenua (all'apparenza) Rosie Carver (Gloria Hendry), una sorta di collegamento di Bond con la C.I.A. Si gode della fotografia così caratterizzante degli anni 70 (qui di Ted Moore), molto belle le riprese su New York che condurranno alla prima sequenza d'azione, in auto su una sopraelevata cittadina che presenta diverse scelte di regia molto riuscite. Almeno altri due momenti molto spettacolari con l'inseguimento sul bus a due piani sull'isola di Santa Monica e quella (la migliore) a bordo dei motoscafi. Indovinato il personaggio dello sceriffo J. W. Pepper (Clifton James), il comprimario più spassoso dell'intero film, più grotteschi e sopra le righe i momenti dedicati al vudù e ai riti del Baron Samedi (Geoffrey Holder), personaggio davvero troppo farsesco che fa il paio con le vicende girate a New Orleans.
Moore dà vita a un Bond molto rilassato, quasi svagato, attento alle gonnelle più che a una missione sinceramente non troppo avvincente. Nonostante i limiti della trama il film si lascia guardare con discreto piacere, il minutaggio (comunque troppo esteso) non si fa patire e inoltre la regia di Hamilton è dinamica quanto basta e dove serve. Curiosa inoltre la contaminazione con quello che all'epoca era un fenomeno in ascesa, quello della blaxploitation che qui influenza non poco cast e location del film, non solo Santa Monica ma soprattutto le varie scene girate ad Harlem all'interno della comunità nera. Gli elementi per un buon intrattenimento ci sono, come si diceva in apertura... per una serata senza pensieri.
Sì, inteessante per il lato black, che ovviamente tiene d'occhio la blaxploitation!
RispondiEliminaDai, Connery nun se bbatte ma anche dopo ci sono buoni Bond. Ecco, questo è pop, sicuramente.
Moz-
Sicuramente pop e io lo preferisco al suo predecessore :)
EliminaIo li ho visti tutti da adulto e devo dire che quelli con Connery li trovo più pesanti, un po' più tedioso, questi con Moore più giocosi. A ognuno il suo Bond...
RispondiEliminaMoore è – da sempre – il mio Bond. Con un sopracciglio alzato, riempiva lo schermo. Poi è andato via via peggiorando, fino a vederlo truccato da clown (da clown?) in Octopussy. Per vederlo sostituito dall'odioso Brosnan.
RispondiEliminaVivi e lascia morire non è certo il mio 007 movie preferito, ma, come hai detto tu, si lascia guardare. Indimenticabile la title track.
Vero, con un sopracciglio alzato, un sopracciglio molto incline alla commedia brillante. È un piacere ritrovarti da queste parti!
EliminaIl piacere è mio! E complimenti a tenere duro!
EliminaPremetto che a me i Bond piacciono tutti, I protagonisti sono stati, a mio parere, adattati allo stereotipo dell'epoca/generazione del momento in cui venivano prodotti. Ecco, sempre secondo me, Bond-Connery è macho, Bond-Moore ironico e leggero e Bond-Brosnam english. Continuo con entusiasmo a vederli prima al cinema e poi a casa
RispondiEliminaIo devo dire che ho apprezzato i primi due episodi di Craig, Connery ha grande stile ma un po'mi annoiava, Moore lo preferisco, più cazzaro. Brosnan mi manca...
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