venerdì 14 giugno 2019

IL GRANDE GATSBY

(The great Gatsby di Francis Scott Fitzgerald, 1925)

Sono diversi i motivi per cui Il grande Gatsby viene identificato come un romanzo importante e di rottura sia per la letteratura americana moderna che per la carriera dello scrittore Francis Scott Fitzgerald, così come sono svariati i temi che tra le pagine del romanzo la critica dell'epoca e quella contemporanea hanno individuato come metafore della società del tempo e più in generale della condizione umana. Tra i tanti quello che emerge preponderante è la condizione ultima di solitudine in cui ogni uomo versa nel corso della sua esistenza, in vita come nel momento della morte, una chiave di lettura infinitamente triste, forse pessimistica ma in gran parte condivisibile, perché nei momenti bui, nel profondo dei sentimenti, anche quelli provati per amori inesplosi o tormentati, seppur circondati tutti i giorni da amici e conoscenti, alla fine ci si ritrova sempre soli con sé stessi. Ed è così anche per il grande Jay Gatsby, un uomo al quale all'apparenza sembra non mancare nulla: una certa notorietà, una casa stupenda, frotte di gente in perenne movimento alle feste ormai celeberrime date da questo padrone di casa così affascinante, ricchezza e un velo di mistero a impreziosire l'aura di svagata irraggiungibilità di questo singolare personaggio. Ma a conti fatti Jay Gatsby altro non è se non un uomo solo, un uomo che ha inseguito fortemente un sogno, ha raggiunto una serie di risultati e di riconoscimenti per realizzare questo sogno, sempre da solo, e come lungo tutta la sua esistenza questo sogno da solo l'ha visto frantumarsi, improvvisamente, senza possibilità d'appello, in maniera fredda e indelicata. Da qui ci si può collegare al secondo tema spesso riconosciuto all'opera di Fitzgerald, quello della morte del sogno, in particolare quella del sogno più famoso di tutti: il sogno americano. Una metafora nascosta in quella che a una prima lettura potrebbe sembrare una semplice storia d'amore, e lo è, uno di quegli amori destinati a durare per sempre o fino a quando l'erosione del tempo non ne avrà smussato tutti gli angoli, il crollo di un mito che si può riscontrare anche nella vacuità di riferimenti ben più terreni e materiali quali appunto la ricchezza, il benessere, l'ammirazione della gente basata spesso su supposizioni fallaci, superficiali e sicuramente poco importanti.

La storia è narrata da Nick Carraway, spettatore defilato delle vicende di Gatsby in principio, amico intimo col passare del tempo, un uomo che potrebbe essere contraltare del protagonista, schivo, senza particolari ambizioni né moti passionali, un uomo che si accontenta della sua posizione tranquilla alla borsa di New York, un mite. Carraway prende un alloggio in una casa insignificante vicina alla villa di questo Jay Gatsby di cui si dicono tante cose ma del quale non si sa veramente nulla di certo. Da lontano Nick assiste al viavai di gente più o meno importante che transita alle feste date dal suo vicino di casa delle quali si dice un gran bene, feste mastodontiche alle quali non si può mancare. Nelle vicinanze abitano anche la cugina di Nick, Daisy con suo marito Tom, uomo infedele che ha una relazione con la moglie del gestore della stazione di servizio di East Egg, una certa Myrtle Wilson. Con il passare del tempo anche Nick farà la conoscenza di Gatsby, parteciperà alle sue feste, conoscerà la giocatrice di golf Jordan Baker ma soprattutto sarà una delle poche persone ad affezionarsi realmente a quell'uomo in qualche modo tanto splendente quanto fragile.

L'abilità di Fitzgerald sta nel mascherare sotto una prosa all'apparenza semplice e non troppo articolata (nella traduzione della Pivano) significati non così immediati da cogliere, dietro i quali si celano stoccate alla bella vita dei ruggenti anni 20 e note autobiografiche, pensieri profondi nascosti dietro una trama lineare. Spesso citato come uno dei migliori romanzi americani del secolo scorso, Il grande Gatsby rimane tutt'oggi un libro interessante, anche importante volendo, ma il correre degli anni, quelli che dal lontano 1925 hanno visto il chiudersi effettivamente del secolo, hanno regalato a mio avviso opere di ben altro calibro e spessore alla luce delle quali sembra inevitabile mettere in prospettiva anche un romanzo celebre come questo, e penso a Hemingway, Roth, McCarty, DeLillo e a tutta una serie di scrittori che poco hanno da invidiare a questo scritto di Fitzgerald che comunque rimane un'ottima lettura a quasi un secolo dalla sua uscita, cosa comunque non da poco.

8 commenti:

  1. È un romanzo che ho da tempo nella mia lista di cose da leggere. Sopratutto perché gli anni 20 mi hanno sempre affascinato.

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  2. Si confermo di condividere la recensione

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  3. Ho il volumone con tutte le storie di Fitzgerald, ma non lo ho ancora iniziato perché la mole mi spaventa, ma presto o tardi lo farò.

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    1. In libreria anche io ho altro (non ricordo cosa) ma non tutto, giusto ancora un libro o due... :)

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    2. All'epoca comprai il Mammut della Newton con tutte le sue opere, però credo di aver fatto male perché scoraggia abbastanza.

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    3. Io ho comprato diverse raccolte corpose di un unico autore, soprattutto raccolte di gialli classici ma non solo, le leggo a più riprese un romanzo alla volta. Leggo il primo romanzo di una raccolta, poi la ripongo e passo ad altro, magari la riprendo in mano l'anno dopo e leggo il secondo romanzo e via discorrendo. Alcune le finisco prima, quelle degli autori che mi piacciono di più, altre stanno lì per anni, poco male, so che prima o poi finirò tutto. Non farti scoraggiare dalla mole, inizia dal primo poi passa ad altro senza troppi problemi.

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