sabato 2 novembre 2019

SPLIT

(di M. Night Shyamalan, 2016)

Da sempre il regista M. Night Shyamalan è interessato al fantastico declinato nelle forme più disparate: dal gotico alla fiaba, dall'incontro ravvicinato al sovrannaturale/supereroico e a tutte le altre derive del caso. Fin dal suo primo successo, Il sesto senso, l'autore viene da molti criticato per la tendenza a ingannare lo spettatore concludendo le sue narrazioni con colpi di scena a effetto che in realtà, a detta degli stessi detrattori, stupirebbero solo lo spettatore più distratto e credulone, quello spettatore che non si sforza troppo di mettere insieme i pezzi per anticipare il colpo di coda che effettivamente spesso Shyamalan si concede in chiusura di film. Ammetto di essere tra quegli spettatori, forse un po' superficiali o stupidotti, che amano farsi affabulare dal regista di origine indiane, un narratore che personalmente ammiro fin da quel lontano 1999 e che finora, pur non conoscendone l'intera produzione, mi ha deluso in un'unica occasione con l'uscita di Signs, film che a onor del vero mi piacerebbe riguardare ancora una volta al fine di concedergli la classica seconda occasione. Anche con Split, almeno con questo spettatore, Shyamalan ha di nuovo fatto centro.


In principio era Billy Milligan, un americano nato negli anni 50 affetto da disturbo dissociativo dell'identità (meglio noto come personalità multiple) sulla cui storia Daniel Keyes ha scritto un bellissimo libro dal titolo Una stanza piena di gente e che ha ispirato anche M. Night Shyamalan nella realizzazione di questo film. Milligan è noto come uno dei casi più eclatanti di personalità multipla, arrivando a contare ben ventiquattro diverse personalità coesistenti all'interno dello stesso corpo (ne parliamo al passato, Milligan è deceduto nel 2014). Oltre alle azioni violente che una mente così disturbata e nata dall'abuso può aver commesso, a destare interesse sono le caratteristiche diverse che ognuna delle personalità presentava, in base alla personalità dominante del momento Milligan esibiva doti e conoscenze che mai avrebbe potuto apprendere per quel che era stata la sua esperienza di vita: conoscenze tecniche particolari, confidenza con lingue straniere mai studiate, forza spropositata rispetto al suo fisico, atteggiamenti tipici dell'infanzia e cosa più sorprendente tracciati di esami come quello dell'elettroencefalogramma completamente diversi a seconda della personalità dominante al momento dell'esame. Una roba da far venire la pelle d'oca. Il regista prende spunto da questo personaggio reale per imbastire una storia che poco ha a che fare con quella di Milligan ma che sfrutta al meglio la questione delle diverse personalità.


Kevin Wendell Crumb (James McAvoy) è il corpo ospite di ben 23 personalità diverse, alcune di queste violente e disturbate, scatenatesi in seguito a un'infanzia di abusi subiti da parte della sua stessa madre. Una di queste personalità rapisce tre giovani ragazze, Marcia (Jessica Sula) e Claire (Haley Lu Richardson) e la loro compagna di classe Casey (Anya Taylor-Joy), una ragazzina esclusa dal giro delle sue coetanee. L'uomo tiene segregate le ragazze in attesa di qualcosa in arrivo, qualcosa di spaventoso... le giovani fanciulle ovviamente tenteranno di fuggire. A turno, in maniera poco prevedibile, il controllo del corpo di Kevin viene preso da Barry, uno stilista di moda gay che è l'unico apparentemente a interfacciarsi con la psicologa Karen Fletcher (Betty Buckley) che ha l'uomo in cura, da Dennis che soffre di disturbo ossessivo compulsivo, da Patricia che è l'unica insieme a Dennis a credere nell'arrivo della bestia, e da Hedwig, un bambino timoroso ma attratto dall'idea di non essere più solo e di avere la compagnia delle ragazze, in particolar modo quella di Casey.


Split ondeggia tra il thriller e qualche punta d'horror trattenuta, crea la giusta angoscia grazie alla costruzione di un personaggio che permette a McAvoy di esprimersi su una serie di registri differenti che testimoniano il talento dell'attore scozzese forse ancora non espresso finora a questi livelli. Tenendo in mente la storia di Billy Milligan il film, che calca la mano sulle parti più disturbanti della psiche del personaggio, inquieta non poco, creando una bella tensione ben assecondata dall'interpretazione delle tre ragazze, in particolar modo quella di Anya Taylor-Joy davvero bravissima, già rivelazione in The VVitch, film molto vicino per alcune caratteristiche al The Village di Shyamalan. Interessante la visione che dà del fenomeno la psicologa, che vede questa particolare forma di disturbo come il viatico per un raggiungimento più pieno delle potenzialità dell'individuo, quasi una sorta di superpotere che si sconta con un equilibrio mentale devastato. Ed è proprio su questo assunto che Shyamalan imbastisce la sua risoluzione finale, oltremodo efficace e non prevedibile questa volta, che permette al regista di plasmare il suo nuovo giocattolo, un piccolo universo condiviso dove far muovere i suoi personaggi che non sarà quello Marvel, non sarà quello DC, ma che potrebbe rivelarsi anche più interessante. Il tutto viene confermato un paio d'anni più tardi dall'uscita di Glass e ancora una volta questo piccolo regista presenzialista (i suoi cameo come quelli di Hitchcock) non ha deluso le aspettative.

4 commenti:

  1. Non perfetto, tuttavia Shyamalan è sempre in grado di affascinare, e qui continua a farlo, con un film alquanto originale davvero incredibile ;)

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    1. Sicuramente nel suo Cinema ci sono delle sbavature, però a me continua a divertire, ho apprezzato anche cose sue molto criticate come "E venne il giorno" ad esempio.

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    2. Ma forse non sai che "E venne il giorno" è uno dei film più angoscianti visti da me, apprezzo molto anch'io ;)

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    3. Meno male, pensavo piacesse solo a me :)

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