(I am the pretty thing that lives in the house di Oz Perkins, 2016)
Il secondo film di Oz Perkins, figlio del ben più noto Anthony, è un'opera formale, costruita con cura e attenzione, ma di ben poca sostanza. Nonostante il film sia ambientato in epoca recente e non ci siano grandi castelli o enormi magioni a inquadrare la storia narrata, l'approccio potrebbe essere riconducibile al genere gotico sebbene per rientrare di diritto nel filone e ritagliarsi un po' di spazio il film avrebbe avuto bisogno di una maggior dose di inquietudine, palese o sotterranea poco importa, qui tutto sommato appena accennata e insufficiente per rendere il film degno di essere ricordato. La messa in scena è elegante, lo sviluppo controllato, non si abusa di jump scare, non ci sono scene madre, non si cerca mai l'effettaccio grossolano, Perkins si prende i suoi tempi, la camera si muove lenta, si gioca con i contrasti luce/buio o ancor meglio penombra/buio, i personaggi sono per lo più silenti, poche battute, molto è delegato alla voce over che presenta la situazione e mette le cose in chiaro fin da subito. Sappiamo dalla prima sequenza che in quella casa del Massachussets c'è uno spirito di una bella creatura (ormai defunta) che non è stata capace di lasciare i suoi luoghi, sappiamo che la protagonista del film di lì a poco, in quella casa, vedrà la fine della sua esistenza. Non c'è mistero, anche nello sviluppo tutto è facilmente intuibile, si lavora sulle atmosfere.
“Una casa in cui è morto qualcuno non può essere più comprata o venduta dai vivi, può essere solamente prestata dai fantasmi che vi sono rimasti”.
Il fantasma lo intravediamo da subito in un'immagine sfocata, sapientemente costruita, si rivelerà essere lo spettro di una giovane molto bella in abiti ottocenteschi. La casa che è protagonista della vicenda è abitata dall'anziana scrittrice di libri horror Iris Blum (Paula Prentiss), una vecchia signora ormai malata e poco presente a sé stessa, quello che è il curatore dei suoi averi, il signor Waxcap (Bob Balaban), assumerà la giovane infermiera Lily Saylor (Ruth Wilson) affinché si prenda cura della donna. Nella solitudine della casa, soprattutto la sera, la pavida Lily inizierà a provare inquietudine, qualche strano episodio, un muro che inizia a presentare macchie sospette, un tappeto smosso, piccoli segni di una qualche presenza, all'apparenza neanche troppo minacciosa. Nella trama di un libro incompiuto della Blum, Lily leggerà la storia di Polly (Lucy Boynton), la giovane che continua a consumarsi in quella casa...
Sono la bella creatura che vive in questa casa è fatto di attese, di fotografie, è scolpito in un luogo, è un film che mostra rispetto per chi sta al di qua e per chi sta al di là della morte, è accompagnato da un lavoro discreto ma molto efficace su suoni e musiche (di Elvis Perkins, fratello del regista), è un'attesa che però lascia inappagati, il film scorre senza sussulti, non provoca spaventi (e forse non vuole nemmeno farlo), non avvince, si lascia ammirare per un buon gusto di forma, ma da subito inizia a sbiadire nella memoria, come uno spettro, prima che si arrivi all'epilogo già noto. In sostanza un lavoro poco incisivo da parte di un regista che dimostra di conoscere e saper usare i suoi mezzi, anche molto bene, per la prossima opera non resta che andare alla ricerca di una buona storia, magari facendola scrivere ad altri.
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