(di Peter Farrelly, 2018)
Green book è un film hollywoodiano fino al midollo, uno di quelli che li guardi e sembrano costruiti sequenza dopo sequenza per trionfare alla notte degli Oscar (cosa poi in effetti avvenuta), è uno di quei film che si sviluppano proprio come te lo aspetti, tanto che arrivati a metà hai già in mente come si svolgerà la scena finale. Nulla di male, perché Green book racconta proprio una bella storia e lo fa per bene, in maniera classica, prevedibile, ma con tutti gli elementi al posto giusto e sì, anche con una bella dose di buoni sentimenti; ma alla fine, se andiamo a vedere, i buoni sentimenti non hanno mai fatto male a nessuno, e quindi...
La vicenda è ispirata alla vera storia del musicista di colore Don Shirley (Mahershala Ali) e all'amicizia di questi con Frank Vallelonga (Viggo Mortensen) detto "Tony Lip", un italoamericano dall'appetito spropositato e con una propensione naturale per le "stronzate". Shirley è un pianista di grande talento amato dalla società bene di tutti gli Stati Uniti d'America. Siamo però nei primi anni 60 e, soprattutto negli Stati del Sud, prima che un grande musicista Don è pur sempre un negro. Un negro molto orgoglioso però, deciso a non mollare per strada un solo grammo di dignità durante la lunga e faticosa turné che attraverserà proprio gli Stati del Sud per toccare le migliori location dove esibirsi ma anche le peggiori bettole dove dormire in quanto la segregazione ancora non consente ai neri di avere gli stessi diritti e la stessa dignità riservate anche al peggior bifolco bianco. Per questo viaggio Don ha bisogno di un autista capace anche di organizzargli spostamenti e serate in modo che non si verifichino intoppi di sorta, dopo alcuni colloqui ecco arrivare Frank, in pausa forzata causa chiusura del Copacabana, locale dove lavorava fino a poco tempo prima come buttafuori. Anche Frank ha le sue riserve sui neri, ma in fondo è un uomo tollerante e di buon cuore, pur con qualche condizione accetterà il lavoro lasciando a casa moglie e figli diretto a Sud nella speranza di riuscire a tornare in tempo dall'amata famiglia almeno per la vigilia di Natale. E sappiamo tutti come vanno a finire i film dove c'è di mezzo il Natale.
Al centro del film di Farrelly, che insieme al fratello arriva dalla commedia demenzialtriviale, c'è il classico schema della coppia formata da tipi (stereotipi?) molto diversi tra loro. Frank, pur essendo un buon uomo, ha conoscenze nella malavita, ama a dismisura la famiglia, è un'ottima forchetta, gesticola abbondantemente e trasuda copiosamente l'origine italiana. Don è invece il tipo di negro molto emancipato, di grande cultura, elegante che rischia di peccare di razzismo al contrario e di supponenza nei confronti del resto della sua gente. Lungo il viaggio le posizioni dei due uomini trovano sempre più punti di contatto e si avvicinano sempre più, grazie alla parlantina di Frank l'abitacolo dell'auto diviene un piccolo mondo dove curare e far crescere quello che diverrà un meraviglioso percorso d'amicizia e di rispetto reciproco. Il contorno è un road movie che offre splendidi costumi e ottime scenografie che riportano lo spettatore in una meravigliosa New York degli anni Sessanta prima e poi giù nel Kentucky, nell'Iowa fino al delta del Mississipi in un viaggio costellato da crescita e tanti piccoli episodi sfiziosi.
Green Book è un bel film, classico, molto divertente, commovente nei punti giusti, che ti delizia con la bravura degli attori e con una sceneggiatura lineare e impeccabile. Concorre come miglior film agli Oscar proprio nel momento giusto, l'anno in cui l'Academy ha candidato qualsiasi nero avesse anche solo starnutito l'anno precedente, travolta dalle polemiche che si concretizzarono nel movimento #Oscarsowhite. Pensiamo alla follia della candidatura di un film come Black Panther (oddio) per esempio, ma il lizza c'era anche il grande Spike con il suo BlackKklansmen, c'era il messicano Roma e altre cose ancora. Pur non avendo nulla di nuovo da offrire e nulla di così eclatante nemmeno sul piano della regia o nei comparti tecnici, visti sei film degli otto candidati, posso sbilanciarmi nel dire che il premio a Green Book è meritato (però anche La favorita di Lanthimos...), in fondo avremo sempre bisogno di quelli che non possiamo far altro che definire "bei film", semplicemente, senza sovrastrutture e significati reconditi. Tutto qui, al di là dei temi purtroppo sempre attuali, in questi giorni poi, Green Book non è null'altro che un gran bel film.
Io invece l'ho trovato proprio un film "costruito apposta per gli Oscar", il che, intendiamoci, non è un difetto, solo che mi è parso ruffianissimo e furbo oltre ogni limite, davvero ricattatorio per lo spettatore: quasi una versione "sofisticata" di Una poltrona per due (con tanto di pistolotto commovente davanti all'albero di Natale). E' innegabile però che la confezione è davvero ottima e i due attori bravissimi, uscito al momento giusto...
RispondiEliminaCiao Kris, sicuramente è cosi (non concordo sul ricattatorio, magari buonista si, in fondo è principalmente una storia di un'amicizia che nasce e cresce), ciò non toglie che il film sia molto bello.
EliminaPenso la stessa cosa, basta leggere la mia recensione per accorgersi che la pensiamo alla stessa maniera ;)
RispondiEliminaArrivo.
EliminaMeritato l'oscar!
RispondiEliminaViggo Comesichiama è cresciuto moltissimo da quando spaccava gli orchi nel SIGNORE DEGLI ANELLI
Assolutamente, magnifici i film con Cronenberg, A history of violence e La promessa dell'assassino.
EliminaPrima o poi arriverà il suo nuovo film: FALLING, già proiettato al Sundance Film Festival. Viggo è anche regista.
EliminaHo molta fiducia in lui, speriamo bene!
EliminaMolto Hollywoodiano, sicuramente facilone e costruito ad hoc ma questa è la magia del Cinema e in sala ne sono stata completamente avvinta :)
RispondiEliminaConcordo, cosruito sì ma costruito molto molto bene.
EliminaSì, un film gradevole, senza sbavature, se non forse un finale che eccede forse nei buoni sentimenti (d'altronde è ambientato anche a Natale). Ma per me l’Oscar di quell’anno doveva andare a Lanthimos (visto che il “Dogman” di Garrone e “La casa di Jack” di von Trier erano fuori dai giochi).
RispondiEliminaCiao Christian, Lanthimos ha creato un film di maggior valore indubbiamente, ma nell'anno post polemica Oscarsowhite il premio a Green book era prevedibile. Ha comunque vinto un bel film, visti i candidati ci poteva stare, fosse arrivato quest'anno non avrebbe avuto mezza possibilità :)
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