martedì 6 aprile 2021

L'UOMO INVISIBILE

(The invisible man di Leigh Whannell, 2020)

Nasce da un'unione di diversi elementi il successo de L'uomo invisibile, una somma delle parti che ha portato la Blumhouse Productions all'ennesimo trionfo dalle ottime proporzioni con un film costato poco più di sette milioni di dollari e che ne ha finora incassati più di centoventicinque. Il primo di questi elementi è proprio Jason Blum con la sua casa di produzione, la Blumhouse è ormai una realtà solida e interessante, non sempre garanzia di qualità ma capace di alternare, sia a livello di contenuti che di incassi, prodotti medi (o anche medio bassi) a improvvisi exploit che fanno incassare alla stessa cifre esorbitanti rispetto ai budget investiti (sotto questo aspetto Paranormal activities ha fatto scuola) e siglare prodotti di ottimo livello anche dal punto di vista della qualità come accade con questo L'uomo invisibile. Poi c'è il regista Leigh Whannell, autore di una buona prova e veicolo di tanta esperienza, se le sue regie ancora non sono molte (però ha già Upgrade tra le frecce al suo arco) è stato sceneggiatore e produttore di diversi capitoli della saga di Saw - L'enigmista e di quella di Insidious con un sodalizio duraturo con James Wan che ha portato molti frutti all'interno del genere. Infine l'adattamento libero e moderno di un classico della letteratura di fantascienza a nobilitare tutta l'operazione, il personaggio creato da H. G. Wells è anche tra i più noti esponenti di quella che viene considerata l'allegra brigata dei mostri della Universal, un character qui rinverdito (anche se di riflesso) per adattarsi alla narrazione e alle situazioni dei nostri giorni.

La vera protagonista del film è Cecilia Kass (Elizabeth Moss), una donna psicologicamente (e non solo) abusata dal compagno Adrian Griffin (Oliver Jackson-Cohen), ricchissimo genio nel campo dell'ottica, con il quale vive una relazione per lei destabilizzante e non più sostenibile. Intimorita a morte dall'uomo Cecilia studia un piano per scappare nottetempo dalla casa che condivide con il compagno e fuggire in un luogo sconosciuto con l'aiuto della sorella Emily (Harriet Dyer). La donna trova rifugio a casa di un vecchio amico, l'agente di polizia James Lanier (Aldis Hodge) che vive con la figlia adolescente Sydney (Storm Reid) alla quale Cecilia si affeziona molto. La donna vive nel terrore, ha paura di uscire di casa ed è convinta che Adrian possa rintracciarla da un momento all'altro, diventa difficile per lei reinserirsi nel mondo del lavoro o anche solo vivere attimi di serenità, lo stato psicologico di Cecilia peggiora sempre più finché un giorno la sorella Emily le porta una notizia sconvolgente: Adrian si è tolto la vita, Cecilia ora può finalmente rifiatare e godere anche della ricca e inaspettata eredità lasciatale dal defunto oppressore. Cecilia così rinasce, eppure ogni tanto torna a provare delle strane sensazioni, le sembra di essere osservata, ha l'impressione che la presenza di Adrian sia ancora palpabile, iniziano poi ad accadere episodi inquietanti e poco spiegabili che sembrano confutare, solo ai suoi occhi però, l'effettiva morte di Adrian...

L'uomo invisibile si gioca tutto sul piano della tensione, fin dalla primissima sequenza si rimane in apprensione continua per la protagonista, ora sul piano meramente fisico, ora su quello psicologico, la regia di Whannell non abusa mai di trucchetti scontati ma tramite la gestione degli spazi, dei tempi e dei movimenti di camera sugli attori riesce a creare un senso di inquietudine costante. La sceneggiatura gioca bene e dosa bene i colpi di scena anche se un paio di svolte nella trama si intuiscono con un certo anticipo, ottima anche la resa tecnica adoperata per aggiornare la figura dell'uomo invisibile ai giorni nostri. Interessante il discorso sul controllo coercitivo giocato a livello psicologico sulla protagonista, una bravissima Elizabeth Moss che ci fa vivere una condizione che sta sempre in bilico tra l'oppressione della vittima e la discesa verso la follia della stessa, la sceneggiatura viene incontro allo spettatore relativamente presto chiarendo da che parte propendere, ovviamente come in ogni horror che si rispetti è d'obbligo mantenere ogni riserva di giudizio fino alla scena finale. Ben realizzate anche le sequenze più dinamiche, il film pur puntando molto sul coinvolgimento emotivo e adrenalinico dello spettatore non manca di lasciare dei sottotesti legati all'abuso su più aspetti della figura femminile ma prima di tutto L'uomo invisibile si distingue per essere un thriller davvero ben realizzato e riuscito con il quale è facile divertirsi parecchio. Ottimo prodotto da aggiungere al già nutrito catalogo della Blumhouse, magari i più ottimisti potranno ora sperare in un adattamento in chiave moderna di qualche altro classico della letteratura horror/fantascientifica, se i risultati fossero come questo l'idea non sarebbe affatto male.

4 commenti:

  1. Assieme a The Hunt, uno degli horror "commerciali" più belli visti durante il lockdown dell'anno scorso. Lei è semplicemente superlativa e la trama, trasformata da classico horror a riflessione sulle vittime di violenza, è interessante da morire, oltre ad essere davvero inquietante.

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    1. Vero, concordo con tutto ciò che dici, a me è piaciuto molto, una bella sorpresa.

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