(di Sergio Sollima, 1968)
C'è nel western un filone dove di cowboys veri e propri, indiani e pistoleri se ne vedono davvero pochi, dove a farla da padrone sono spesso poveri peones, contadini alla ricerca di una vita più dignitosa, alle prese con il problema della fame e alla ricerca di una nuova libertà, tutte cose più che terrene spesso accompagnate di pari passo da alti ideali e dal sogno/miraggio della Rivoluzione. È il così detto western terzomondista, spesso ambientato in Messico ai tempi della Rivoluzione Messicana, evento storico al quale anche idealisti nordamericani, gringos per i peones, non disdegnarono di partecipare, anche se non proprio sempre mossi da alti ideali di libertà e indipendenza per i loro vicini messicani. È un western ambientato in epoca tarda questo, la dittatura del generale Porfiro Diaz, quella che i protagonisti di Corri uomo corri vivono e a modo loro si trovano a combattere, si protrasse infatti fino al secondo decennio del 1900, siamo quindi già nel "secolo breve" secondo la definizione di Eric Hobsbawm, la Rivoluzione Messicana si svolse infatti tra il 1910 e il 1920 circa. È in questo contesto che Sergio Sollima ambienta almeno due tasselli della sua trilogia western, Corri uomo corri arriva dopo La resa dei conti (1966) e Faccia a faccia (1967) e del film del 1966 è un diretto sequel, ne riprende infatti il personaggio interpretato da Tomas Milian: Manuel "Cuchillo" Sanchez; ciò nonostante Corri uomo corri rimane un film comprensibile e godibile pur non avendo visto il precedente La resa dei conti.Il peone e ladro messicano Manuel Sanchez (Tomas Milian), detto Cuchillo per la sua grande abilità nell'uso del coltello, torna al suo paese d'origine e alla sua Dolores (Chelo Alonso) dopo una delle sue scorribande inconcludenti. Qui assiste a un duello tra un bandito e l'ex sceriffo nordamericano Cassidy (Donald 'Brien), suo vecchio compagno di Rivoluzione, scommettendo una cifra sulla vittoria del suo vecchio conoscente. Ora però Cassidy non è più mosso da alti ideali ma è alla ricerca di un favoloso tesoro in oro che si dice i rivoluzionari abbiano nascosto per rovesciare la dittatura di Porfiro Diaz. A duello finito Cuchillo viene trovato dai gendarmi messicani con indosso la somma della vincita; non creduto sulla provenienza della stessa viene sbattuto in prigione a dividere la cella con il poeta rivoluzionario Ramirez (José Torres). Sarà proprio quest'ultimo a giudicare con benevolenza Cuchillo e a rivelargli il luogo dove è nascosto l'oro raccomandandosi che questo venga utilizzato per i poveri peones. Dovendosi guardare dall'esercito di Diaz, dallo stesso Cassidy, dagli agguati tesigli da Dolores che in testa ha solo il matrimonio e anche dalla belligeranza della puritana Penny Bannington (Linda Veras), morigerata esponente dell'Esercito della Salvezza, Cuchillo inizia il suo viaggio attraverso Messico prima e Stati Uniti poi verso il famigerato tesoro.
Siamo nel '68 e come altri western del periodo anche in Corri uomo corri si respirano echi sessantottini: critica sociale e profumo di rivoluzione, pur senza che in questo Sollima calchi troppo la mano. Il film presenta infatti una evidente vena comica, portata avanti in misura maggiore proprio dall'ottimo Tomas Milian e dal suo Cuchillo, imbattibile col coltello ma combattente per necessità, un mite non sprovveduto ma con il cuore al posto giusto. Non siamo ancora dalle parti del western comico tout court, cose come il celebre Lo chiamavano Trinità di Barboni sono ancora un poco lontane (non nel tempo ma nell'approccio), ma la vena umoristica qui si intravede già tutta. Sollima, pur non girando un film memorabile, compie un ottimo lavoro e lascia al genere alcune sequenze ben riuscite come quella del duello tra coltello e pistola o quella della tortura sul mulino. Non è ancora presente quella dose massiccia di violenza che sarà propria di diversi spaghetti western successivi, anche perché appunto stemperata da una nota comica e dalla vena politica, con un amalgama tra i vari elementi nel complesso funzionale. Corri uomo corri è un western dove il protagonista più che altro scappa, i rappresentanti dell'Esercito della Salvezza possono essere delle bellissime sventole bionde e l'approccio del protagonista più atto a una simpatica canaglia che non a un truce raddrizzatorti. Non male nemmeno la colonna sonora di Bruno Nicolai con il suo tema ricorrente. Non sarà Leone (non lo è), non sarà Corbucci (non lo è), però anche Sollima...
Sollima è un grande regista "terzomondista", per quelli della mia generazione basterebbe Sandokan...
RispondiEliminaDevo dire però che preferisco "La resa dei conti" a "Corri uomo corri".
Quello è un film dove tutto gira al meglio. Una bella storia di lotta di classe (ndividuale), col povero Cuchillo che si rfiuta di fare il capro espiatorio, Van Cleef che rifiuta il suo ruolo di pedina nel gioco dei potenti, lo score di Morricone (che fa una gran bella differenza).
Tutti gli interpreti sono al loro meglio, Milian non esagera con le buffonate, Van Cleef in puro stile leoniano (il duello iniziale uno-contro-tre). Anche i minori vanno benissimo, da un grande Herter nei panni del barone von Schulenberg, pistolero austroungarico psicopatico e innamorato di Beethoven, a Fernando Sancho, rural che odia gli americani anche più dei rivoluzionari, fino al fazendero alleato dei cattivi, che alla fine dirà a Van Cleef "Mi dispiace meno di quanto crediate".
Tenendo da parte Sergio Leone, trovo che Sollima sia il regista perfetto per questi film sul Messico più o meno rivoluzionario. Non è serioso come il Damiani di Quien Sabe nè eccessivamente ridanciano come il Corbucci di Vamos a matar compañero.
Prima della visione ero all'oscuro del fatto che questo film seguisse "La resa dei conti" altrimenti avrei cercato di vedere prima l'altro che, ahimè, non ho mai visto (o al limite ho visto da bambino e ora dimenticato). Non mi è possibile fare paragoni, tenterò di recuperare. Grazie per il bel commento che arricchisce il pezzo di nuovi contenuti :)
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