(Thinner di Stephen King, 1984)
Dello pseudonimo di Stephen King, Richard Bachman, abbiamo già parlato a dovere in occasione del pezzo su La lunga marcia (1979). Oltre al libro appena citato il "re del brivido" ha siglato altri quattro romanzi con la firma di Richard Bachman: Ossessione (1977), Uscita per l'inferno (1981), L'uomo in fuga (1982) e questo L'occhio del male (1984). Riflettendo sui suoi libri firmati sotto pseudonimo, una volta che le carte furono scoperte e la doppia identità svelata al pubblico, King affermò che un paio di quei romanzi non gli sembravano più tanto buoni, tra quelli un poco criticati da King uno era proprio L'occhio del male. Lungi da me l'idea di contestare le parole del Re, in merito a un'opera da lui stesso scritta per giunta, mi prendo però la responsabilità di affermare che invece, a mio modestissimo parere, questo L'occhio del male non è affatto un cattivo romanzo, anzi. Non è ben chiaro come King scelse il materiale da pubblicare a nome Bachman, per certi versi l'idea di indirizzarsi su uno pseudonimo poteva sembrare un modo per piazzare materiale un poco lontano dal suo solito mondo orrorifico, in realtà proprio L'occhio del male smentisce questa teoria in quanto è qui ben presente l'aspetto sovrannaturale tanto caro allo scrittore di Bangor, e di certo non è difficile scorgere tra le righe del romanzo lo stile riconoscibile di King, capace anche qui come altrove di affabulare il lettore e, capitolo dopo capitolo, avvincerlo senza possibilità di fuga alla vicenda narrata.Billy Halleck è un affermato avvocato che esercita la professione nella ricca cittadina di Fairview. Billy è apprezzato dalla comunità locale, è sposato con la bella Heidi che ancora lo ama in maniera sincera nonostante i suoi problemi di sovrappeso, è felice papà della sua Linda e sembra che la sua vita sia instradata sui binari che portano alla felicità. Un giorno però, mentre è alla guida della sua bella auto, distratto da un giochino erotico messo in atto da sua moglie, Billy investe inavvertitamente un'anziana signora, una vecchia zingara spuntata all'improvviso per attraversare la strada in un punto dove non sarebbe consentito. La donna morirà da lì a poco, però la donna è una zingara, ha attraversato dove non avrebbe dovuto, Billy invece è un rispettato cittadino, uno a modo, così il capo della polizia di Fairview non mette forse il giusto impegno nel cercare di capire la dinamica dell'incidente, il giudice che dovrà esprimersi sulla vicenda sarà molto clemente e Billy tutto sommato se la caverà con poco, al limite dovrà vedersela con la sua coscienza. Però. Però c'è il fatto che quella zingara aveva un marito, un gitano come lei che decide di somministrare la sua di giustizia e lo fa con una sola parola: Dimagra. Così Billy inizia a dimagrire, inspiegabilmente, un po' alla volta nonostante faccia pasti per 6.000 calorie al giorno. Dimagra, e Billy dimagrisce, una sorta di contrappasso per la colpa dell'avvocato, quella di aver ucciso l'anziana e esserne uscito indenne, Billy sconta la sua colpa e quella della settaria opulenza della società americana, quella di una giustizia che è uguale per tutti solo sulla carta ma che non si cura degli emarginati e dei diversi. Non sarà solo Billy a pagare lo scotto del suo gesto involontario, ma quando le cose inizieranno a mettersi davvero male Billy reagirà, non ci sarà Dimagra che tenga, in fondo i contatti di un avvocato non sempre si limitano alla fetta per bene dei suoi clienti.
Al netto di una delle copertine più brutte sulla faccia della Terra (il riferimento è all'edizione Bompiani del 1986), L'occhio del male si è rivelata una lettura avvincente e sempre piacevole. La maestria di King nel descrivere luoghi e situazioni è qui sempre ben presente con un ficcante spaccato di una borghesia americana benestante privilegiata e spesso morbosamente attaccata ai suoi stessi privilegi. Non è nemmeno tanto sottotraccia una critica feroce al sistema sia economico che giudiziario americano che, se non proprio alla luce del sole, è ancora diviso in caste e classi sociali dove le professioni remunerative garantiscono accessi a un certo mondo insieme al colore della pelle e alla provenienza da ambienti ben precisi che non tollerano troppe divagazioni da ciò che il comune pensare accetta come lecito e decoroso. Il personaggio di Halleck, il protagonista, in realtà non è nemmeno cattivo, è semplicemente nato sullo spicchio giusto della "ruota della fortuna", è però ben deciso a non pagare oltremodo per i suoi errori e per (non) farlo non esiterà a ricorrere a mezzi poco puliti, seppur con qualche rimorso di coscienza. La costruzione è avvincente, le dinamiche dei rapporti tra i personaggi pennellate con maestria, non solo quelli tra antagonisti ma anche quelli tra Billy e la moglie, tra lo stesso e il suo medico che lo vede dimagrire giorno dopo giorno e soprattutto quello tra l'avvocato e il suo ex cliente criminale Richard Ginelli. Finale terribile, come a dire che una volta entrati nella spirale del male, della violenza, non se ne esce incolumi.
Io ho sempre trovato il protagonista deprecabile e il libro abbastanza scorretto per il modo in cui lo rende vittima nonostante meriti anche di peggio. Forse è per questo che è stato firmato Bachman invece di King...
RispondiEliminaPerò il punto (forse) sta proprio qui, attraverso Halleck King ci racconta il privilegio della classe dominante in America, che almeno moralmente qui non ne esce affatto bene. Da quel he dici King ha centrato il punto...
EliminaMmm, non lo leggo da tanto, ma anch'io ricordo che il protagonista era piuttosto ambiguo a livello di personaggio, e devo dire che quando un romanzo ti porta a pensare ai bassi istinti è una buona cosa.
RispondiEliminaMi hai fatto venire voglia di rileggerlo.
Si, è così, il protagonista è molto sfumato, provoca senza volerlo un incidente (più a causa della moglie che sua), ha anche qualche rimorso ma poi cerca di riprendersi la sua vita per arrivare a un finale dove evolve in maniera molto ambigua anche il rapporto con e verso la moglie. Da rileggere.
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