(Toni Erdmann di Maren Ade, 2016)
Coproduzione tra più paesi per questo Vi presento Toni Erdmann: Germania, patria della regista Maren Ade e della protagonista Sandra Hüller, Austria, paese d'origine del nostro Toni Erdmann, il bravissimo Peter Simonischek in realtà, Romania, luogo d'ambientazione della storia narrata, e ancora capitali da Svizzera, Francia, Principato di Monaco. Probabilmente il buon successo di critica del precedente film della regista Maren Ade, Allen Anderen (Orso d'argento al Festival di Berlino), ha fatto sì che affluissero i giusti finanziamenti per un film abbastanza rischioso se si valutano l'approccio stralunato e amarissimo alla commedia da parte della Ade e il grottesco protagonista, elementi che convivono in maniera calibratissima in un film che sfiora le due ore e quarantacinque minuti di durata, un minutaggio non usuale per una commedia europea. Anche per questo film la critica è stata per lo più generosa, Vi presento Toni Erdmann si guadagna una candidatura all'Oscar come Miglior film straniero e il premio Fipresci al Festival di Cannes. In effetti le attenzioni all'opera e le critiche positive sembrano davvero più che giustificate per un film che pur senza sconvolgere osa parecchio e riesce a risultare diverso, coraggioso e allo stesso tempo divertente, anche quando sembrerebbe non poterlo proprio essere.Winfried Conradi (Peter Simonischek) è un tedesco ormai in pensione, ex insegnante che col tempo si è un po' allontanato dalla figlia Ines (Sandra Hüller). In occasione di una festa, padre e figlia si incontrano a casa dell'ex moglie di Winfried, il loro rapporto sembra impacciato, un po' teso, freddo. Ines è una donna in carriera molto impegnata, una sorta di "tagliatrice di teste" per una multinazionale occidentale, trasferita per un periodo in Romania per seguire alcuni affari per conto della casa madre. Al contrario della figlia, Winfried è un uomo a cui piace scherzare, godere delle cose semplici della vita e buttare tutto sul ridere, anche a costo di sembrare a volte un po' molesto e fonte di imbarazzo per chi gli sta vicino. Winfried osserva un poco la vita della figlia, gli sembra un'esistenza triste, poco umana, la raggiunge così in Romania per cercare un nuovo contatto, un modo per riattivare questa figlia che per qualche motivo ha quasi perso, ma lì, tra contatti di lavoro, incarichi pressanti e incontri fondamentali per il futuro lavorativo di Ines, Winfried sembra per l'ennesima volta essere solo fonte di imbarazzo. Allora questo padre, invece di arrendersi e tornarsene a casa con le pive nel sacco, si inventa un'altra figura paterna, ma non lo fa andando incontro ai possibili desiderata della figlia, bensì esasperando quella figura di giullare tipica sua, nella speranza forse di incrinare il formalismo di Ines e inciderne la superficie, per far filtrare qualcosa nella/dalla struttura autoimposta della donna, magari mandarla in pezzi per poterla sostituire con altro. Ecco che nasce così Toni Erdmann, un uomo grottesco che si spaccia per motivatore della stessa azienda per cui lavora Ines, millanta conoscenze altolocate, attacca bottone con tutti e non si fa scrupolo di intrufolarsi nella vita di altre persone. Riuscirà questa macchietta con parruccone e denti finti a destabilizzare il freddo e moderno stile di vita di Ines?
Maren Ade mette in scena una commedia che ha nelle sue fondamenta importanti gettate di tristezza e solitudine, solitudini al plurale, solitudini che fanno difficoltà a incontrarsi anche nel rapporto tra un padre e una figlia, un rapporto che dovrebbe essere privilegiato e che si rivela invece difficilissimo. E in questa situazione triste si ride, a volte proprio di gusto anche se mai di una risata fracassona, si ride per le situazioni di estremo imbarazzo, cringe direbbero (forse, se ben li interpreto) i più giovani di me, anche laddove all'apparenza sembrerebbe esserci così poco da ridere. Eppur si ride, perché i ritmi sono giusti, allungati, indugianti ma dai tempi sempre perfetti, si ride per un personaggio indovinato, quello di Toni, per il quale ci si chiede se limiti di imbarazzo siano possibili. Si tifa per un riavvicinamento tra questi consanguinei così diversi tra loro, per un abbraccio caloroso, per un'apertura, per tutto quel che vorremmo vedere per sentirci meglio. Lo sviluppo studiato dalla Ade non sarà però così chiaro, smaccatamente consolatorio, sarà però vero, plausibile, a tratti spiazzante, a volte interlocutorio, sicuramente critico verso un certo modo di pensare la società moderna. Quello che ne esce è una commedia diversa, che vale la pena d'essere vista, anche per farsi un'idea di cosa c'è in giro, della possibilità di approcci differenti al genere, della forza di una commedia diversa, come quelle che fanno Kaurismaki, De Kervern e Delépine, Van Dormael (quando ci si mette) e chissà quanti altri ancora.
Non l'avrò capito io ma non mi è piaciuto granché, un po' troppo ambiguo secondo me.
RispondiEliminaC'è un bel racconto sul rapporto, a volte difficile, tra genitori e figli e anche una feroce critica al carrierismo e a un certo modo di intendere il lavoro oggi.
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